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Responsabilità sociale delle imprese: una novità importante sul fronte normativo

Una proposta di legge tutta italiana, che si inserisce in un percorso avviato ormai da diversi anni anche nel nostro Paese e fa il punto su una realtà consolidata di partecipazione e impegno da parte di istitutzioni, associazioni ambientaliste e per la tutela dei consumatori, società civile: a circa un anno dalla sua presentazione in parlamento, i promotori, nella persona di alcuni rappresentanti di Legambiente insieme ad altri membri di organizzazioni particolarmente attive nella campo della RSI, si sono confrontati di recente su "Le disposizioni per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese", in una riflessione comune su come le buone pratiche di responsabilità sociale possano influire sul nostro futuro e sulla competitività delle nostre aziende.

Il testo normativo in questione intende, come si legge chiaramente nell'introduzione, "raccogliere e sostenere l'appello del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, rilanciato dal Libro Verde della Commissione europea sulla responsabilità sociale delle imprese al senso di responsabilità delle imprese nel settore sociale per quanto riguarda le buone prassi collegate all'istruzione e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, all'organizzazione del lavoro, all'uguaglianza delle opportunità, all'inserimento sociale e allo sviluppo durevole". La considerazione della dimensione etica, oltre che di quella economica e giuridica delle imprese del resto, come specificato sempre nella premessa, è stata oggetto di un dibattito che si è andato sviluppando nel tempo e che ha beneficiato del contibuto teorico di studiosi ed esperti economisti di diversa provenienza geografica: per lo statunitense Milton friedman, ad esempio, "c'è una sola responsabilità sociale dell'impresa: usare le sue risorse e dedicarsi ad attività volte ad aumentare i propri profitti a patto che essa rimanga all'interno delle regole del gioco, il quale equivale a sostenere che competa apertamente e liberamente senza ricorrere all'inganno o alla frode". Tale tesi non esclude che il Management possa dedicarsi ad attività sociali, ma inquadra queste ultime in una prospettiva esclusivamente strategica, ovvero funzionalmente ll'aumento dei profitti dell'azienda. Per Freeman ed evan, invece, il management, oltre a curare il profitto degli azionisti o dei proprietari, deve instaurare un rapportio di fiducia nei confronti di una vasta gamma di stakeholders dell'impresa, intendendo con questo termine "fornitori, clienti, dipendenti, azionisti e comunità locale, nonché il Management stesso nel suo ruolo di agente di questi gruppi".

Ma è senza dubbio l'impostazione del già citato Libro verde ad aver definito nei termini più precisi e, dal punto di vista del valore della tematica in sé, qualificanti, il concetto di responsabilità sociale, prevedendo per essa, come ben noto una dimensione interna ed una esterna. Quanto alla prima, il documento europeo prevede che le prassi socialmente responsabili riguardino essenzialmente la gestione delle risprse umane, l'adattamento alle trasformazioni, la salute e la sicurezza dei lavoratori, la gestione infine degli effetti sull'ambiente e sulle risorse naturali. Nell'estensione esterna ai singoli contesti aziendali, la RSI coinvolge invece le comunità locali, sulle quali incide attraverso il miglioramento delle condizioni di vita rappresntato dalle opportunità di lavoro, e contribuendo alla salubrità dell'ambiente naturale circostante; e ancora le partnership commerciali e i rapporti con i fornitori e i consumatori, ai quali la RSI impone la riduzione della complessità delle operazioni e dei costi, migliorando la qualità, l'assistenza, l'affidabilità; infine, in generale, il rispetto dei diritti umani e le preoccupazioni ambientali, che devono essere garantiti in particolare per quanto riguarda le operazioni internazionali e le catene di produzione.

L'articolato proposto raccoglie tali indicazioni e soprattutto si dichiara conforme alla raccomandazione della Commissione, secondo la quale "spetta ai poteri pubblici incoraggiare l'adozione da parte dell imprese di pratiche responsabili sul piano sociale e ambientalista", al fine di limitare la confusione generata dalla proliferazione di strumenti diversi, difficilmente comparabili, della RSI (norme di gestione, programmi di etichettatura e di certificazione etc), verificare e misurare le prestazioni e l'eleborazione di audit e relazioni, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli stakeholders, facilitare infine l'accesso alle pratiche socialmente responsabili delle piccole e medie imprese.

Nell'intento generale di impegnare lo Stato in conformità agli obiettivi dell'Unione Europea a promuovere la RSI riconoscendone il ruolo di elemento di crescita economica e il suo contributo a una maggiore coesione sociale, particolarmente interessanti risultano, all'interno della legge e dei dieci che compongono il testo, l'articolo 3, che istituisce l'Autorità per la RSI, cui è affidata tra l'altro l'individuazione di indicatori o standard per la definizione di comportamenti socialmente responsabili e degli strumenti per valutare l'effettività di tali comportamenti e i risultati raggiunti; l'articolo 5, che auspica la creazione di un Forum consultivo, con lo scopo di coadiuvare l'autorità di cui sopra nell'adempimento dei suoi compiti e di assicurare la più ampia partecipazione delle parti interesate alla definizione degli indicatori per l'identificazione dei comportamenti socialmente responsabili; l'articolo 7, che delega il Governo ad emanare norme recanti consistenti agevolazioni fiscali per le imprese socialmente responsabili, tenendo presenti nello specifico quelle di piccole e medie dimensioni, in modo da stimolarle ad intraprendere questa strada fattivamente; l'articolo 10 infine, che prevede l'istituzione di un Osservatorio nazionale sul dumping sociale (ovvero il fenomeno della massimizzazione del profitto ottenuta grazie alla violazione delle norme sul lavoro), con lo scopo di monitorarlo anche in relazione all'attività in Italia di imprese estere. L'impegno contro tali ultime pratiche, che costituisce uno degli elementi essenziali della responsabilità sociale, si ribadisce nella legge, oltre ad essere un obbligo morale, rappresenta un fattore essenziale per la tutela della concorrenza e la correttezza del mercato.

L'accoglienza generale di quanto illustrato è stata, almeno in sede di conferenza e dibattito (ma ci si augura anche nel proseguo dei lavori che ne sosterranno il cammino in futuro) unanime nel sottolineare la positività di un disegno legislativo che daparte sua non fa che rafforzare il coinvolgimento e motivare in maniera ancora più efficace l'iniziativa di quanti già operano concretamente in questo campo, sperimentando nella pratica la validità di azioni, o come preferisce la terminologia ormai di uso comune, buone prassi di RSI.

Donatella L. M. Vasselli