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JONATHAN
COE (LA BANDA DEI BROCCHI)
Nato a Birmingham nel 1961, è sposato e
vive a Londra. Ha svolto molte attività:
insegnante di Poesia Inglese all'università
di Warwick, musicista semiprofessionista, correttore
di bozze, giornalista e scrittore freelance. E'
considerato uno dei più promettenti talenti
narrativi inglesi e si distingue per l'originalità
dei suoi racconti e l'acuto spirito contro le
contraddizioni della società inglese.
BIBLIOGRAFIA:
Donna per caso (The accidental woman, 1987)
L'amore non guasta (A Touch of Love, 1990)
La famiglia Winshaw (What A Carve Up!, 1994)
La casa del sonno (The House of Sleep, 1997)
La banda dei brocchi (The Rotters' club, 2001)
Poco tempo fa durante una convegno dedicato al
cantautore genovese Ivano Fossati, ho sentito
per la prima volta parlare di Jonathan Coe.
Alla domanda:" Ivano, cosa stai leggendo
in questo periodo? E quale tra gli autori contemporanei
ti piace maggiormente?" - "senza dubbio
Jonathan Coe e ho da poco finito di leggere il
suo ultimo romanzo: La Banda dei Brocchi!"
Essendo un appassionato di Fossati mi sono appuntato
questo nome e il giorno dopo ero già con
The Rotters' Club (Titolo originale, edito in
Italia da Feltrinelli) sotto il braccio.
Le mie attese dopo un mese erano state completamente
esaudite, avevo letto un libro straordinario.
"Tornano gli scioperi" titolano i giornali,
"Siamo di nuovo alle lotte degli anni Settanta",
"Riecco i tempi bui". Scuole e ospedali
sono in subbuglio, ma il fronte più duro
è quello delle ferrovie: l'ultimo sciopero
dei lavoratori della South West Trains ha impedito
a decine di migliaia di pendolari di arrivare
a Londra. "Il sistema dei trasporti va a
pezzi, e il nostro primo ministro Tony Blair vola
a Kabul" commenta Jonathan Coe, deluso dal
governo del New Labour, che ambienta il romanzo,
proprio nel decennio che vide i governi laburisti
naufragare sotto l'ondata di rivendicazioni sindacali,
attentati dell'Ira e intolleranze razziali.
Come Coe, che in quegli anni era un ragazzo, vivono
confusamente anche i protagonisti della "Banda
dei brocchi", Benjamin, Doug, Philip e Sean.
Compagni di studi, frequentano la prestigiosa
King Edward's School ("quella dove studiò
Tolkien, e pure quel reazionario di Enoch Powell")
grazie a borse di studio, visto che le loro famiglie
non potrebbero permettersi l'iscrizione. Quattro
ragazzi destinati a una vita di successo e ad
una carriera ben diversa da quella dei loro genitori
si destreggiano nell'Inghilterra degli anni settanta
tra cambiamenti politici, musicali e sociali.
Ciascuno preso da amori più o meno impossibili
(Benjamin adora in segreto Cicelyn) e da aspirazioni
altrettanto difficili (sempre Benjamin vorrebbe
diventare scrittore, ma intanto compone anche
partiture di rock sinfonico-progressivo) (Doug
invece pensa di diventare giornalista).
Il mondo descritto in questo romanzo è
un mondo in cui, così dice Coe, "tra
piccole frustrazioni e moderate incertezze, tutti
noi perdevamo gli ideali, il senso della giustizia
sociale, il bisogno di sincerità. Ho voluto
descrivere il momento in cui gli ideali diventano
impraticabili, in cui certi valori finiscono,
e dopo di cui le cose non saranno più le
stesse".
Alla domanda :"anche lei, Mr Coe, ha votato
per Blair nel '97?" - " Certo, e l'ho
votato nuovamente anche alle elezioni successive".
Però oggi si dice deluso...
"Sì, e non tanto perché molte
delle aspettative non si sono realizzate. O perché
Blair prometteva più di quello che sapeva
di poter mantenere. No, la delusione è
più generale. Assistiamo a un modo di governare
sempre più personalistico, dove leggi e
provvedimenti importanti vengono presi dal primo
ministro e dai suoi consiglieri privati, un comitato
di persone non elette dal popolo. E' forte questa
sensazione di marketing, di un movimento di promozione
dell'immagine. Avvantaggiato dal fatto che abbiamo
perso la sincerità, la capacità
di guardare quel che c'è dietro l'immagine".
Il mio personale consiglio è di leggerlo
soprattutto se quegli stessi anni, pensi di viverli
oggi, dove il senso di impotenza, l'assenza di
energia e un clima stagnante, ti portano ad essere
un po' più sognatore.
(tratto da un'intervista di Ranieri Polese sul
Corriere della Sera del 16 gennaio 2002)
Graziano Iacobacci
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