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La famiglia Anguita:
una storia
Intorno al 1877, Don
Leopoldo Anguita, promettente avvocato cileno,
figlio del Generale Basilio Anguita Ministro di
Guerra nella campagna della Araucaria e della
Guerra con il Perú, riflettendo sulla sua
vita ed avendo compiuto 21 anni, arrivò
alla conclusione che era arrivato il momento di
prendere moglie. Non era una decisione da poco,
ma non avrebbe mai potuto immaginare tutto quello
che sarebbe successo nel suo futuro.
La famiglia di Don Leopoldo era una famiglia molto
rispettabile, inserita pienamente nella borghesia
cilena, composta da cattolici e credenti, anche
se non esattamente amanti del clero e dei suoi
diretti rappresentanti, i preti. I suoi familiari
si aspettavano che scegliesse la sua futura sposa
da una famiglia altrettanto conosciuta e rispettata.
Così, Don Leopoldo si avvicinò
alla famiglia Honorato, una famiglia benestante,
di buoni costumi, solida, ovviamente cattolica
praticante, e composta dai genitori e da tre bellissime
fanciulle. Don Leopoldo, già conoscente
della famiglia, chiese un colloquio privato con
il capo famiglia, e avanzò la pretesa di
sposare Elvira, la più grande delle tre
fanciulle. Il padre di Elvira rispose affermativamente
e dopo un corteggiamento molto breve per l'epoca
- di soli 8 mesi - i preparativi per la fastosa
cerimonia, tra la maggior delle fanciulle e il
promettente avvocato furono portati a termine.
Don Leopoldo, oltre che essere un bel giovanotto
alto, dagli occhi verdi e capelli castani, era
una persona che risaltava per la sua intelligenza,
la sua predisposizione geniale a comprendere i
misteri della mente e dell'animo dei suoi interlocutori,
così come per la sua capacità di
inventare dei marchingegni artigianali, escogitando
e trovando ogni tipo di soluzioni per ogni tipo
di problema. Era molto socievole, abituato fin
dall'infanzia a sentirsi parte di una grande famiglia
e gli piaceva la compagnia di amici, familiari
e conoscenti. Cosìe così Don Leopoldo
e Doña Elvira si avviarono nella loro vita,
allegramente, senza grandi pensieri e dopo pochissimo
tempo nacquero Eduardo e Sara. Sfortunatamente,
Doña Elvira non sopravvisse al parto della
sua secondo genita Sara e morì a soli 20
anni. D'altronde, all'epoca il parto poteva essere
pericoloso. Don Leopoldo si trovò da solo
e con una piccola figlia da accudire, cosa assolutamente
impensabile da fare per un uomo solo in quegli
anni. Effettivamente, anche se Don Leopoldo e
sua moglie erano un piccolo nucleo familiare,
vivevano in una grande casa, con più di
20 stanze, e con della servitù che naturalmente
viveva con loro: la cuoca, l'assistente della
cuoca, la cameriera, il giardiniere, la lavandaia,
e così via.
A questo punto, Don Leopoldo trovò naturale
rivolgersi un'altra volta alla famiglia Honorato,
in particolare a suo suocero, al quale chiese
la mano della sua seconda figlia Ignacia, zia
naturale dei piccoli Eduardo e Sara, pensando
che Ignacia sicuramente si sarebbe presa cura
di padre e figli/nipoti nel migliore dei modi.
La mano di Ignacia gli fu concessa e dopo pochissimo
tempo, si sposarono. Ignacia era molto bella,
al pari delle sue sorelle: tutte si distinguevano
per il colore degli occhi, né blu, né
verde, cangiante a seconda del tempo. Da vecchie,
avrebbero avuto sia loro sia i loro discendenti,
dei bellissimi capelli, bianchi come l'alba che
nelle signore sfumavano in una tinta viola sottile,
come i loro occhi (le donne usavano - e credo
qualcuna lo fa ancora - una specie di tintura
viola). Così, Don Leopoldo e Doña
Ignacia iniziarono la loro avventura insieme,
contenti e soddisfatti. Ma, dopo poco tempo Doña
Ignacia rimase incinta ed ebbe la sfortuna che
il bambino morì quando era ancora in grembo,
il che ebbe come conseguenza un parto prematuro,
che a sua volta provocò la sua morte e
quella del bambino, senza che di quest'ultimo
si potesse accertare il sesso.
