Roma è una delle grandi metropoli moderne sede di università, accademie, enti di ricerca, industrie che spendono per attività di ricerca quasi 1/3 del budget nazionale: eppure al contrario di Napoli, Firenze, Milano, Trieste non ha un Museo della Scienza.

 

Perché? La storia come dice il titolo è infinita ma se vogliamo ridurla agli episodi più importanti non possiamo prescindere da 3 episodi più significativi collocati in tempi diversi, anni 70, anni 90, giorni nostri.

Negli anni 70 dopo l’ubriacatura della ricerca produttivistica degli anni 60 tutta dedicata ad incrementare produzione, consumi e mercato, e dopo l’esperienza del 68, i contenuti culturali e storici della ricerca furono rivalutati. A questo processo concorsero differenti altri fattori contingenti quali la riconsiderazione in chiave didattica, oltre che culturale, della Storia della Scienza, il trasferimento allo Stato di numerosissimi archivi e collezioni private, a causa della difficoltà di mantenerle in un buono stato, da parte dei proprietari, il riequilibrio fra scienze teoriche e sperimentali, queste ultime più facilmente sostenibili.

Come risultati di tale processo si cominciò a pensare a grandi mostre scientifiche -famosa quella sui 5 miliardi di anni, presso il Palazzo  delle Esposizioni a Roma- ed a possibili modelli di Museo della Scienza da realizzare: Integrato o articolato? Articolato per temi o discipline?

Prevalentemente Didattico, Storico o Scientifico? Camera delle meraviglie o Laboratorio aperto? Tutte queste, e anche altre domande, ricevettero risposte diverse in sedi politicamente e accademicamente diverse, giungendo cosi ad un vero e proprio scontro tra scuole accademiche e fra partiti politici; le forze uguali e contrarie si elisero e nulla fu fatto.

Nelle fasi successive si sviluppò nella città sotto la guida della Provincia di Roma un progetto di cui il sottoscritto fu responsabile scientifico e denominato MUSIS (Museo della Scienza e dell’Informazione Scientifica). Con questo progetto si cercò di fatto di rendersi indipendenti da atteggiamenti accademico professionali e politici di comodo, di fatto inventando il Museo senza sede, cioè scatterato sul territorio sulla base dell’esistente, cioè di tutti i poli (scuole, accademie, università, enti di ricerca, industrie e artigiani, mostre itineranti, associazioni culturali) dove la scienza era esposta ai cittadini. Il motto di MUSIS era “dal palazzo ai poli, dal progetto al processo”. Con una serie di iniziative gli oltre 100 poli scoperti o rivalutati sul territorio furono collegati fra loro da mostre, itinerari didattici  e formativi, collegamenti elettronici e mezzi pubblici di trasporto. Alcuni di questi itinerari ottennero un particolare successo tra la popolazione romana: si pensi a “Erbe, Rimedi e Farmaci” a “Dall’Atomo al Quark” al “Treno delle Stelle”. La Provincia di Roma apprezzò questo sviluppo e decise di stabilizzare il progetto assegnandogli degli spazi da gestire, non come poli museali ma come servizi organizzativi del progetto, una sorta di testa dalla quale fare scaturire le varie ramificazioni.

Un anello mancante nel sistema della produzione scientifica è di certo quello della divulgazione e della trasmissione non specialistica del sapere scientifico, con l’intento di integrare in termini sempre più stretti scienza e società e di garantire l’accesso alla conoscenza scientifica e tecnologica al grande pubblico.

L’accentuazione che è necessario dare alla copertura di questo aspetto è anche motivata dall’evidenza del panorama internazionale più avanzato, in cui appare chiara la tendenza verso un moderno concetto di diffusione della cultura scientifica in termini di linguaggio, strumenti e criteri espositivi e spettacolari interattivi, modi di divulgazione scientifica che non sempre possono essere assolti dai musei nei quali sia prevalente la funzione “conservativa”. 

