Da DECENTRAMENTO E PARTECIPAZIONE
Considerazioni preliminari
Il
modello europeo di stato accentrato fu maturato
nel contesto dei programmi d'industrializzazione
forzata che improntarono di se gli ultimi due
secoli passati. I grandi industriali avevano
bisogno di stati chiusi alla concorrenza internazionale,
continuamente in espansione per assicurare una
favorevole ragione di scambio nel rapporto fra
materie prime, prodotti finiti e servizi. Non
solo, occorreva anche avere una manovalanza
sempre disponibile e a basso costo, onde consentire
un rapporto pagamenti/benefici sempre orientato
a massimizzare il secondo rispetto al primo.
In tale contesto occorreva che esistesse uno
Stato accentratore e centralista, in larga misura
nei suoi organi espressione del ceto dominante
economico e finanziario.
La gran massa degli esclusi, rapidamente sindacalizzatasi,
determinò la nascita della lotta di classe
con caratteristiche sostanzialmente europee,
bianche, e, corporative.
Figlie di tale situazione sono state le prime
due grandi guerre dello XX secolo, e la rivoluzione
sovietica, anch'essa rapidamente trasformatasi
da nuova forma di governo, di democrazia dal
basso e partecipativa (sovcoz e kolkoz), in
uno stato accentratore e centralista, ed espansionista.
La fine della seconda guerra mondiale, conseguita
con il decisivo contributo dato dai paesi non
europei e con l'efficace apporto di truppe coloniali,
in particolare arabo islamiche, portò
all'uscita dell'Europa dagli scenari internazionali,
al definitivo formarsi di entità produttive
multinazionali e transnazionali, al tramonto
degli eserciti convenzionali.
Agli stati nazionali europei venivano a sostituirsi
gli stati continenti, al conflitto di classe
si sostituiva la sterminata quantità
di lavoratori disponibili ad operare quasi gratuitamente;
alle frontiere si sostituivano gli accordi di
libero scambio non solo di merci, ma anche di
persone, capitali e servizi.
In tale scenario i microstati nazionali che
avevano potuto assicurare una certa qualità
della vita ai propri residenti in funzione non
tanto del gettito fiscale ma quanto piuttosto
della favorevole ragione di scambio in vario
modo imposta, vennero meno al loro osi detto
contratto sociale in funzione del fatto che
non hanno piu' avuto sufficienti risorse finanziarie
a disposizione per mantenerlo.
Da qui la necessità di riaffidare alle
autonomie locali, la gestione delle sempre piu'
limitate risorse e di consentire la nascita
di macroaree locali denazionalizzate entro le
quali consentire il formarsi di nuove economie
di scala e di settore, coinvolgendo il comparto
privato che con proprie risorse potesse integrare
le ormai latitanti risorse pubbliche.
Tale processo è ancora in atto, anche
se preoccupanti segnali dovuti all'affermarsi
di conflitti non piu' ideologici( economiche
visioni del mondo ma programmatici (politiche
visioni del mondo) tendono a ricentralizzare
non tanto il potere legislativo e quello esecutivo,
ormai spesso solo formalmente democratici, (
anche se in ciascuna realtà territoriale,
la manifestazione del concetto di democrazia
si estrinseca in diversa maniera e misura( basti
pensare alla conseguenza dell'adozione dell'uno
o dell'altro sistema elettorale), quanto piuttosto
il potere di controllo, di indirizzo e di qualificazione
sempre piu' tecnocratici ed autoreferenziali,
nonché di origine eterodossa perchè
multilaterali.
Del che è ampia traccia anche nella letteratura
espressione del terrorismo globale che ormai
quotidianamente colpisce la dignità della
persona umana.
E' quindi compito delle autonomie locali e di
nuovi modelli d'aggregazione sociale e produttiva,
ancora da attivare pienamente( associazionismo
cooperativo di villaggio e di distretto, con
sostegni di microfinanza partecipativa, ad esempio)
consentire il superamento della dislocazione
pluralistica del mondo, al fine di consentire
alla persona umana e alle comunità in
cui si esprime di riappropriarsi della propria
dignità, in maniera non violenta, per
dare soddisfazione piena, solidale e conviviale
ai propri bisogni e ai propri diritti.
Vincenzo Porcarsi