A questo punto, Don Leopoldo si sentì più
che mai solo, sconfortato, triste e sprovveduto
rispetto alla cura della sua famiglia. Dopo una
lunga riflessione decise che la cosa migliore
era rivolgersi ancora una volta alla famiglia
Honorato, in particolare a suo suocero, e chiedere
di concedergli in sposa la sua ultima fanciulla,
Rebeca. La mano, anche questa volta gli fu concessa,
perché effettivamente Don Leopoldo si era
sempre comportato bene, amava le sue signore,
aveva cura di loro e ciò che era capitato
fino ad allora era stata solo una serie di disgrazie.
La risposta di suo suocero ancora una volta fu
positiva e dopo pochi preparativi e nessun corteggiamento,
si sposarono. E Rebeca, la più piccola
delle sorelle Honorato, diventò Doña
Rebeca.
Doña Rebeca ebbe otto figli: Ignacia, Guillermo,
Carlos, Lydia, Gaston, Basilio, Jaime e Maria
Rebeca, sfatando di una volta e per tutte la leggenda
delle disgrazie familiari e insieme a Don Leopoldo,
ed i suoi figli/nipoti Eduardo e Sara formarono
un'allegra famiglia.
La loro esistenza trascorse divisa tra la casa
di città e la carriera di avvocato di Don
Leopoldo che arrivò ad avere la carica
di Presidente della Corte Suprema del Cile, lasciando
in eredità una sua legge chiamata "la
legge della sedia" perché contemplava
il diritto per il lavoratore di sedersi per un
tot di ore durante la sua giornata lavorativa,
qualunque fosse il tipo di occupazione svolta.
Per l'epoca si trattava di una legge rivoluzionaria.
La famiglia Anguita Honorato trascorreva i mesi
estivi in una casa di campagna non troppo distante
da Santiago, in un piccolo paese che si chiama
Peñaflor,. La casa di campagna veniva chiamata
da tutti "la casa del reloj" (casa dell'orologio)
perché Don Leopoldo pensando di arrecare
vantaggio alla comunità, si era inventato
e fatto costruire una piccola torretta per installare
un orologio che poteva essere visto e sentito
da tutti in paese.
Nella "casa del reloj", la famiglia
passava i periodi più torridi dell'anno,
e quando arrivava il momento di partire per Peñaflor,
era un vero e proprio esodo. A quel punto, c'era
bisogno anche di molta più servitù
al seguito, e quest' "uscita" avveniva
in carovana con tutto quello di cui la famiglia
avrebbe avuto bisogno in quel periodo.
La casa era molto grande, piena di alberi che
non solo davano riparo dal sole, ma producevano
anche tanta frutta diversa: pere, mele, avocadi,
nespoli, pesche, etc. Quello che la terra non
forniva, bisognava comprarlo, e si fermavano dei
camion con delle provviste per questo piccolo
"esercito" che a quel punto si era ingrandito
con cugini, amici e parenti.
Doña Rebeca comandava il suo schieramento
senza problemi, assumendosi il ruolo di regista
e tenendo insieme, come un'abile burattinaia,
i "fili di famiglia". Era molto portata
per le scienze matematiche e in questo senso famosa
perché "in meno tempo che canta un
gallo" era capace di fare dei calcoli molto
complessi, cosa della quale non poteva vantarsi
Don Leopoldo.
La più piccola dei figli, Maria Rebeca,
nacque quando Don Leopoldo aveva già cinquantasei
anni, quindi era un uomo maturo, anche se ancora
molto vivace ed attivo. Quando, anni dopo, si
recava a passeggio a scuola a prendere la più
piccola delle figlie, questa si adirava moltissimo
con i suoi compagni di scuola i quali, vedendo
un signore dai capelli, barba e imponenti baffi
bianchi, esclamavano spesso "è venuto
tuo nonno a prenderti".
E così, Don Leopoldo andò avanti
negli anni ma non tanto da poter sopravvivere
alla più piccola delle sorelle Honorato,
Doña Rebeca. Dicono che furono una coppia
molto felice e che la loro fu una famiglia molto
felice, che lasciò per il mondo "piccoli
occhi viola", mutevoli e tendenti al castano,
soggetti al cambiare del tempo e delle situazioni,
così come della collocazione geografica,
ma sempre comunque identificabili con il paese
d'origine, anzi, paradossalmente, più si
allontanavano dal Sudamerica e più risultavano
sudamericani.
Dott.ssa Barbara Herreros
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