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ICT, INCLUSIONE SOCIALE E WELFARE IN EUROPA: IL PROGETTO LAW.

Finanziato dalla Commissione Europea e realizzato grazie al contributo di istituti previdenziali, enti di ricerca e altre importanti organizzazioni a livello europeo, il progetto LAW (Labour Market Changes and Welfare perspectives in Europe- Cambiamenti nel Mercato del lavoro e prospettive del Welfare in Europa), presentato recentemente a Roma in occasione di una conferenza internazionale, ha avuto come obiettivo primario, nella prima fase, quello di realizzare un'analisi comparativa in molti paesi dell'Unione Europea (Francia, Germania, Italia), che ha sottolineato la nascita, nei singoli contesti, di nuovi modelli e forme di lavoro, in particolare quello atipico, ed ha ancora rilevato significativi cambiamenti, non solo nel tipo di relazione tra datore di lavoro e lavoratore, ma anche nelle caratteristiche della protezione sociale. Nel dettaglio, e in conformità agli intenti del consiglio europeo di Lisbona, il progetto ha fornito una disamina delle opportunità e dei rischi derivanti dalla diffusione di questi nuovi modelli di lavoro. Sono state individuate due principali tipologie di rischio:

-la non sostenibilità finanziaria dei sistemi di sicurezza sociale;
-la mancanza di protezione sociale per i lavoratori, che può condurre, come estrema conseguenza, all'esclusione..

Le categorie maggiormente a rischio da questo punto di vista risultano attualmente i giovani, le donne, gli immigrati, i disabili, che beneficiano in misura minore del sistema di protezione sociale, ovvero del trattamento pensionistico e di altri diritti correlati e la situazione risulta più evidente laddove il rischio aumenta in relazione a fenomeni quali la mobilità, maternità etc. La seconda fase del progetto si è invece orientata specificamente verso le questioni relative alla società dell'informazione, mirando a identificare e analizzare l'impatto sociale provocato dall'introduzione di nuove forme di impiego basate sull'uso della tecnologia. L'ingresso e la diffusione di quest'ultima in Europa è stata parte di un processo che ha accelerato la crescita di forme atipiche di lavoro, estendendo e accentuando i divario tra i cosiddetti lavoratori della conoscenza, in genere tutelati , "stabili" e con buone condizioni generali di vita e lavoratori precari, con impieghi scarsamente retribuiti anche perché poco qualificati (manuali, di pulizia etc).

Alcuni risultati del progetto (resi noti da Antonio Lettieri, presidente del CISS-Italia)

1. Contrariamente a quanto spesso si afferma, la globalizzazione non è un fenomeno nuovo, trattandosi di una tendenza storica dell'economia capitalistica. La vera novità della globalizzazione consiste nella combinazione fra apertura dei mercati e rivoluzione informatica, che ha portato a un nuovo modello di organizzazione produttiva e del lavoro. La tendenziale globalizzazione del mercato del lavoro spinge le imprese transnazionali a dislocare la produzione verso i paesi che offrono un mercato del lavoro più competitivo (elevata flessibilità, legislazione sociale debole o inesistente, bassi costi del lavoro, inesistenza o debolezza dei sindacati e della contrattazione collettiva). L'impatto della globalizzazione colpisce anche i Paesi ad alta industrializzazione, dall'Europa agli Stati Uniti, ma la ricerca Law dimostra che non si tratta di un esito fatale e che mentre la sfida della globalizzazione è comune, il modo di reagirvi può essere diverso: la flessibilità del lavoro nella società dell'informazione, infatti, può essere per un verso fonte di autonomia, creatività e crescita della professionalità, per l'altro, fonte di disoccupazione e precarietà per quelli che nel progetto sono stati individuati come "gruppi a rischio";
2. nel dibattito europeo corrente, vi è una linea di pensiero, secondo la quale, per affrontare la sfida della globalizzazione è necessaria l'adozione di "riforme strutturali", basate sulla liberalizzazione del mercato del lavoro e la riduzione dei costi del welfare..In altri termini una linea neoliberista in contrapposizione al vecchio modello sociale europeo. La ricerca mostra al contrario che vi sono Paesi che coniugano elevati standard di competitività nei mercati mondiali con un'elevata protezione del lavoro e alti livelli di spesa sociale, il che è indice che la società dell'informazione, se accompagnata da adeguate misure politiche, è in grado di offrire un quadro di sviluppo economico e di benessere sociale: elevati livelli di occupazione, un'organizzazione del lavoro che favorisce la compatibilità fra lavoro e vita privata, consentendo una forte presenza femminile nel mercato del lavoro;
3. la ricerca indica anche che in Paesi afflitti da un'elevata disoccupazione (Germania, Francia, Italia) il problema non sta necessariamente nella mancanza di flessibilità del mercato del lavoro (la dimensione delle nuove forme di lavoro definite atipiche non cambia rispetto alla media europea), ma nell'insufficienza della crescita e, in alcuni casi, nei profondi divari regionali. Adeguate politiche di sviluppo e di innovazione- di cui è parte l'intensificazione e la diffusione dell'ICT- a livello nazionale e dell'Unione europea possono costituire la base per vincere la sfida della globalizzazione, senza rinunciare alle caratteristiche fondamentali di quello che, con tutte le sue differenze interne, si usa definire modello sociale europeo.

Per ulteriori informazioni: www.law-project.org


Donatella L.M. Vasselli