Protezione
degli investimenti
Il fenomeno della circolazione internazionale
dei capitali, è stato, direttamente
o indirettamente, alla base di tutti i processi
di internazionale dell'economia. In esso,
inteso in senso ampio, rientrano, sia i movimenti
di capitale indotti, tra residenti di uno
Stato e stranieri, determinati dagli acquisti
di beni, e necessari in pratica per il pagamento
di operazioni e transazioni internazionali
correnti; sia i trasferimenti autonomi di
capitale che si traducono in veri e propri
investimenti, configurandosi poi, a seconda
dei casi, come dei prestiti a stranieri, degli
investimenti di portafoglio, o dagli investimenti
diretti.
Per portare avanti i loro programmi di sviluppo
economico molti Stati, in particolare quelli
in via di sviluppo, fanno ricorso al capitale
straniero. Infatti, difficilmente un paese
povero è in grado di accrescere con
le sue sole risorse il capitale e le conoscenze
tecniche necessarie per procedere nello sviluppo
economico. E' evidente che l'investimento
straniero può svolgere una funzione
utilissima a tale scopo: fornisce valuta estera,
eleva il reddito nazionale ed accresce l'efficienza
dell'economia.
Per gli operatori economici, invece, l'investimento
in uno Stato straniero può presentare
aspetti positivi ed aspetti negativi. Il capitale,
è noto, tende a fluire verso quei luoghi
dove sono facilmente disponibili ricchezze
naturali e la redditività dell'investimento
è alta. I paesi in via di sviluppo
costituiscono sotto
questo profilo l'area migliore. Tuttavia,
sono esistite ragioni di carattere politico
che a volte hanno scoraggiato gli investimenti
in questi paesi. Il timore di interventi radicali
da parte dei Governi, in particolare il divieto
di trasferire i
profitti o di rimpatriare i capitali, nonché
le misure di nazionalizzazione o di esproprio
ne sono stati i motivi principali. Per molto
tempo il diritto degli investitori di vedere
tutelati i propri interessi all'estero si
è scontrato con il principio della
sovranità statale. In mancanza di unanime
consenso, nell'ordinamento internazionale
non si sono formate delle norme generali vincolanti
gli Stati a determinati comportamenti nella
disciplina degli investimenti stranieri. Infatti,
i principi tradizionali del diritto internazionale
consuetudinario quali la œlegge della
responsabilità dello Stato per i pregiudizi
arrecati alla propria dello straniero, asseriti
dagli Stati occidentali, sono stati strenuamente
respinti dai paesi latino-americani, da quelli
in transizione e, nel corso degli anni '60,
dagli emergenti Stati afro-asiatici. Secondo
la dottrina della œresponsabilità
dello Stato, formulata nel secolo scorso,
il diritto internazionale imporrebbe agli
Stati ospitanti gli investimenti esteri di
osservare uno standard minimo internazionale
nel trattamento dei beni di proprietà
degli stranieri.
Inizialmente questa dottrina era stata concepita
per tutelare i beni dei singoli individui
all'estero; successivamente è stata
estesa anche alla salvaguardia dei beni delle
società commerciali straniere. E' fondamentale
rammentare, che lo standard minimo internazionale
non coincide con lo standard di trattamento
nazionale. Mentre quest'ultimo impone agli
Stati ospitanti gli investimenti di garantire
agli operatori economici un trattamento non
diverso da quello degli operatori economici
nazionali, il primo obbliga gli stessi Stati
ad assicurare agli investitori stranieri un
minimo di garanzia e protezione delle loro
proprietà non inferiore ad un certo
parametro o standard. Essendo la œlegge
della responsabilità dello Stato informata
a principi liberali che sanciscono l'inviolabilità
della proprietà privata e l'intrasgressidibilità
del contratto, la premessa fondamentale al
riguardo dello standard minimo internazionale
è il rispetto dei diritti acquisiti.
La formulazione classica della dottrina, nei
suoi tratti più estremi, impediva in
assoluto agli Stati di espropriare la proprietà
privata straniera. Nella sua formulazione
moderna la dottrina dei diritti acquisiti,
conferisce allo Stato territoriale (nel rispetto
del principio di sovranità), la possibilità
di espropriare la proprietà straniera,
ma richiede che tale espropriazione sia dovuta
ad esigenze di pubblico interesse, che non
sia effettuata discriminatoriamente e che
sia accompagnata da un'equa compensazione.
E' da notare poi, che qualsiasi ingiustificata
interferenza da parte dello Stato, perpetuata
nel tempo e tale da impedire all'investitore
l'uso e il godimento della sua proprietà,
è considerata dalla dottrina tradizionale
alla stregua di una vera e propria espropriazione,
ed anche se non coincide con un effettivo
spossessamento della proprietà, una
tale forma di ingerenza infrange lo standard
minimo internazionale.
Una violazione dello standard minimo internazionale
" nella fattispecie se lo straniero viene
arbitrariamente privato della sua proprietà
o gliene viene precluso il godimento e subisce
un diniego di giustizia -, comporta la responsabilità
dello Stato ospitante l'investimento e fornisce
una base egittima per l'esercizio della œprotezione
diplomatica da parte dello Stato di appartenenza
dello straniero. Ne deriva che quest'ultimo
Stato potrà agire con proteste, proposte
di arbitrato, minacce di (o ricorso a) contromisure
contro lo Stato ospitante l'investimento,
al fine di ottenere la cessazione della violazione
ed il risarcimento del danno causato al proprio
cittadino.
Si noti però, che lo Stato che agisce
attraverso lo strumento della protezione diplomatica
esercita un diritto di cui esso, e non il
suo cittadino, è, dal punto di vista
del diritto internazionale, titolare. Lo Stato
infatti, non agisce come rappresentante o
mandatario dell'individuo; ciò comporta
che esso può in ogni
momento rinunciare ad agire, sacrificando
così l'interesse del cittadino leso
ad altri interessi.
In questa situazione l'individuo non può
fare nulla di fronte all'inerzia dello Stato
poiché, pure dal punto di vista del
diritto interno, un Governo non è giuridicamente
obbligato nei confronti dei suoi cittadini
ad esercitare la protezione diplomatica; perciò,
anche se venisse applicata fedelmente la œlegge
della responsabilità dello Stato, l'investitore
straniero non disporrebbe comunque di una
valida garanzia per i suoi beni all'estero.