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D'altra parte una iniziativa di commercio internazionale diretta alla promozione della dieta prodotto mediterraneo che potesse finalmente connettere i giacimenti culturali e in particolare i valori fondanti contenuti negli archivi e nelle biblioteche, porrebbe al suo centro il tema del coordinamento balcanmeda delle politiche culturali dei tre subcontinenti che instano sul Mediterraneo e sul Mar Nero, nonché quello delle tecnologie dell'industria culturale e della comunicazione (dalle trasmissioni audiovisive satellitari a quelle della informazione e della comunicazione) applicate in special modo alle metodologie del c.d. E-learning ed alle possibili applicazioni dell'e-governance.
Nella società dell'informazione, della conoscenza, del prevalere del privato sul pubblico, del terrorismo globale che contrappone un soggetto privato alla maggiore potenza mondiale, abituata alla guerra ma non alla guerriglia, e soprattutto alla guerriglia che usa il suicidio quale strumento di gratificazione sociale e di accesso al Paradiso quale che ne sia la base religiosa da cui origina, la politica culturale può avere una posizione strategica nel guidare il cambiamento, ma anche nell'aprire nuove opportunità economiche ed occupazionali. Finalmente le Nazioni Unite, in particolare l'ILO e l'Ecosoc hanno compreso che uno sviluppo che tenga conto dei bisogni dei popoli e delle culture rappresenta un necessario contrappeso ad un modello di crescita fondato su delle valenze esclusivamente economico-finanziarie.

Governare i processi di mutamento culturale che derivano non solo dall'intensificarsi dei contatti tra individui e gruppi con differenti culture ma anche dalla creazione di interazioni sociali di condivisione partecipativa e poi familiare fra gli individui e gruppi, proponendo dei modelli di interazione, di esistenza comune, di comune progettazione, basati sul valore delle origini (archivi e biblioteche, arti musive e lapidee come contenitore del messaggio) e quindi sul rispetto delle diversità e sull'accettazione delle differenze che in questo senso divengono punti di forza anziché di incompatibilità quindi fattori di omogeneità creativa e di complementarietà esistenziale, sull'esempio di società miste già esistenti come gli stessi USA, il Brasile, la Germania, il Sud Africa, la Gran Bretagna. Tale è la strada maestra per evitare nazionalismi e protezionismi economici e giuridici, preludio di qualsiasi tipo di fondamentalismo e di trionfalismo ed instaurare un regime pacifico e consustanziale di cooperazione internazionale, fondata sulla libera dimensione della attività economica che tiene conto della funzione economico-sociale che questa crea sulla gente e sull'ambiente, modificandolo con il proprio stesso esistere e con la tipologia di macchina e di lavoro (non gioco) proposto.
In questa prospettiva si muove da tempo, anche l'analisi delle grandi organizzazioni culturali multilaterali come il Consiglio d'Europa e l'Unesco, i quali sottolineano la necessità che le politiche culturali e la qualificazione delle risorse umane assumono un ruolo determinante nell'orientamento generale delle politiche per lo sviluppo. Ciò è tanto più vero se si riflette sul ruolo centrale che nei processi di integrazione europea rivestono le politiche culturali e la qualificazione delle risorse umane, tendenti ad evitare tanto il fondamentalismo, quanto il fenomeno dell'omologazione (che anche sul piano economico del consumo, disorientano il consumatore e non determinano un risultato: ricordo il motto dell'azione studentesca: non comprate ameriKano che accompagnava le ballate di Joan Baez e quelle cult nostrane di Fabrizio de Andrè, tristemente caducato, per il mancato passaggio globale ma elitario alla gente che costituiva e costituisce la c.d. "maggioranza silenziosa", mentre l'immaginazione conservava il potere eliminando persino il grande De Gaulle), specie nei rapporti con i Paesi terzi del Mediterraneo e con quelli dell'est europeo.

Certo le modalità con cui le due dimensioni - cultura e sviluppo - inteagiscono vanno sempre più approfondite attraverso la chiarificazione degli obiettivi, l'analisi delle politiche e la dotazione di strumenti di intervento adeguati. E' a questa esigenza che si vuol dare una risposta, nel tentativo di attuare il piano d'azione adottato dalla Conferenza Intergovernativa sulle Politiche Culturali per lo Sviluppo promossa dall'Unesco nel 1998 (noto come Piano d'Azione di Stoccolma).
Le attività di ricerca che trovano a fondamento gli archivi e le biblioteche, su qualsiasi supporto mediatico, hanno dunque la finalità di formare risorse umane per le politiche culturali territoriali, per la pace, la cooperazione e lo sviluppo locale, fornendo conoscenze e competenze in ordine alla definizione, attuazione e valutazione di tali politiche, oltre a sinergizzare la capacità di dialogo e di collaborazione operativa con altri centri di ricerca dei Paesi terzi. Questo permetterà di aumentare la possibilità d'integrazione regionale e di sensibilizzare gli operatori dei Paesi dell'area balcanico-danubiana e mediterranea verso l'esigenza di una cultura giuridica armonizzata sul piano dei diritti umani e civili, come pure sul piano del diritto commerciale, ambientale e di tutela dei consumatori e della società civile più in generale.
Tale programma consentirebbe, dunque, di mettere in relazione le dinamiche culturali e politiche con i fattori strutturali di ordine economico, demografico, energetico per comprendere e prospettare come dalla loro reciproca influenza si definiscono i possibili scenari geopolitici per l'Europa e il Mediterraneo del XXI secolo.