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IL CINEMA CHE INSEGNA...LA VITA

Una lezione difficile, ma dal contenuto denso di significati tra loro differenti e umanamente toccanti; un monito preciso, rivolto senza mezzi termini (grazie anche all'ausilio di un linguaggio cinematografico dai toni sommessi ma incisivi, con nessun'altra pretesa artistica eccetto quella di sottolineare la tensione e drammaticità di volti, dialoghi, situazioni utilizzando lunghi e intensi primi piani , nonché attraverso un uso della luce misurato ed essenziale e, a detta del regista, tipicamente noir) a un pubblico di esperti o appassionati del mestiere, nel caso specifico quello dello sport della boxe, ma anche a quanti, uomini e donne adulti, si confrontano quotidianamente, per scelta o per semplice interesse, con tematiche importanti: il professionismo nel lavoro, la genitorialità, il diritto alla salute e alla felicità, l'eutanasia……

L'ultimo film di Clint Eastwood è senza dubbio un capolavoro assoluto e la conferma importante, decretata dall'incetta di premi Oscar conquistati dalla pellicola a Hollywood, ne ha già sancito un successo che risulterà duraturo, come si conviene a prodotti destinati, per il loro valore intrinseco, a suscitare riflessioni, commenti, interpretazioni suscettibili di maturazione nel tempo, e dai risvolti che sconfinano il mero ambito critico "di settore", per investire più in generale la vita e le sue implicazioni più problematiche e profonde.

Il fulcro della storia è rappresentato dall'incontro tra un ex pugile, insegnante e allenatore, e una giovane donna dall'esistenza fragile e travagliata, che tenta di riscattare se stessa avvicinandosi con disperata determinazione alla disciplina sportiva più dura, e alla fine riesce nell'intento; ma la stagione del successo, ottenuto con fatica e ostinazione, è breve e viene inesorabilmente spezzata da un terribile incidente, occorso durante un incontro, che dichiara da subito irrecuperabili le sue condizioni fisiche, costringendola a un'immobilità assoluta e precipitandone il destino fino alla soluzione estrema, ovvero l'interruzione dell'esistenza, da lei fortemente voluta e "consegnata", nell'attuazione pratica, proprio all'allenatore.

L'evento della carriera bruscamente terminata cambia rotta e senso al film, lo orienta nella direzione apparentemente univoca di una relazione a due, in realtà aperta a una serie di interrogativi che coinvolgono non solo i protagonisti, bensì le categorie umane e i relativi contesti che in vario modo essi rappresentano: l'allenatore in realtà è un padre fallito che tenta di recuperare il proprio perduto senso di responsabilità nel rapporto con la giovane e nei suoi confronti si chiede, ci chiede, fino a che punto sia possibile spingersi, qual è il limite da tenere presente se la disponibilità verso il prossimo può condurre a decisioni gravi, a prese di posizione assolute e, nelle conseguenze, letali………

….e poi c'è l'ambito sociale, nel caso particolare la famiglia, assente se non cinicamente avversa, della giovane, gli interessi e le tentazioni bieche relativi al denaro che ruotano attorno al mondo dell'infermità, della malattia, della medicina come parte di un sistema sociale vacillante…..

L'epilogo drammatico sospende, senza esaurirle positivamente, le questioni aperte, nel dar luce a un'unica, importante verità, (accennata fin dall'inizio, ma ribadita in un exploit finale di grande impatto emotivo) per la quale vale la pena di continuare a "combattere": è l'amore che più di tutto occorre praticare, come compito primo e doveroso verso il proprio lavoro, come impegno personale a favore degli altri, come sentimento costante nei riguardi di ogni avventura che il percorso umano ci chiama ad affrontare.

Donatella L. M. Vasselli

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