Pubblicato su "I
DIRITTI UMANI, oggi" a cura di Elisabetta
Di Giovanni, Università Degli Studi di
Palermo, Facoltà di Scienze della Formazione,
Scuola di Specializzazione in "Istituzioni
e Politiche di tutela dei diritti umani"
- Aisthesis - Milano
I PARTE
Diritti umani e globalizzazione
La
c.d. globalizzazione non tiene conto di taluni
fattori che sono fondamentali nel contesto del
processo di crescita internazionale:
a) il continuo ampiamente della distanza economica
che intercorre fra taluni paesi ricchi, i paesi
portatori di nuova ricchezza è di un
tasso d'incremento del PIL superiore al 5% in
ragione d'anno e la gran parte dei PVS e dei
paesi in transizione che non hanno dal 1990
subito alcun incremento del loro PIL, anzi spesso
si è assistito al suo decremento;
b) l'ulteriore impoverimento dei ceti deboli
e della borghesia esistenti in tali paesi;
e) l'indifferenza delle compagnie produttive
di ogni grado e livello all'andamento dei paesi
in cui pongono la loro attività.
Ma ciò che risulta possibile per le scelte
proprie dell'operatore economico di diversa
dimensione non può lasciare indifferente
il paese e soprattutto l'organizzazione multilaterale
di cui lo stesso fa parte.
La domanda che si pone oggi l'operatore del
diritto è quale sia il ruolo che l'Europa
può e deve giocare nel nuovo contesto
geopolitico che si mostra dopo la caduta dell'Impero
Sovietico e dopo la guerra all'Iraq.
Innanzi tutto occorre che l'Europa riesca ad
uscire dallo stato ibrido in cui si trova: divisa
com'è fra sovrannazionalismo e intergovernamentalismo,
attraverso l'approvazione della nuova costituzione,
che contiene al proprio interno quegli elementi
che la possono condurre al superamento della
linea Jean Monnet "community method".
Tale linea era puramente funzionale allo sviluppo
dell'unione economica e doganale e quindi funzionale
alla formazione di un mercato interno unico.
Occorre ora dare vita ad una nuova forma di
governabilità fondata sulla comune accettazione
di un nuovo ordinamento giuridico, dei processi
di elaborazione delle politiche da parte delle
parti sociali, e, del comportamento delle aziende
produttrici. Tali diversi fattori producono
la politica a livello europeo, con particolare
riguardo alla visione del mondo, alla partecipazione
alla gestione della cosa pubblica e di quella
privata, alla contabilità gestionale
dell'area ormai allargata a 25 paesi, alla efficacia
e all'efficienza dell'azione interna e internazionale
e quindi alla sua coerenza temporale (tale definizione
è figlia del libro bianco sulla Governabilità
pubblicato nel 2001 dalla Commissione dell'U.E.).
Non è possibile svolgere una politica
estera anche puramente commerciale se prima
non si definisce il proprio modo d'essere, particolarmente
quando ci si deve confrontare con l'altissimo
nuovo rischio rappresentato dalla criminalità,
come mai prima: frodi e truffe finanziarie a
livello planetario con l'ausilio del sistema
bancario e di revisione, il riciclaggio di denaro,
la conseguente distrazione di fondi, la contrapposizione,
la violazione di ogni tipo di diritto soggettivo
collegato ai diritti immateriali e ai diritti
connessi alla proprietà intellettuale,
la pirateria marittima e più recentemente
il crimine cibernetico e l'onnipresente terrorismo,
oltre a epocali flussi migratori.
Tuttavia, è utile non dimenticare che
l'approccio pratico voluto da Monnet ha avuto
pieno successo per la realizzazione del mercato
interno unico e in certa misura per la creazione
dell'Unione Monetaria Europea, diversamente
da altre esperienze di unioni regionali. Per
tale ragione, la Commissione futura, agendo
come braccio esecutivo dell'Unione Europea,
deve non solo immaginare le politiche ma anche
pensare nell'interesse generale dell'Europa
e arbitrare fra gli eventuali interessi in conflitto.
Sulla scorta di tale effettiva presa di coscienza,
l'Unione Europea deve innanzi tutto dare piena
applicazione al "New Neighbourhood Instrument"
al fine di consentire lo stabilimento di una
piattaforma unica "Pan Europea" che
possa proporsi al resto del mondo sulla scorta
di un progetto e modello unitario e che vada
da Casablanca a Kabul.
Infatti, non è possibile agire nell'agone
internazionale, se si continua a parlare di
"Europa occidentale", e, senza coinvolgere
i nuovi vicini dell'Est e del Sud.
Siamo davanti a una proposta di Wider Europe
che, costruendosi economicamente e politicamente
al proprio interno, in termini di stabilità
e prosperità, sia a est che a sud, provveda
ad avviare un dialogo planetario in termini
di pari dignità e non di sfruttamento.
Il dialogo fra Europa e Africa, storicamente,
giuridicamente e politicamente deve purtroppo
tener conto della perdurante esistenza della
dottrina Regan che riserva all'America il diritto
di agire a tutela dei propri interessi ovunque,
tenuto conto del fatto che le politiche fra
l'Europa e il NAFTA sono quanto meno conflittuali
in sede OMC e nei confronti delle varie realtà
planetarie.
Ne seppe qualcosa purtroppo la nobile figura
dell'Imperatore Massimiliano, ne sappiano qualcosa
i risparmiatori italiani ed europei in generale
che sull'onda emotiva dell'America clintoniana
abbiamo sottoscritto i bonds argentini, uruguagi
e brasiliani, stante il promesso impegno del
NAFTA di sostenere le economie di quei paesi.