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Un sistema complesso è inoltre caratterizzato da fenomeni di autoorganizzazione, per cui esso si autoorganizza spontaneamente in livelli gerarchi superiori, attraverso un processo di "inscatolamento progressivo1" (bottom-up). Intimamente correlata a tale processo è la proprietà dell'emergenza, "qualità o proprietà di un sistema che presenta una carattere inedito rispetto alle qualità o proprietà delle sue componenti considerate isolatamente o delle stesse componenti disposti in maniera diversa in un altro sistema. Questa proprietà non è completamente riducibile e riconducibile alle condizioni iniziali"2. Un esempio della proprietà di emergenza di un sistema è la fluidità e la lucentezza dell'acqua, caratteristiche queste, che emergono dall'interessenza di miriadi di molecole d'acqua, le quali, però, prese singolarmente non presentano tali qualità. Da tale principio emerge chiaramente come un sistema non sia la semplice somma delle sue parti, bensì qualcosa di più, con caratteristiche e qualità non riconducibili alle singole unità elementari che lo compongono.

Alla luce di quanto sopra esposto, si evince che un sistema complesso è un sistema al margine del caos, ovvero tra l'ordine e il disordine, un sistema dinamico, creativo, robusto, sempre in continua evoluzione, sempre nuovo (non ripercorre mai le stesse vie). Un sistema complesso è un sistema non prevedibile e quindi non controllabile.

Un sistema economico secondo l'approccio della complessità, a differenza dell'analisi economica tradizionale3, presenta quindi particolari proprietà, come i rendimenti crescenti, l'instabilità, l'irreversibilità, la libertà e l'imprevedibilità delle scelte, l'eterogeneità degli agenti economici e la variabilità delle loro preferenze, qualità, queste, che emergono sempre di più con l'intensificazione degli scambi, posta in essere dai nuovi media.

Dalla sinossi sopra riportata, appare molto chiaro come le qualità di un sistema economico secondo l'approccio complesso riflettano una situazione più realistica e quindi più ricca, capace di fotografare la realtà con un maggior grado di definizione, ma allo stesso tempo toglie ogni certezza e evidenzia fortemente l'incapacità degli strumenti di politica economica tradizionali di far fronte a fenomeni incontrollabili, come la bassa congiuntura e la disoccupazione.

È opportuno che il sistema economico prenda coscienza di sé stesso, ponendosi in ascolto di sé, in modo che possa autorganizzarsi di fronte ai continui cambiamenti. Condizione necessaria è la disponibilità e la condivisione dell'informazione, la quale, veicolando le scelte degli operatori, permetterebbe un rapido aggiustamento degli squilibri. Pietra angolare su cui poggia l'informazione è soprattutto la capacità di elaborazione dell'informazione, la quale potrebbe ridurre le ridondanze del sistema. Per esempio, nel campo finanziario, qualora gli operatori avessero un più approfondita conoscenza dei mercati e degli strumenti a disposizione, potrebbe ridursi l'elevata volatilità delle aspettative, oppure nel mercato dei beni, la conoscenza dei prezzi a costo zero da parte dai consumatori potrebbe far da deterrente all'inflazione, incrementando i consumi e gli investimenti e rilanciando così l'economia. Contrariamente da quanto affermato dalla teoria economica tradizionale , una riduzione e/o stabilizzazione dell'indice dei prezzi attraverso la creazione di un unico mercato virtuale, (dove sarebbero presenti le informazioni di tutti i beni e servizi con i loro relativi prezzi in tempo reale), sarebbe accompagnata da un maggior grado di concorrenza e quindi di produzione ed occupazione.

Armando Savini


1. A. Gandolfi, Formicai, imperi e cervelli, introduzione alla scienza complessa, Bollati Boringhieri, Torino, 1999.
2. P. Martello, U. Morelli, Emergenze, in U. Telfner, L. Casadio (a cura di) Sistemica, voci e percorsi nella complessità, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.
3. A seguito di un'analisi statistica nel Regno Unito, Phillips, constatò che a fronte di una bassa disoccupazione, il saggio di salario nominale era più alto. Tale evidenza empirica è giustificata dal fatto che una maggiore occupazione comporta un'elevata forza contrattuale da parte dei lavoratori, mentre in caso di disoccupazione, ovvero surplus di offerta di lavoro, tale forza contrattuale scende. Questo trade-off fu esteso a tutta l'analisi economica, divenendo un modello di politica economica. Infatti, per incrementare l'occupazione, molti policy makers hanno permesso un tasso d'inflazione (ipotizzato proporzionale al saggio di salario) più elevato, sacrificando così la capacità d'acquisto dei salari nominali. La reiterazione di tale politica però ha indotto le parti sociali a reagire, chiedendo salari più elevati. La conseguenza è stata un ritorno al livello di disoccupazione iniziale con un tasso di inflazione maggiore di prima. Si consideri inoltre che nel modello originale la variabile indipendente era il tasso di disoccupazione e quella dipendente il saggio di salario: ciò significa che il livello occupazionale influenza i salari e non viceversa. In seconda istanza, il legame proporzionale tra salari e disoccupazione e quello tra inflazione e salari, verrebbero meno qualora si procedesse con un approccio complesso all'economia, con forti ripercussioni sulle scelte di politica economica.

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