HOME
Sommario
Le Vostre Domande
News
Keywords
Archivio Rivista
Il Vostro Contributo
La Redazione
Teleconferenza
Archivio Notiziario
Chat
Link
       
       
   

Caos Management

Nell'ottica di diffondere le idee, opinioni, punti di vista di persone che si muovono nell'ambito della Formazione Manageriale, pubblicchiamo di seguito un articolo di Franco Marmello e della sua Bottega del Cambiamento.

LA BOTTEGA DEL CAMBIAMENTO
I PARTE

"Bottega del Cambiamento" é un progetto di formazione dedicato ai nuovi protagonisti del mondo del lavoro; alle nuove risorse che nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, in politica, andranno presto a sostituire i vecchi Papalagi.

L'uomo bianco viene chiamato Papalagi da un saggio capo indigeno delle Isole Samoa di nome Tuiavii di Tiavea. Questo curioso personaggio compì un viaggio in Europa agli inizi del secolo, venendo così a contatto con i nostri usi e costumi. Ne trasse delle impressioni folgoranti che gli servirono per mettere in guardia il suo popolo dal fascino perverso dell'Occidente. Erich Scheurmann (un artista tedesco amico di Hermann Hesse, fuggito nei mari del Sud per evitare la prima guerra mondiale) raccolse le impressioni del vecchio maestro, le considerò un tesoro di saggezza e le pubblicò in un libro intitolato, appunto, "Papalagi". Uno dei capitoli più interessanti del libro è intitolato "Del mestiere del Papalagi e di come egli in esso si smarrisce".

Osservando l'uomo bianco che lavora, Tuiavii dice:

- Ogni Papalagi ha un mestiere. E' molto difficile spiegare che cosa sia un mestiere. E' qualcosa che si dovrebbe aver voglia di fare, ma il più delle volte non se ne ha -

E poi ancora:

- In Europa ci sono più uomini di quante palme ci siano nelle nostre isole, i cui volti sono grigi come la cenere, perché non conoscono gioia alcuna nel loro lavoro, perché il mestiere divora ogni piacere e dal loro lavoro non nasce alcun frutto, neppure una foglia di cui poter gioire. E per questo negli uomini cova un odio cocente per il proprio mestiere -

Tuiavii di Tiavea chiude il capitolo con questa analogia:

- Il Papalagi sospira quando parla del suo lavoro, come se fosse oppresso da un peso. I giovani delle Samoa vanno cantando nel campo di taro; cantando le giovani donne lavano i panni nei ruscelli. Il Grande Spirito non vuole certamente che diventiamo grigi nel nostro mestiere e strisciamo come lumache nella laguna. Egli vuole che restiamo ben ritti e fieri in tutto il nostro fare; e sempre uomini con occhi lieti e membra sciolte -

In questo mio primo articolo desidero farvi conoscere meglio colui che andrà a sostituire il vecchio Papalagi nel mondo del lavoro: voglio presentarlo idealmente al vecchio saggio e a tutte le persone che come lui (anche oggi) non hanno perso la purezza dell'essere autentico e naturale.

Chi sarà questo uomo nuovo?

Dovrà essere sicuramente un concreto: uno che sappia applicare nella realtà quotidiana la teoria; uno che faccia del "migliorare" un problema di qualità reale della vita; uno consapevole che il tempo che dedica ogni giorno al lavoro rappresenta una parte consistente del tempo globale a disposizione per questo tipo di miglioramento.

Sono le prime riflessioni che mi vengono in mente.
Sono le nuove riflessioni del vecchio mondo del lavoro.
Sono i temi principali del dibattito sul mondo che cambia, in corso ovunque.

Da molti anni mi occupo di uomini che lavorano e che gestiscono il lavoro di altri. Il mio compito é quello di spiegare al Papalagi descritto dal saggio Tuiavii, come salvare la sua umanità, come rispondere - anche attraverso il lavoro - alle pulsioni dei suoi bisogni naturali, che sono - come per tutti - quelle di un protagonista; a prescindere dalla posizione occupata nella scala gerarchica dell'impresa in cui lavora. Cerco di spiegargli tutto questo perché so che la tentazione di sentirsi un granello di polvere all'interno di un immenso ingranaggio che egli non controlla, lo coglie più volte lungo la giornata di lavoro. E so che la sfiducia in se stesso e la rabbia accumulate vengono esportate inevitabilmente nel suo privato, con danni - a volte - irreparabili.

Il mio compito é anche quello di spiegare tutto ciò al suo capo. Anche lui deve poter essere in grado di salvare la sua umanità e dare risposta ai suoi bisogni di protagonista nell'ambito del lavoro. Il grado gerarchico non gli basta per realizzare l'obiettivo in modo autentico e naturale. Oggi non gli basta più. Essere ubbidito, ma sopportato; o - ancora peggio - odiato non può che procurargli la stessa sfiducia e la stessa rabbia accumulate dal suo sottoposto e fargli esportare nel privato le stesse frustrazioni.

Avanti>>