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Aria di Casa

Recentemente ho parlato con un'amica brasiliana, che si trova in Italia per lavoro. Fermo restando che dal punto di vista lavorativo, è un'opportunità da non perdere, perché ha la possibilità di lavorare e vivere in una paese che per cultura, educazione e bellezza è uno dei migliori del mondo, nulla cambia il fatto che ogni volta che uno lascia quello che ET chiamava "casa", il cuore ti si fa piccolo, piccolo.

E' una sensazione molto difficile da spiegare, soprattutto per una come me che si considera e crede di essere a tutti gli effetti, una cittadina del mondo. Avendo cambiato continenti, lingue, forma di essere, di mangiare, di tutto ed essendomi trovata sempre bene, non è facile da spiegare.
Ci provo: tu nasci in una epoca dell'anno, per me ottobre, che nel mio continente e nel mio paese significa la primavera. Questo significa che anche i miei primi ricordi dei miei compleanni più remoti, sono pieni di clima tiepido, alberi in fiore - le ciliegie in fiore sono uno spettacolo degno da guardare - cambio dei vestiti pesanti, antipatici, scomodi, per degli abiti più leggeri, fluidi che mi ricordano la bellezza del movimento. E significa che la torta che eri solita mangiare, ossia "la torta di compleanno", doveva essere fatta con quegli ingredienti che magari nel resto del mondo non si usano o non si conoscono. E così via.

Un bel giorno, per scelta o per ragioni di vita, ti trovi che il tuo compleanno cade in pieno autunno, con la differenza che come il mondo è cambiato - c'è il buco dell'ozono che ha alzato le temperature - e le stagioni non sono più quelle di una volta signora mia, veramente ti trovi che il giorno del tuo compleanno è inverno, grigio, freddo, quasi triste. Ci vuole tutta la tua buona volontà per vedere il sole dove non c'é. E non parliamo della torta. Lì, te ne rendi conto di quanto ti ha cambiato la vita. Quando eri a casa, vuoi perché eri più piccola, vuoi perché le condizioni economiche erano diverse e perché le condizioni socioeconomiche del paese erano diverse, ma di fatto la torta era un qualcosa che c'era, o che la faceva un altro o al peggio, la comprava un altro.

Ora sei grande, indipendente, di mondo, e ti devi arrangiare da solo.
Ti domandi come caspita si faceva quell'ingrediente particolare che né a Londra, né in Italia, né tantomeno in Olanda o Svezia è conosciuto - per te, si chiama "manjar" o "dulce de leche". E cominci a ricordarti che anche da te, quando la servitù cominciò a costare un po' di più o semplicemente le donne hanno potuto fare altre scelte invece di lavorare solo da cameriere o da cuciniere (in questo caso la parola cuoco/a sarebbe esagerato) qualcuno si è reso conto che il "manjar" può essere fatto mettendo a bollire una latina di latte condensato Nestlé. E a quel punto, ti cambia il compleanno, ti cambia la torta, ti cambia tutto. Quello che era semplicemente un dolce, è diventato un simbolo del capitalismo negativo che volente o nolente attraverso i tuoi diversi giri hai sentito nominare, hai sentito gli slogan che dicono che non devi comprare la Nestlé perché in India o in Sudamerica chi sa cosa fanno fare ai bambini…., ecc. ecc.
E a questo punto, hai un dilemma non da poco: rinunciare al tuo "manjar" per fabbricare qualcosa che in alcuna maniera assomigli alla torta della tua infanzia, inventandoti tutto perché la verità è che mentre eri a casa non hai mai fatto una torta, o uscire e comprare la prima torta che trovi nella prima pasticceria del posto dove ti trovi a vivere in quel momento. Abbiamo già detto che cambiando continente ti sono cambiate le stagioni: il sole, il tiepido, la leggerezza non ci sono, forse ti tocca una giornata di pioggia (a Londra non sono rare) e così cedi al tuo istinto e vai fuori senza guardare troppo gli scaffali e compri la tua bella latina di Nestlé.

Torni a casa e ti predisponi a preparare quello che secondo te era la torta di compleanno. Alla fine, quando la guardi, ti rendi conto che hai fatto un'altra cosa e così allegramente decidi che d' ora in poi quella è la tua torta (anche perché non sai farne altre che assomiglino a quella là) e di lì in avanti pioggia, sole o vento, quella sarà per ogni compleanno quella che farai.
Il tuo bisogno di "casa" è tutto in quella torta. Si esprime a tradimento, senza che tu te ne accorga, perché tu ti trovi bene dove sei, lo hai scelto te, vivi bene, hai una vita piena, ecc. ecc. e quando meno te lo aspetti, eccolo là che ti colpisce con un colpo basso.

Il fatto che le persone nei diversi posti dove hai vissuto all'inizio ti parlassero tutti in un tono di voce molto alto pensando che tu eri sorda e non straniera, che pretendessero che a te piacciano le stesse cose che piacciono a loro, che tu ti diverta nella stessa maniera, che tu abbia la stessa religione o la non religione, ti è sempre parso che erano dettagli, piccoli prezzi che dovevi pagare per il fatto di essere "diverso"; lo hai sempre preso con molta filosofia, non ti sei mai considerato razzista, al contrario ti consideri una persona curiosa, aperta, con la voglia d'imparare, di conoscere, fino al giorno del tuo compleanno e senti quel bisogno di quella torta. Per me, è la torta, sicuramente perché a casa mia, essendo una famiglia numerosa, ognuno il giorno del proprio compleanno aveva il diritto di chiedere di mangiare tutto quello che gli piaceva, e il menù della casa quel giorno era compito del festeggiato, compresa la torta. Chiaro, non si può pensare al menù completo, ma almeno la torta!!!!

E così credo sia per ognuno di noi, i ricordi di quello che sei e di quello che ti ha formato è parte di te, e se devi ripensare ai tuoi "fondamentali" lo fai, cambi anche la sceneggiatura visto che non è fondamentale e sarai felice lo stesso; ma l'aria di casa…

Barbara Herreros

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