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L'ARCHITETTURA
DEGLI ANNI 50 NEGLI USA
Difficile, se non impossibile delineare in poche
parole un chiaro e univoco filo conduttore che
possa essere in grado di descrivere e raccontare
l'architettura che nasce e si sviluppa negli anni
Cinquanta negli Stati Uniti. Certamente, però,
si possono rintracciare, nelle città d'oltreoceano,
i segni lasciati, in quel decennio, da moltissime
delle grandi personalità che hanno segnato
la storia di questa disciplina. Da Frank
Lloyd Wright a Louis Kahn, da Walter
Gropius, fuggito dalla Germania durante il
regime nazista, a Philip Johnson o a Ludwig Mies
van der Rohe.
Fu in questo periodo che Wright
continuò e portò a termine la
sua ricerca, iniziata negli anni Trenta, su Broadacre
City, una città concepita come un modello
utopico e antiurbano, reso possibile a sua volta
dall'invenzione dell'automobile. Attraverso le
quattro ruote, infatti, era possibile una riorganizzazione
della città e una redistribuzione della
popolazione in una griglia rurale che avrebbe
determinato "la graduale abolizione della
distinzione tra città e campagna mediante
una più uniforme distribuzione della popolazione
sulla terra". Una concezione dello spazio,
quest'ultima, che affonda le sue radici nella
teoria einsteiniana della relatività e
quindi dell’identità di spazio e
tempo, ossia, come sosteneva Einstein, «
il nostro spazio fisico, così come lo concepiamo
per il tramite degli oggetti e del loro moto,
possiede tre dimensioni e le posizioni vengono
caratterizzate da tre numeri; l’istante
in cui si verifica l’evento è il
quarto numero; ad ogni evento corrispondono quattro
numeri determinati e ad un gruppo di quattro numeri
corrisponde un evento determinato. pertanto il
mondo degli eventi costituisce un continuo quadrimensionale».
L’automobile era quindi il mezzo che consentiva
di ridurre lo spazio e di conseguenza governare
il tempo.Questo rivoluzionario impianto urbanistico
non gli impedì, comunque, tra il '52 e
il '55 di realizzare in Oklahoma la Price
Tower di Bartlesville.
Lo stesso Wright, del resto, era cosciente dell'inevitabile
fallimento di queste sue teorie, che erano comunque
state il punto di partenza da cui era stato generato,
nel 1936, un capolavoro come la casa sulla cascata
(Falling
Water), e affermava «Il fallimento nel
raggiungere questo fine è meno significativo
del fatto di averlo perseguito». La sua
idea di architettura mira alla «distruzione
della scatola», cioè dell'involucro,
della forma a "cubo", regolare e razionale:
«Un poetico riposare in se stessi al posto
della fatale ricerca dell'utilità deve
essere il frutto dell'arte di edificare».
L'edilizia americana degli anni Cinquanta fu,
però, maggiormente influenzata da una tendenza
del tutto opposta. In particolare ebbe un notevole
peso il progetto che Mies van der Rohe ideò
per la Reichsbank di Berlino nel 1933: protagonista
dell'opera erano la tecnica e la tecnologia e
la loro monumentalizzazione in una "forma":
«La tecnica affonda le sue radici nel passato.
Essa domina il presente e si protende verso il
futuro. È un puro movimento storico, uno
dei grandi movimenti che plasmano e rappresentano
la loro epoca e può essere paragonato solo
con la scoperta della personalità da parte
dei Greci, con la volontà di potenza dei
Romani e col movimento religioso del Medioevo".
La tecnica è molto più che un metodo,
essa è di per sé un mondo. In quanto
metodo essa è superiore sotto quasi tutti
gli aspetti, ma soltanto là dove viene
interamente abbandonata a se stessa, come ad esempio,
nelle gigantesche costruzioni degli ingegneri,
la tecnica rivela la sua vera natura. […]
Dovunque la tecnica trovi il suo reale adempimento,
non fa che sollevarsi nella sfera dell'architettura.
È giusto che l'architettura sia subordinata
ai dati di fatto, ma il suo peculiare campo d'azione
risiede nell'ambito dell'espressione».
Successore di Gropius alla direzione del Bauhaus,
Mies van der Rohe studiò l'edificio e lo
spazio come il risultato dell'incontro e dell’interazione
tra piani orizzontali e verticali, di corposità
e trasparenza, di superfici riflettenti e di superfici
dissolte, ma anche il volume unico.
Il risultato del lavoro dell'architetto tedesco
negli USA portò alla costruzione di alcuni
dei grattacieli più celebri, come il Seagram
Building di New York, realizzato con Johnson:
struttura a scheletro con piani identici, coperta
da una facciata interamente vetrata, espressione
più evidente dello spazio verticale. Al
contrario, Mies sviluppò anche un tema
ben diverso, esemplificato dal padiglione
tedesco per l’ Esposizione Universale
di Barcellona (1929), ovvero uno spazio galleggiante
creato dall' «aria tra due lastre»,
in cui è la dimensione
orizzontale a prevalere.
Anche un certo filone di "storicismo"
entra a far parte del panorama dell'architettura
di quegli anni, essenzialmente attraverso le opere
di Philip
Johnson e di Louis Kahn. Quest'ultimo si richiama
al gotico nel riproporre un'ordinata alternanza
di strutture e vuoti capaci di esprimere «ciò
che l'edificio vuole essere». La forma,
la costruzione intesa come creazione spirituale,
diventa protagonista assoluta e indiscussa, mettendo
nettamente in secondo piano ogni tipo di programma
funzionale.
Testo: Giuditta Benedetti.
Ricerca iconografica e acquarelli: Luciano
de Belvis, architetto
Per saperne di più:
Kenneth Frampton, Storia dell'architettura moderna,
Zanichelli Editore, Bologna, 1993
Peter Gössel - Gabriele Leuthäuser,
Architettura del XX secolo,Taschen, Köln,
1997
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, Arte nel
tempo - Dal Postimpressionismo al Postmoderno,
Bompiani, Milano 1991
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