Il netto ricavo remunera i vari fattori della
produzione, finanzia la creazione di linee di
produzione di qualità, apre per la strada
ad azioni di marketing dirette a fidelizzare
il consumatore, porta a negoziati con la ormai
avvisata concorrenza.
La struttura ecclesiastica offre i propri
spazi, la garanzia morale degli intenti, non
interviene nella gestione, ma concorre con organismi
di consulenza contabili e di consulenza fiscale
autonomi ad esercitare il controllo sui conti.
A fronte di ciò riceve la "decima"
in natura dei beni prodotti, per redistribuirli
nell'ambito delle proprie opere di assistenza.
I finanziamenti, avranno carattere "etico"
cioè avranno remunerazione attraverso
la partecipazione alle plusvalenze di esercizio,
prima che configurino utili tassabili e con
la tecnica del cursore, saranno reimpiegati
nel settore.
Il modello, una volta a regime, potrà
consentire la nascita di attività collegate
(marketing del territorio) turistiche e salutistiche
all'interno di una cultura mediterranea del
fare e del mangiare per vivere (e non del vivere
per mangiare) che costituisce uno dei presupposti
per una crescita comune dell'intera area dove
Roma torni ad essere una proposta, un modo di
essere e non un luogo di competizione (l'aureo
tempo di Adriano).
Perno di tale discorso è la fiducia,
che solo un'autorità morale può
dare.
Naturalmente, il modello, pur variando la centrale
di riferimento (chiesa, Kibbutz, comitato, associazione)
può e deve essere esportato, così
a Sud come a Est, divenendo per aree come l'Albania,
l'Ucraina, la Tunisia, l'Egitto, la Giordania,
il Libano, la Moldavia, e, forse anche la Romania,
un'originale via di accumulazione capitalistica
solidale.
Accanto a ciò, la proposta di Roma
non può non muovere anche da una base
di valori culturali e quindi da un problema
di riscoperta dei comuni giacimenti culturali
che, pur se frequentemente nati in un contesto
di violenza (ad esempio presa di Costantinopoli
da parte della IV Crociata), hanno creato spazi
e espressioni comuni. Da ciò l'impegno
alla ricostruzione e all'apertura alla comune
fruizione della eredità giacente accompagnata
da una educazione, non solo alla conoscenza
della tecnologia ma anche alla conoscenza e
fruizione del bello da parte dei giovani di
qualsiasi tempo che in tal modo possono sperare
di progettare un universo migliore, consegnandolo
al tempo futuro.
Da qui la proposta di un fondo di Roma per
i giacimenti culturali dei paesi dell'allargamento
e dell'area di libero scambio (sud mediterraneo
e Corno d'Africa, cui possano concorrere tutte
le organizzazioni che hanno portato con sé
i segni di un lavoro compiuto e delle sofferenze
provocate e ricevute (fra le quali quelle dei
reduci e prigionieri di tutte le guerre).
Vincenzo Porcasi
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