L’individuazione dei compiti di una istituzione nuova, quale quella che si vuole realizzare nella nostra città consente, di riflesso, di specificare le funzioni di cui essa dovrà imprescindibilmente dotarsi:

  • luogo di riflessione, di analisi e di ricerca sull’evoluzione delle idee e dei modelli scientifici;
  • luogo della documentazione sulle tappe e le frontiere della ricerca contemporanea;
  • luogo di raccordo fra i poli museali scientifici del territorio e le altre istituzioni di ricerca e, fini didattici, tra le collezioni e i musei esistenti;
  • centro di osservazione dell’innovazione tecnologica e dello scenario scientifico nazionale e internazionale.

La struttura interna della Nuova Realtà Città della Scienza dovrebbe dunque essere articolata in diverse aree:

  • centro di informazioni, che consenta l’aggiornamento e la consultazione relativi alle innovazioni tecnologiche e scientifiche, creando anche una rete di collegamento tra strutture preposte alla diffusione e divulgazione scientifica;
  • parte espositiva, che mediante procedure interattive e itinerari innovativi stimoli la conoscenza critica dell’evoluzione scientifica e delle sue implicazioni sociali;
  • laboratori didattici, anche per l’infanzia, per consentire un primo contatto con i concetti della scienza e tradurre l’esperienza conoscitiva in apprendimento;
  • attività multimediali (conferenze, proiezioni, ecc.) per coinvolgere ulteriormente i diversi livelli di utenza.

In una prima fase occorrerà procedere al recupero e valorizzazione del circuito delle strutture museali esistenti, comprese quelle promosse da aziende erogatrici di pubblici servizi, quali ACEA ed ENEL. In tale ambito andrebbe perseguita anche l’istituzione di un centro di informazione, ricerca, conservazione ed educazione-ambientale e la creazione di un centro di documentazione scientifica fondamentale per il rapporto vitale fra Città della Scienza e Scuola.

Va inoltre proseguita l’azione, già avviata, per la valorizzazione ambientale, agro-forestale e ricreativa delle tenute di proprietà comunale, comprendente la manutenzione del patrimonio dei casali e delle infrastrutture di servizio: si tratta di strutture per le quali i valori storico, culturale e scientifico sono strettamente connessi.

Le attese della cittadinanza sulla mancata tutela della “aree verdi” sono diventate, oggi, sollecitazioni urgenti; molte associazioni, create allo scopo, hanno inviato le loro indicazioni ed i loro progetti; questi vanno ad arricchire il pacchetto di proposte che l’Amministrazione Comunale, con i suoi specifici uffici, ha predisposto.

L’intervento pilota per avviare un sistema culturale decentrato  deve anche contare sul recupero delle zone deteriorate o di fatto morte nella città, con l’obiettivo di realizzare strutture di servizio culturale, integrando attività legate allo sviluppo dei servizi urbani ad attività più direttamente connesse alla produzione culturale: la trasformazione in spazi polifunzionali si attuerà in più fasi anche mediante la creazione di centri di educazione alimentare, di giardinaggio, di protezione del verde e di lettura. E’ un circuito “a rete”, quindi territorialmente diffuso, caratterizzato da un’utenza molto articolata: studenti, utilizzatori per finalità professionali, comuni cittadini, studiosi. E’ proprio in rapporto agli studiosi che emerge il carattere internazionale della rete, che si rivolge ad un’utenza specialistica composta dai produttori di cultura relativa al nostro patrimonio artistico, monumentale e storico.

Accanto agli interventi “sulla struttura” è stata da tempo postulata l’esigenza di una valorizzazione della rete in quanto tale, ossia un intervento che esalti la possibilità del dialogo e della ricerca incrociata, nonché la riproduzione di alcuni materiali di più larga richiesta. Va cioè evitata la possibile confusione: da un lato parlare di un Centro polivalente finalizzato alla fase organizzativa di progetti precedenti con lo scopo primario di valorizzare l’esistente, dall’altro  riconsiderare come fattibile un progetto di Città della Scienza, sulla base di una mediazione fra esigenze culturali e ritorni commerciali. I due approcci devono sintonizzarsi e non apparire in concorrenza.