La criticità del ruolo dell'agricoltura
nei negoziati è da tutti riconosciuta
sin da prima dell'avvio della Conferenza di
Doha: senza un accordo sull'eliminazione dei
sussidi all'export entro una certa data, non
si può pensare di proseguire con gli
altri temi in agenda. Gli USA si dichiarano
disponibili ad una eventuale eliminazione di
tutti i sussidi e barriere all'accesso al mercato,
ma ovviamente non per tutti i Paesi ciò
è attuabile in tempi brevi. Portando
ad esempio l'UE, per poter accettare un tale
accordo, la Commissione, che è negoziatore
per i Paesi Membri, necessiterebbe di un mandato
dagli stessi di cui al momento non dispone.
Inoltre, vi sarebbe un problema di compatibilità
con la riforma Fishler della Politica Agricola
Comune, che stabilisce una riduzione progressiva
dei sussidi secondo tempi più lunghi
rispetto a quelli auspicati dagli USA.
Senza dubbio i sussidi all'esportazione rappresentano
il più forte elemento distorsivo del
commercio internazionale di cui le economie
dei paesi in via di sviluppo e quelle dei paesi
in transizione subiscono gli effetti più
negativi sulla loro capacità di esportazione.
In particolare per quei prodotti che hanno una
maggiore competitività. L'opera dello
smantellamento dei sussidi all'export ebbe inizio
con l'Uruguay Round ma ancora lunga è
la strada per il suo completamento, nonostante
rappresenti una delle poche speranze di ripresa
per il Sud America e per l'Africa.
Se non ci sarà uno stallo sul tema agricoltura,
i negoziati proseguiranno sugli altri temi:
prodotti industriali, servizi, temi di "Singapore".
Anche per questi, occorrerà una buona
dose di flessibilità delle posizioni
negoziali per ottenere un accordo equo.
In risposta alla lettera di Zoellick, l'Unione
Europea - per il tramite del suo negoziatore,
Pascal Lamy - si è detta pronta ad assumere
una posizione più flessibile, per esempio
sui temi di Singapore, così come sulle
denominazioni di origine e su alcuni prodotti
agricoli di interesse per i Paesi in via di
sviluppo, in questo ultimo caso eliminando i
sussidi all'export. Ma la flessibilità
offerta dall'UE da sola non è sufficiente
a garantire il raggiungimento di un accordo,
occorre la flessibilità di tutte le parti
negoziatrici che però al momento sembra
mancare. A queste condizioni, la ripresa concreta
dei negoziati non appare realizzabile.
In questo senso, il ruolo del G-20 e il gruppo
dei PVS la cui ferma opposizione su alcuni temi
ha portato al fallimento di Cancun, è
essenziale per la ripresa dei negoziati: il
loro contributo costruttivo su tutti i temi
in agenda - insieme ad una maggiore flessibilità
da parte dei paesi industrializzati - è
l'unica possibilità per il successo della
prossima Conferenza Ministeriale dell'OMC.
Vincenzo Porcasi
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