CSR:
la sfida continua!
"Uno strumento potente per favorire
uno sviluppo economico attento alle esigenze
della comunità", e ancora "un
mezzo per rendere l'Italia e l'Europa più
competitive, assicurando al tempo stesso una
maggiore coesione sociale…."
La definizione entusiasta, riferita alla Corporate
Social Responsibility (Responsabilità
sociale d'impresa) e pronunciata dal Ministro
Maroni in occasione di un evento estivo dedicato
alla tematica in questione, è un'ennesima
conferma dell'attenzione , ormai senz'altro
continuativa nel tempo e, quanto al coinvolgimento
dimostrato, sempre crescente, rivolta dal Governo
e dalle istituzioni in genere, nonché
dalle associazioni di imprese attive su questo
fronte e dal mondo dei consumatori, a questa
formula vincente di cultura aziendale.
Il percorso di iniziative intraprese ormai più
di tre anni fa e che ha visto la CSR oggetto
di dibattito e confronto in sede di conferenze
(una Europea tenutasi a Venezia nel novembre
2003 e una nazionale, nel dicembre dell'anno
scorso), è giunto a una svolta cruciale,
nel senso che l'impegno profuso da più
parti nella direzione di un chiarimento, in
termini di definizione concettuale, ma anche
e soprattutto di applicabilità concreta,
della responsabilità sociale d'impresa,
ha dato i suoi frutti, chiamando in causa questa
volta direttamente le imprese, ovvero, in sostanza,
i destinatari e interlocutori principali del
discorso. Un gruppo di lavoro costituito dal
Ministero del Welfare nel gennaio scorso ha
individuato e selezionato alcuni esempi di cosiddette
"buone pratiche" tra le aziende italiane,
che applicano appunto principi di responsabilità
sociale di impresa e li ha riuniti in una pubblicazione,
dal titolo "Responsabilità sociale
delle Imprese- esempi di buone pratiche".
Ai presupposti teorici e alle conseguenti scelte
di strategia politica che riguardano la CSR
(ricordiamo, a proposito dei primi, il Libro
verde della Commissione europea, del 2001, in
cui si parla di CSR come "integrazione,
su base volontaria, da parte delle imprese,
delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle
loro operazioni commerciali e nei loro rapporti
con le parti interessate /Stakeholder",
mentre quanto alle seconde è senz'altro
da richiamare l'intenzione manifestata dall'Unione
Europea in occasione del Summit di Lisbona di
inserire tale tematica tra i suoi obiettivi
prioritari), si aggiunge questa volta un'indicazione
di tipo metodologico, fornita dalla Commissione
europea ("Imprenditorialità
responsabile- una raccolta di esempi di buone
pratiche rilevati tra le piccole e medie imprese
di tutta Europa", Bruxelles, 2004)
e trasferita da Gruppo di lavoro italiano anzidetto
alla realtà italiana. I criteri che hanno
guidato la selezione e raccolta dei casi italiani,
trenta in tutto, soprattutto piccole e medie
aziende, che rappresentano oltre il 90% del
tessuto imprenditoriale italiano, sono i medesimi
che hanno ispirato il lavoro della Commissione
e si basano sulle tre dimensioni dello sviluppo
sostenibile: economica, sociale e ambientale,
definiti Pilastri per lo sviluppo sostenibile
delle imprese socialmente responsabili;
schematizzati in una tabella, ciascuno di essi
presenta poi una suddivisione interna in sottoaree
, a loro volta frazionate in griglie di valutazione
contenenti indicatori di massima, gli stessi
elaborati in seno al progetto CSR-SC (Corporate
Social Responsiubility- Social Statement), utili
appunto ad orientare l'analisi sui diversi aspetti
della gestione d'impresa.
Il Pilastro economico, per
esempio, terrà conto come è ovvio
di un mercato di riferimento e al suo interno
di tutte quelle che rappresentano le categorie
interessate, direttamente o anche come semplici
interlocutori (soci/azionisti e comunità
finanziaria, clienti, fornitori, partner finanziari,
stato, enti locali, pubblica amministrazione
etc.), a loro volta "condizionate"
da una serie di elementi o variabili che ne
determinano l'esistenza e l'evoluzione (caratteristiche
della clientela, comunicazione, sensibilizzazione
e informazione, rapporti con gli enti locali,
norme e codici etici per il rispetto dell'ambiente,
contributi, agevolazioni o finanziamenti agevolati
etc).
Il Pilastro ambientale si
relazionerà con fattori quali consumi
di energia, materiali ed emissioni, rifiuti
etc.
Il Pilastro sociale è in ogni caso quello
maggiormente considerato in quest'ambito e si
articola nelle due sottoaree del posto di
lavoro e della comunità. Gli indicatori
presi in considerazione sono molteplici: la
composizione del personale, il turnover, le
pari opportunità, la formazione, le sicurezza
e salute sul luogo di lavoro, la solidarietà
sociale, la relazione con i mezzi di comunicazione,
la ricerca e innovazione etc. e la descrizione
delle singole aziende in termini di CSR ne tiene
conto relativamente alla segnalazione sintetica,
ma efficace, per ciascuna di esse, di azioni
socialmente responsabili realizzate.
La pubblicazione, strutturata nel modo anzidetto,
costituisce senz'altro uno strumento agevole
e di facile consultazione e soddisfa in questo
senso l'intento principale per cui è
stata concepita: quello di fungere da esempio,
guida pratica, contributo concreto, proprio
perché fondato sull' "elenco"
di dati e situazioni reali e facilmente riscontrabili,
a stimolare l'adozione di comportamenti socialmente
responsabili anche in altre realtà organizzative,
nonché l'emulazione, attraverso la presentazione
di "casi di eccellenza", delle attività
di CSR descritte per applicazioni anche in altri
contesti.
Donatella L.M. Vasselli