Non è chi non veda come la Wider Europe
abbia bisogno di una politica di investimenti
diretti in entrata e in uscita fondata su un
quadro giuridico efficace e certo. Bisogna ripartite
dal fallimento della Conferenza di Cancun, sviluppando
in carenza di una piattaforma planetaria una
politica di accordi di partenariato e cooperazione
bilaterale con i singoli stati e con le organizzazioni
regionali esistenti. Certamente il processo
di crescita dei paesi dell'Africa avviene a
chiazze di leopardo in funzione della politica
di investimento delle grandi multinazionali
di diversa origine; contro cui l'Unione Europea
non può e non deve combattere. L'Unione,
invece, deve affrontare l'antico malessere dell'Africa
rappresentato dalla continua fuga dei capitali
dei ceti egemonici di qualsiasi origine verso
gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea
dei 25.
È una operazione di psicologia politica
e di credibilità nella stabilità
di un processo di crescita armonico; è
una filosofia che va ad introdurre i valori,
i principi e gli standards europei nel continente
africano. Il processo è tipico di una
politica a lungo termine, ma è fondato
sulla possibilità di compartecipare a
nuove forme di sviluppo produttivo globale senza
trascurare un comportamento soste-nibile dal
punto di vista ecosistemico (mantenimento e
sviluppo delle foreste e delle aree recuperabili
attraverso un'accurata politica delle acque)
e solidale nei confronti dei ceti più
deboli della popolazione, attraverso l'elevazione
delle misure di democrazia diretta applicata
sia in sede politica che in sede economica (scelta
della gente sulle priorità da soddisfare
e impiego degli strumenti di microcredito partecipativo
per consentire l'uscita dalla condizione di
povertà). Il rispetto dei diritti umani,
nella proposta europea, produce governabilità
e la governabilità non corrotta promuove
il rispetto del ruolo della legge e della sua
funzione anche a tutela dei diritti degli investitori
stranieri, sia di portafoglio che diretti. La
certezza del diritto consente, cioè,
la non discriminazione fra capitali di residenti
e di non residenti. Il segreto è ovvio,
il ruolo della Legge così come non deve
consentire discriminazione fra stranieri e cittadini,
non deve neanche danneggiare il produttore locale,
rispetto all'invadenza anche scientifica dell'operatore
economico straniero, trovando un modo partecipativo
per far coesistere le due componenti, in un
modello unitario di sviluppo.
In tal senso, la normativa tripartita OCSE,
OMC, MIGA che cerca la nuova via per la disciplina
multilaterale dei movimenti di capitale, dopo
la cennata "Crisi di Cancun" deve
porsi la domanda di come dare certezza ai movimenti
internazionali di capitali, senza per questo
aggravare ulteriormente il problema centrale
del mondo di oggi che è rappresentato
e costituito dalla povertà. Essa è
finalmente percepita e vista in tutta la sua
tragica dimensione, avvertita grazie alla globalizzazione
dei mezzi di informazione e comunicazione sociale
e grazie al fatto che il capitalismo trionfante
attuale per essere abbisogna sempre di più
di coinvolgere nella sua ascesa e nella sua
proposta di un modello unico di tutte le masse
del mondo.
Il socialismo ha fallito nel suo sogno di giustizia
e di progresso per la gente, lasciando le società
dell'Est europeo in uno stato di prostrazione
economica e morale, il capitalismo "trionfante"
della fine del XX secolo (e dell'inizio del
XXI) si rivela sempre più incapace di
assicurare alla maggior parte degli abitanti
dei livelli di vita "liberi e dignitosi"
(per usare una espressione della nostra costituzione).
Alle povertà endemiche del terzo mondo
a quelle sopravvenute dei paesi in transizione
si accompagna una crescente povertà "strisciante"
nelle società capitalistiche avanzate:
negli stessi USA è relativamente elevato
il numero dei senza tetto e alla crescita economica
si accompagna un incremento della disoccupazione
anche intellettuale, mentre buona parte dei
cittadini non ha accesso all'assistenza sanitaria.
In tale situazione occorre interrogarsi sulla
consistenza dei valori fondanti la democrazia
politica ed economica degli Stati Uniti, il
cui modello si vuole esportare ed imporre in
tutti gli stati del mondo anche con la forza
delle armi: quando meno della metà degli
aventi diritto partecipa alle elezioni e gli
assenti coincidono in buona parte con le classi
sociali più svantaggiate.
Sorge il dubbio che certi consistenti aspetti
del socialismo in termini di giustizia sociale
fossero idonei, che la via cinese al capitalismo
abbia una sua ragione d'essere, che il dibattito
sulla cogestione e la partecipazione alla gestione
abbia un suo peso specifico non solo germanico,
pur mantenendo viva quella formidabile forza
trainante che è la libertà d'impresa
e nel rispetto comunque del meccanismo di mercato
che ha dimostrato di essere l'unico strumento
in grado di mobilitare le risorse al servizio
della ricerca e quindi della innovazione volta
alla ricerca del profitto, funzione tuttavia
dei sempre nuovi confini dei bisogni dell'essere
umano; motivo per cui forse il liberismo tatcheriano
ha ormai raggiunto il suo limite e il pensiero
dì Lord Keynes e di Fr. D. Roosvelt incomincia
a tornare d'attualità.
Va però considerato che il mercato come
affermato, è anch'esso un'istituzione
e richiede in qualche modo delle regole, scritte
o consuetudinarie per poter dispiegare tutte
le sue potenzialità.
Può essere necessario costituire una
"weltanschaung" europea al mercato
e al capitale. Taluni la chiamano "economia
sociale di mercato" e hanno fatto propri
alcuni parametri che si possono considerare
importanti nel valutare i bisogni che il mondo
deve soddisfare, in particolare: