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L'uomo
libero all'interno di una "bolla"
Nel testo "Manifesto del partito comunista"
di Marx e Engels, pur se apparso 150 anni
fa, è possibile leggere una analisi
di sorprendente attualità:
"Le
più antiche industrie nazionali sono
state e sono tuttora quotidianamente distrutte.
Esse vengono soppiantate da industrie nuove,
la cui introduzione diventa una questione
di vita o di morte per tutte le nazioni civili,
da industrie che non lavorano più materie
prime locali, bensì materie prime provenienti
dalle regioni più remote, e i cui prodotti
diventano oggetto di consumo non solo all'interno
del paese, ma in tutte le parti del mondo.
Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti
nazionali, subentrano nuovi bisogni, che per
essere soddisfatti esigono i prodotti dei
paesi e dei climi più lontani. All'antica
autosufficienza e all'antico isolamento locali
e nazionali subentra un commercio universale,
una interdipendenza universale fra le nazioni.
Ciò vale sia per la produzione materiale
che per quella spirituale".
Non potrebbe essere descritta meglio la globalizzazione
di cui oggi tutti parlano. In altre parole,
la globalizzazione ci crea un mondo a sua
immagine e somiglianza, che non possiamo non
subire, ma al quale possiamo reagire.
L'opera degli autori del "Manifesto"
ha arricchito e reinterpretato il lessico,
ha riformulato la grammatica e la sintassi
del discorso politico e storico. Hegel dice:
"la filosofia è il proprio tempo
appreso nel concetto". Marx, infatti,
insiste sulla necessità di misurarsi
con la realtà. In particolare, è
utile per il nostro tema, riprendere l'idea
dell'essere capitalista secondo Marx:
"Essere capitalista vuol dire occupare
nella produzione una posizione non puramente
personale ma sociale. Il capitale è
il prodotto comune e può essere messo
in movimento solo con una attività
comune di molti membri della società,
anzi, in ultima istanza, solo con l'attività
comune di tutti i membri della società.
[…]".
Per Adam Smith, nel mercato, dalla ricerca
da parte di ognuno del proprio utile, discende
un vantaggio per tutti. Infatti chiunque,
in un regime di concorrenza, sia in grado
di offrire un bene nuovo o un bene già
esistente a un prezzo migliore, ricercando
il proprio utile, e in tal modo affermandosi
nel mercato, di fatto fa progredire la società
perché da quel bene migliore o dal
più basso costo di produzione trae
vantaggio tutta la comunità. Subentreranno
poi altri imprenditori che produrranno nuovi
beni o beni a prezzi più bassi: la
comunità se ne avvantaggia ancora,
il progresso economico nasce da questo tentativo
di ricercare dei vantaggi individuali che
diventano, poi, vantaggi collettivi.
Ricollegandosi a ciò, Antonio Fazio
ritiene che questo è vero solo se la
migliore qualità dei beni offerta è
effettiva, reale, se cioè tutto quanto
detto sul bene corrisponde a verità.
Non ci deve essere dolo o inganno nell'offerta
dei beni. Deve esserci correttezza e giustizia
nei rapporti di scambio, "giustizia commutativa".
Subentra inoltre un ulteriore concetto di
giustizia, quello della "giustizia distributiva",
cioè l'equa partecipazione dei membri
della società e di tutti coloro che,
in qualche modo, hanno cooperato al bene comune,
ai benefici della produzione. La povertà
vera, difatti, non coincide semplicemente
con la disuguaglianza di ricchezza, ma più
propriamente con la carenza di capacità
di agire e di decidere o, in una parola, di
"essere", da cui deriva una auto-percezione
frustrante e l'inadeguatezza ad immaginarsi
un futuro positivo.
L'economia deve, pertanto, perseguire il bene
comune e mettersi al servizio di un progetto
di emancipazione degli individui e dei popoli.
La lotta di cui parlava Marx, non era pertanto
per la soppressione, ma per l'estensione delle
opportunità a tutti di possedere una
proprietà. Ci sono delle verità
eterne, come la libertà, la giustizia,…,
che sono comuni a tutti gli ordinamenti sociali.
La conquista della democrazie, da parte dei
paesi civili, è una delle prime condizioni
della emancipazione dell'uomo. In particolare,
l'individuo per convivere nel mondo globalizzato
e capitalistico, in modo da non esserne fagocitato,
deve accrescere la sua forza produttiva e
competitiva. Il libero sviluppo di ciascuno
è la condizione per il libero sviluppo
di tutti. Ecco riuniti in modo democratico
globalizzazione e individuo nel concetto di
capitalismo espressa da Marx.
In definitiva, il comunismo di Marx proclama
un intervento sulle "condizioni sociali
e politiche". Tema, questo, molto di
attualità, poiché il mondo di
oggi è contraddistinto da un paradosso
sul quale, malgrado occasionali accenni, si
riflette ben poco: la globalizzazione crescente
comporta un aumento delle nuove differenziazioni,
e a interconnessioni sempre più globali
fanno da contraltare divisioni sempre più
intricate.
Il trionfo della tecnologia, in particolare
nelle comunicazioni, ha trasformato il mondo
in un'unica rete di informazione e causalità.
Oggi i mutamenti avvenuti in un qualsiasi
luogo possono provocare perturbazioni in qualsiasi
altro. Oggi si tende ad usare il termine "villaggio
globale" o, ispirandosi a uno slogan
della Banca Mondiale, di "capitalismo
senza frontiere" per definire questo
fenomeno di interconnessioni su vasta scala
e di complesse dipendenze. Villaggio povero,
dal momento che non conosce solidarietà
né tradizioni, che non ha un centro
né confini e manca completamente di
integrità. Il mondo dell'interconnessione
globale rappresenta una realtà tanto
remota quanto lo è la società
senza classi. Molto dipenderà dalla
nostra erudizione scolastica.
È possibile incidere solo su ciò
che si conosce.
Ciò che noi sappiamo, è
che la lotta di classe del proletariato sulla
borghesia proclamata da Marx rimane storia,
tuttavia, le sue intuizioni sulle conseguenze
del libero mercato, sono attualmente visibili.
Infatti, gli isolamenti e gli antagonisti
nazionali dei popoli vanno via via scomparendo
con la libertà di commercio, con il
mercato mondiale, con l'uniformità
della produzione e delle condizioni di vita
ad essa corrispondenti. Conseguentemente,
non ci vuole una particolare perspicacia per
comprendere che, cambiando le condizioni di
vita degli uomini, i loro rapporti sociali
e la loro esistenza sociale, cambiano anche
le loro concezioni, i loro modi di vedere
e le loro idee, in una parola anche la loro
coscienza. Che cosa altro dimostra la storia
delle idee, se non il fatto che la produzione
spirituale si trasforma insieme a quella materiale?
Le idee dominanti di un'epoca sono sempre
state soltanto le idee della classe dominante
che ha conquistato sempre nuovi mercati e
sfruttato più intensamente quelli già
disponibili. Con quale risultato? L'apertura
di una crisi sempre più vasta e più
violenta.
L'attacco all'America dell'11 Settembre ha
rotto l'entusiasmo sulla natura della globalizzazione,
colpendo aspettative del consumatore e dell'investitore.
La dipendenza economica, gli sfavorevoli rapporti
politico-militari, i rapidi mutamenti sociali
prodotti dalla globalizzazione, vengono vissuti
dalla società islamica come fattori
di minaccia e causa di decadenza.
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