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Gaetano Testa …. azzonzo

Caos Management inizia da questo numero la presentazione di Gaetano Testa, scrittore, autore teatrale, pittore, scultore .... un grande artista, completo ed eclettico, capace di eccellere in vari campi da più di 40 anni.
Nato a Mistretta nel 1935, Testa vive e lavora da sempre a Palermo E' stato tra i fondatori del Gruppo 63 e protagonista della Scuola di Palermo. E' un grande scrittore, ma la sua attività ha attraversato tutte le arti "con spirito dì indipendenza e fuori dalle mode". Fra le opere pubblicate, S.p.a (Feltrinelli, 1963), 5 (Feltrinelli 1968), L'idea del consumo (Flaccovio, 1973), Per approssimazione (Flaccovio 1978).
Commentatore e collaboratore con racconti, poesie e note critiche a numerosi quotidiani e riviste ("L'Ora', "Giornale di Sicilia", "Il Verri", "Marcatre", "Il Caffè", "Malebolge", "Quindici", "Nuova Corrente", "Che fare?"), ha promosso le riviste "Fasis" e "Per Approssimazione", oltre ad essere l'animatore della casa editrice palermitana Perap che pubblica testi di autori siciliani inediti e fuori dal mercato. Sue mostre personali sono state realizzate a Gibellina da Fulvio Abbate (1985) e da Achille Bonito Oliva (1992), e a Palermo da Rosa Mastrandrea (1995). Curata da Francesco Clambaro e Rosa Mastrandrea, la mostra al Teatro Biondo è realizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Città di Palermo.

“Osservare, toccare, udire le forme, i colori, le parole, i materiali che compongono l’immaginario visibile di Gaetano Testa è l’esperienza del bagno. Ci si immerge nell’acqua del mare, dove ogni cosa diventa quello che non era, e ci si accorge lentamente delle mutazioni dei corpi, dei paesaggi delle rifrazioni, del cristallizzarsi delle trasparenze”. ... “E’ ciò che percepiamo acquista la fantasia del bagno. Tali le sculture, gli smalti, i disegni di Gaetano, che assumono le forme del pensiero in una condizione di costante mutamento dovuto al contatto: del mare ma anche della sabbia, di un sassolino nelle gengive o di un bicchiere di gin”. (Guido Valdini)


Il testo che riportiamo è tratto dalla raccolta intitolata "AZZONZO", edita nel 2001.


"Un Leonard Cohen affranto mi mordicchia piacevolmente il diaframma. Settembre è qui e non so che farci. Interrompo con pazzia le mie concentrazioni su una famiglia nana di bulloni che rifiutano personalismi e tinte cromatiche immediatamente leggibili. M'affaccio al balcone appoggiandomi alla ringhiera di ferro nero impolverata di ruggine e chiazzata di cacarelle. Sole tiepido antimeridiano, anzi diafano. Un ventacciolo sporco. Palme pini gerani oleandri in silenzio in uggia. Le mie mani fanno una limpida puzza di solvente nitro. Me le annaso. rientro. riseggo. Riispeziono i bullonetti quasi-bulletti. M'alzo. Vado a cercarmi un phil spector qualsiasi. Trovo all'inizio un 'to know him, is to love him. Regolo il volume. Passando davanti allo specchio dell'ingresso noto che il silenzio insistito delle donne m'ha tolto quattro chili di salame dalla pancia e dai fianchi. Inserisco un secondo caffè. Me lo prosciugo poi lentamente senza zucchero in compagnia di tina turner. Affronto il più grosso della famiglia, il padre. Lo diteggio di bianco. L'improvviso citofono mi scardina l'ossatura. È il portiere che mi chiede se può salire a "leggere l'acqua". Mi rimetto al balcone coi gomiti sulla ringhiera e indago nella foschia da porticello a montecuccio. Trovo che col padre non ci sono mai problemi. Rientro veloce sapendo dove dovrò interrompere quel bianco impreciso con senape ben ferma. Poi passano tre o cinque giorni. È mercoledì mattina. Forse le dieci. Resto a letto stremato. Dai fori della serranda entrano minuscoli raggi. Osservando le loro traiettorie perfettamente parallele mi sento pronto alla lotta".

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