E' MORTO UN MITO....VIVA IL MITO!
Un
lutto recente, che ha colpito in primis
gli appassionati del genere, ma ha lasciato
una traccia ancora più importante e significativa
nell’emotività di quanti tra i
suoi fan, e sono stati assai numerosi, hanno
apprezzato la possibilità di realizzare,
grazie all’esempio della sua vicenda umana
e professionale, un’operazione forse unica:
l’identificazione tra fantasia e realtà,
la proiezione di un immaginario cinematografico
nell’esperienza, a volte così tragicamente
faticosa, del vivere quotidiano: parliamo di
Cristopher Reeve, l’interprete di Superman
per antonomasia, scomparso da poco a seguito
di una lunga e penosa malattia.
L’assurda fatalità di un incidente
aveva interrotto una carriera al culmine, ma
l’avvenimento, sproporzionato e, agli
occhi spietati dei media, grottesco, soprattutto
in relazione al gigantismo del ruolo impersonato
sullo schermo, non era riuscito a fermarlo.
Già prima della fatidica caduta da cavallo
l’attore si era sperimentato in ruoli
impegnati, con incursioni anche nel campo della
regia: subito dopo, completamente paralizzato,
ha concentrato le energie residue in una serie
di iniziative sociali di grande spessore; nel
’99 ha creato una fondazione per lo studio
della paralisi, finanziando ricerche sulle cellule
staminali e organizzando eventi sportivi per
i disabili. L’impegno, la forza d’animo,
la dimostrazione concreta e duratura nel tempo
di una fallibilità e di un’impotenza
destinate a trasformarsi in “superpoteri”,
riportano alla mente in parallelo altre figure
“prestigiose” dei fumetti, e relative
trasposizioni su pellicola, in particolare le
avventure di un altro eroe positivo, il famosissimo
Spiderman, che imperversa nelle sale
di tutto il mondo proprio in quest’ultimo
periodo.
“Da grandi poteri derivano grandi
responsabilità” è il
suo motto, segno inequivocabile di una dimensione
interiore di un certo rilievo, che appartiene
al personaggio e prima ancora al suo autore,
Stan Lee, il quale ha voluto connotare la sua
“creatura” di una vulnerabilità,
spesso di una sofferenza, comunque di un atteggiamento
riflessivo e sovente tormentato nei confronti
delle prove , e non solo quelle rocambolesche,
da affrontare.
Clark Kent è un adolescente fragile e
insicuro, alle prese con problemi quotidiani
di ordine pratico, immerso nei dilemmi e nelle
preoccupazioni dell’età ingrata
in cui vive, perennemente sopraffatto dal senso
di colpa, che lo assale al momento della scelta,
sempre obbligata, di affidarsi alle sue straordinarie
capacità per risolvere le minacce metropolitane
di una New York invasa dal crimine, piuttosto
che dedicarsi alla famiglia, ai sentimenti,
alle piccole incombenze così connaturate
alla sua condizione esistenziale.
L’azione prodigiosa in lui si accompagna
ogni volta allo stupore di essere in grado di
compierla e accanto all’effetto speciale
strabiliante c’è sempre, in ogni
occasione, il dubbio, l’esitazione, l’incertezza
di fare la cosa giusta: in questa miscela ben
equilibrata consiste la formula di gradimento
che lo rende vincente nella considerazione del
pubblico e il messaggio che trasmette risulta
tanto più positivo quanto più
bilanciato in questa alternanza continua tra
forza e debolezza, indulgenza, da parte di chi
lo segue, alla simpatia umana e consapevolezza,
da parte sua, di essere investito di una missione
più alta, quella di essere artefice della
risoluzione dei problemi della sua città.
La conclusione è scontata, il suggerimento
tutto da seguire: in un mondo dominato dalla
superficialità e dall’indifferenza,
in cui le dimostrazioni di potere degenerano
spesso, in ogni campo, in manifestazioni di
violenza, i miti dei fumetti resistono, ingenui
ma autentici, fantasiosi, ma anche profondamente
realistici, a indicarci una strada da percorrere
con fiducia, sia pure nelle nostre……
limitate possibilità.
Donatella L. M. Vasselli
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