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La società della conoscenza

Il Consiglio europeo di Lisbona ha giustamente riconosciuto che lo sviluppo futuro a livello economico del vecchio continente dipenderà dalla sua capacità reale di creare e far crescere settori produttivi di alto valore, innovativi e basati sulla ricerca, in grado di essere competitivi con il resto del mondo.
Uno dei prerequisiti essenziali per ogni incremento della crescita produttiva in Europa è l'elevazione dell'investimento nella Ricerca e Sviluppo. Diversi studi dimostrano che più del 40% della crescita produttiva è generata dal l'investimento di risorse economiche in Ricerca e Sviluppo e che effetti strabilianti in tutte le aree dell'economia vanno di pari passo con il modo in cui il denaro viene speso. D'altro canto, la società della conoscenza è di per sé un concetto più ampio e no si esaurisce solo nella Ricerca e Sviluppo: esso riguarda ogni aspetto dell'economia contemporanea, dove la conoscenza rappresenta la questione chiave del cosiddetto valore aggiunto. Si calcola che nel futuro più del 30% della popolazione lavorativa si occuperà direttamente nella produzione e diffusione della conoscenza nel settore manifatturiero e in quello dei servizi, come nelle aziende finanziarie e in quelle del comparto creativo.

L'impiego sempre più diffuso e specializzato di tecnologie (ICT) vedrà concretizzarsi a breve la possibilità per le strutture economiche più ampie di creare un'economia e una società di rete, nonché una fondamentale ristrutturazione dei processi di lavoro.
Il successo di aziende ben avviate consiste al giorno d'oggi nel loro essere networked, ovvero nell'estensione dei contatti che esse riescono ad instaurare, nell'attenzione massima riservata alle esigenze del cliente, nella loro "agilità", e la generazione del valore risiede più nella distribuzione, nella finanza, nel marketing, piuttosto che nella trasformazione del prodotto originario.

Comunque neppure la società della conoscenza in generale in Europa, né ancora il settore tecnologico in particolare sono ancora sufficientemente forti da portare a termine la realizzazione di questa "vision"(il settore tecnologico in Europa rappresenta il 6% del valore totale dei beni e servizi prodotti in Europa (GDP) paragonato al 7, 3% degli Stati Uniti, mentre l'investimento vero e proprio nel capitale tecnologico è rimasto indietro in modo consistente (1,6% del GDP) rispetto a quello analogo americano.
Fortunatamente esistono alcuni punti di forza: l'aumento notevole di laureati in discipline scientifiche e tecnologiche nelle ultime generazioni di giovani, il buon andamento produttivo di alcuni settori quali quello aerospaziale civile, della telefonia mobile etc.

Quanto ai possibili rimedi a queste mancanze, un'altra questione da considerare riguarda il fatto che l'Europa dovrebbe ripensare la propria "capacità di attrattiva" nei confronti dei ricercatori e degli studiosi in genere, dal momento che ancora troppi di loro scelgono di lasciare il proprio paese, per vivere e lavorare all'estero, soprattutto in America. L'inconveniente relativo a questo tipo di mobilità potrebbe essere risolto sviluppando un sistema di validazione, comunemente concertata, della sicurezza della qualità nazionale e dei processi di accreditamento: ciò costituirebbe un passo importante nella direzione di ridurre gli ostacoli amministrativi alla mobilità all'interno del territorio dell'Unione, che i ricercatori continuano a dover affrontare..

Al fine di aumentare la suddetta "attrattiva", ci sono anche questioni di tipo finanziario che richiedono attenzione. Nello specifico gli Stati membri devono urgentemente fronteggiare il problema del finanziamento alle Università: se l'Europa vuole in un certo senso conquistare i migliori ricercatori del mondo, c'è bisogno di migliorare l'ambiente della ricerca nel suo complesso nonché la remunerazione da destinare a questi studiosi. Un'interazione di tipo creativo tra università, scienziati e ricercatori da un lato, industria e commercio dall'altro, risiede necessariamente nel "luogo fisico" delle università e delle aziende ed esistono a questo proposito esempi esaltanti di "città ideali"(per esempio Helsinki, Monaco e Cambridge) nelle quali tale integrazione viene realizzata in maniera eccellente.

L'importanza vitale di promuovere ricerca e Sviluppo, come requisito essenziale all'aumento della competitività europea risulta di schiacciante evidenza, ma si tratta ancora di un'operazione relativamente costosa: in questo senso dovrebbero essere incoraggiati gli incentivi economici a favore soprattutto delle piccole e medie imprese di recente costituzione, che investono nella ricerca, così come dovrebbero essere favoriti il supporto pubblico a livello nazionale e l'eventuale partnership tra il settore pubblico e quello privato. Nello stesso tempo, la commissione e gli Stati membri dovrebbero escogitare modi in cui i fondi pubblici possano essere usati per dar vita a un mercato pionieristico a favore della ricerca e della creazione di prodotti e servizi innovativi. La priorità fondamentale è rappresentata dall'implementazione di un piano di azione che estenda l'accessibilità alla "banda larga" ad almeno il 50% degli Stati membri, abbatta i prezzi e acceleri la creazione di network a banda larga, soprattutto nelle aree rurali. Ancora l'Europa ha bisogno di un quadro normativo che solleciti lo sviluppo di standard a loro volta in grado di guidare lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie all'interno e fuori dal territorio europeo: un presupposto essenziale per garantire un "ritorno" sicuro in termini di efficacia dell'investimento è inoltre la messa a punto di una serie di regole per la protezione dei diritti relativi alla proprietà intellettuale, che sia accessibile quanto ai costi soprattutto alle PMI e alle istituzioni accademiche. In modo ancora più urgente l'Unione europea dovrebbe adottare la proposta, ancora in sospeso, di brevettare le invenzioni che riguardano il mondo telematico, e, ovviamente, il brevetto comunitario.

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