ALLA
RICERCA DELLA PRODUTTIVITÀ PERDUTA:
UNA POLITICA ECONOMICA PROATTIVA PER RILANCIARE
L'ECONOMIA
"L'Italia è dunque un paese macroeconomicamente
stabile, ma microeconomicamente arretrato: la
politica pubblica dovrebbe quindi prendere un
drastico piglio strutturale, intervenendo su
tutti i principali aspetti che ostacolano o
danneggiano la nostra competitività.
È difficile intervenire su di essi, come
ha amaramente sperimentato ogni governo, e che
dietro ogni ritardo si nasconde una lobby. [..]Una
buona posizione in macroeconomia non è
sostenibile se la competitività microeconomica
è di inadeguata" 1.
Un paese microeconomicamente arretrato può
sostenere la forte competitività internazionale
nell'era della globalizzazione? Come può
un sistema-paese, adagiato per molti anni sulla
svalutazione della lira, recuperare quella produttività
perduta? Cosa possono fare le istituzioni per
rilanciare l'economia italiana?
In primo luogo è auspicabile un cambiamento
di mentalità, una vera e propria conversione
radicale circa l'uso degli strumenti di politica
economica, i quali sono stati formulati nei
primi anni del Novecento, sulle basi della teoria
economica classica e poi keynesiana. Ma l'evoluzione
dei mezzi di comunicazione, la crescente interdipendenza
dei sistemi ed il forte processo di complessificazione
degli stessi hanno radicalmente cambiato la
struttura dei sistemi economico-sociali. Se
un tempo era possibile semplificare il sistema
economico-sociale, riducendolo a un modello
statico predefinito, oggi non è più
possibile "scartare come epifenomenico
tutto ciò che non rientra in uno schema
semplificatore". Come già argomentato
2, il sistema
economico è un sistema dinamico complesso,
che si adatta ai cambiamenti interni ed esterni,
autorganizzandosi spontaneamente in livelli
gerarchi superiori, attraverso un processo di
inscatolamento progressivo. Una politica economica
incentrata su ipotesi statiche, che non tenga
conto delle dinamiche complesse della società
e dell'interdipendenza degli operatori economici,
non è più in grado di agire sul
sistema stesso. È necessario mettere
da parte politiche artificiose di finanza pubblica
creativa per dare spazio ad una vera e propria
rivoluzione microeconomica, capace di dare al
sistema quelle capacità autorganizzative,
per cui esso possa reagire prontamente a turbolenze
interne ed esterne.
Per molti anni la curva di Phillips ha esercitato
una forte influenza sui policy makers, inducendo
questi ultimi a sacrificare la capacità
di acquisto della moneta (sia all'interno del
sistema che al livello internazionale), per
incrementare il tasso di occupazione. Tale politica
è stata vantaggiosa nel breve periodo,
ma più tardi, la sua reiterazione ha
comportato la crescita delle aspettative d'inflazione,
cambiando in modo imprevedibile le attitudini
e gli obiettivi degli operatori economici. L'atteggiamento
dei governi, che ha permesso un tasso d'inflazione
effettivo superiore a quello programmato (e
inserito nei contratti), ha indotto le parti
sociali a propugnarne uno maggiore nel periodo
immediatamente successivo, dando il via così,
in alcuni casi, ad un incremento incontrollabile
delle aspettative inflazionistiche e dell'inflazione
stessa. Il risultato è stato un ritorno
allo stato di disoccupazione iniziale, se non
più alto, con un tasso d'inflazione superiore.
Dato un sistema economico, infatti, al prodotto
interno lordo PY corrisponderà una certa
quantità di moneta reale M, moltiplicata
per la sua velocità di circolazione V,
secondo la seguente formula : 3
P Y = VM,
da cui deriva facilmente che:
Y = V M/P
dove
Y = C + I + G + X-M
È facile intuire come un aumento dell'indice
generale dei prezzi P, per effetto dei saldi
monetari, fermo restando V, riduca il reddito
Y, attraverso una contrazione della spesa aggregata.
Difatti l'aumento dei prezzi genererà
lentamente ed inavvertitamente una diminuzione
dell'offerta di moneta reale (M/P) e quindi
un calo dei consumi (C), degli stessi investimenti
(I), divenuti più cari, e dell'export
netto (X-M). Tale processo, come già
anticipato, avviene lentamente ed inavvertitamente.
La recessione posta in essere da un aumento
dei prezzi (in un primo tempo inavvertito) potrebbe
essere avversata da una politica economica espansiva,
la quale in tale contesto alimenterebbe ulteriormente
il tasso d'inflazione, comportando quindi un
maggiore riduzione del reddito.
1. L. Prosperetti,
Paese stabile, non attraente, Il Sole-24 Ore,
13 novembre 2002
2. A. Savini,
Dal riduzionismo alla complessità: un
nuovo approccio al margine del caos, Il Caos
Management, Numero 14 Maggio, Roma, Gemini Europa,
2005.
3. Tale formulazione
viene esposta solo a livello qualitativo e non
quantitativo, con il semplice fine di evidenziare
le interrelazioni tra le variabili economiche,
senza dover ricorrere ad espressioni più
complesse, che il lettore a fatica seguirebbe.