La mia esperienza di volontariato in
Nepal
II
12 aprile 2005 ho iniziato la mia avventura
di volontariato nello stato asiatico del Nepal.
L'occasione di questa particolare esperienza
prendeva il via da contatti avuti nell'ambiente
universitario americano e riguardava la stesura
di un piano per la distribuzione di un apparecchio
per il filtraggio dell'acqua, teso ad eliminare
l'arsenico presente ed ad abbattere completamente
ogni tipo di contaminazione batterica della
stessa. Il dispositivo in grado di risolvere
questo grave problema è chiamato ufficialmente
KAF™ (Kanchan Arsenic Filter).
La regione rurale nella quale l'intervento
è particolarmente urgente è quella
del Terai. Il mio compito è stato quello
di portarmi sul territorio per visitare i poveri
villaggi afflitti da questo angoscioso problema,
parlare con la popolazione dei paesi, contattare
le istituzioni finanziare lodali, la Croce Rossa
ed altre organizzazioni non governative, allo
scopo di illustrare un piano promozionale di
graduale introduzione del filtro. Nello stesso
tempo mi sono impegnata in un'opera di sensibilizzazione
verso i problemi sanitari ed ho anche proposto
un modello micro-finanziario il più possibile
idoneo all'attuale situazione politico-economica
delle popolazioni ivi residenti.
E' stata un'esperienza di crescita interiore
e di maturazione operativa che non mi ha lesinato
soddisfazioni ma che ha anche presentato diverse
difficoltà dal punto di vista organizzativo,
dovute soprattutto alla mancanza di una struttura
solida con precisi metodi di lavoro con i quali
poter interloquire. Il tutto aggravato dalla
carenza di fondi necessari per la ricerca e
lo sviluppo del progetto e da mezzi di comunicazione
funzionanti, atti allo svolgimento del mio incarico.
Dal punto di vista personale sono state messe
alla prova le mie capacità d'adattamento,
di creatività e a volte anche di sopravvivenza,
visti i luoghi sperduti e fortemente arretrati
di questa parte del Nepal, zona decisamente
ancora allo stato arcaico.
L'acceso all'acqua potabile incontaminata è
un diritto umano basilare, eppure quest'esigenza
primaria è preclusa a gran parte della
popolazione mondiale. Soltanto lo 0.7% dell'acqua
del pianeta è disponibile per l'uso comune
e non è distribuita in modo proporzionale
alle esigenze degli abitanti. Più della
metà della popolazione dei paesi sottosviluppati,
in particolare quelli asiatici e africani, è
afflitta da malattie dovute al consumo d'acqua
contaminata e non conforme ai parametri igienici
che ne consentono l'utilizzo. Il problema della
qualità e della purezza dell'acqua ha
colpito anche il Nepal, dove la contaminazione
microbiologica e la presenza dell'arsenico,
in particolare negli acquedotti del Terai, è
un problema allarmante e purtroppo in continua
espansione. A livello planetario circa 400 milioni
di bambini non hanno accesso all'acqua pulita
e priva di contaminazioni batteriche. In Nepal
40 bambini muoiono ogni giorno colpiti da gravi
alterazioni delle attività intestinali
e da altre malattie causate da elementi patogeni
dell'acqua. Nonostante diverse organizzazioni
internazionali si siano interessate al problema,
in particolare la World Bank donando sussidi
diretti alla misera popolazione del Nepal, gli
aiuti sono ancora largamente insufficienti e
la situazione rimane molto preoccupante.
Il filtro contro l'arsenico (KAF) sviluppato
dall'università MIT (Massachusetts Institute
of Technology) assieme all'organizzazione ENPHO
( Environmental and Public Health Organization),
istituzione per la quale ho prestato la mia
opera nei mesi scorsi, sembra essere la soluzione
più efficace, economica e duratura per
iniziare una corretta penetrazione "commerciale"
e la conseguente applicazione nelle strutture
idriche che forniscono acqua ai periferici nuclei
abitati nepalesi. Nonostante il filtro costi
solo 15 dollari, le famiglie dei villaggi non
possono affrontare simile spesa se non facendo
enormi sacrifici con grandi rinunce sulle necessità
elementari, peraltro già quasi ai limiti
estremi.
La disarmante povertà della popolazione
rurale nepalese impedisce qualsiasi avanzamento
intellettuale e di conseguenza frena ogni sviluppo
economico dei villaggi, trascinando i suoi abitanti
in un vortice inarrestabile d'indigenza e di
bassa qualità della vita.
Una delle cause dei mancati progressi è
da ricercarsi nell'elevato grado d'analfabetismo
ed in una completa ignoranza sui basilari sistemi
d'igiene e sanità, non solo nella raccolta
e conservazione dell'acqua, ma anche nel trattamento
del cibo e nelle pratiche di pulizia dello stesso
ambiente domestico. A questo quadro sconfortante
si aggiunge l'instabile e tumultuosa situazione
politica causata dal conflitto tra il gruppo
di ribelli di fede Maoista e lo stesso governo
in carica che ha rallentato, ed in alcuni casi
addirittura bloccato, le attività d'organizzazioni
non-profìt a livello internazionale e
nazionale ed altre istituzioni finanziarie impegnate
nello sviluppo economico delle poverissime comunità
nepalesi.
Ritengo che l'opera di sensibilizzazione, come
primo passo da compiere, debba investire interi
villaggi con particolare riguardo alle donne
appartenenti ad ogni nucleo familiare, visto
che le stesse sono responsabili della raccolta
e della conservazione dell'acqua. Con sistemi
consoni alle loro possibilità di apprendimento,
devono essere convinte ad adottare pratiche
igienico-sanitarie adeguate per assicurare ai
bambini ed al resto della famiglia acqua incontaminata,
ottenibile soprattutto grazie all'uso costante
del filtro depuratore Kanchan. Dopo aver istruito
ed ottenuto la condivisione dalle donne sui
vantaggi sanitari immediati e riscontrabili
si può passare ad illustrare i metodi
di pagamento, ossia la possibilità di
ottenere un micro-finanziamento da parte di
World Bank, organismo internazionale disposto
ad intervenire pagando la metà del costo
del filtro.
E' anche importante assegnare ruoli catalizzatori
agli esponenti, attentamente selezionati, di
ogni villaggio, persone che abbiano la capacita
di promuovere e rendere consapevoli il resto
degli abitanti, lavorando in stretta collaborazione
con la Croce Rossa locale e l'organizzazione
ENPHO.
Il processo di sensibilizzazione e social marketing
in paesi sottosviluppati, come il Nepal, ha
uno svolgimento lungo, lento e soprattutto molto
costoso. Prima di ottenere dei risultati evidenti
tra la popolazione, bisogna attendere diversi
anni e allo stesso tempo richiedere cospicui
sussidi ad una rete di sponsor, incoraggiando
donazioni spontanee, sollecitate da affidabili
associazioni umanitarie, quale ad esempio la
Caritas. Ritengo sia indispensabile coinvolgere,
in questa impellente campagna "dell'acqua
pulita e buona da bere", anche i ricchi
Paesi occidentali, sottoponendo la grave situazione
e le leve prioritarie del progetto ad imprese
multinazionali note per la loro partecipazione
a simili iniziative umanitarie, dalle quali
possono ricavare il ritorno in termini d'immagine
soprattutto sfruttando il decennio 2005-2015
che è stato ufficialmente nominato "Acqua
per la Vita".
Majka Serafini