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Il D.lgs 231/2001 e la responsabilità amministrativa societaria: obiettivi e benefici dell'adozione di un Modello di organizzazione e di gestione.


Il Decreto Legislativo n. 231 dell'8 giugno 2001 "DISCIPLINA DELLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE, DELLE SOCIETÀ E DELLE ASSOCIAZIONI ANCHE PRIVE DI PERSONALITÀ GIURIDICA", ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano un regime di responsabilità amministrativa, assimilabile nella fattispecie alla responsabilità penale, a carico di tutti quegli Enti forniti di personalità giuridica nonché alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Tale responsabilità è riferibile ad alcuni reati commessi, nell'interesse o vantaggio degli Enti, da:

  • persone fisiche che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione all'interno degli Enti stessi o di una loro unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale;
  • persone fisiche che esercitino, anche di fatto, la gestione e il controllo degli Enti medesimi;
  • persone fisiche sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.

In definitiva, quindi, la responsabilità è riferibile a tutti quei soggetti che, all'interno degli Enti, si trovino in posizione apicale.
Tale responsabilità, dunque, si va ad aggiungere a quella della persona fisica che ha commesso materialmente l'illecito mirando in tal modo a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli Enti e, in definitiva, gli interessi economici dei soci, i quali, fino all'entrata in vigore del suddetto decreto, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi da amministratori e/o dipendenti.

La tipologia dei reati previsti in origine dal decreto e cioè quelli commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (ad es. indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico, corruzione per un atto d'ufficio, istigazione alla corruzione, concussione, ecc.) è stata in seguito ampliata con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 11 aprile 2002 n. 61 che, nell'ambito più ampio della riforma del diritto societario, ha esteso la responsabilità amministrativa degli Enti anche nei confronti dei così detti reati societari (ad es. false comunicazioni sociali, falso in prospetto, impedito controllo, aggiotaggio, ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, ecc.).

Le sanzioni previste dal decreto sono numerose. Tra le più gravi vi sono le misure interdittive che prevedono, tra l'altro, la sospensione o la revoca di licenze e concessioni, il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, l'interdizione dall'esercizio dell'attività, l'esclusione o la revoca di finanziamenti e contributi, il divieto di pubblicizzare beni e servizi.

L'innovazione normativa, come si evince, è stata dunque di grande portata in quanto né l'Ente né i soci delle società o associazioni possono dirsi estranei al procedimento penale per reati commessi a vantaggio o nell'interesse dell'Ente stesso. Considerato ciò e considerata l'attualità degli argomenti trattati dal decreto, anche in relazione agli scandali finanziari internazionali e non degli ultimi anni, e vista la gravità delle sanzioni potenzialmente comminabili, è evidente quanto la tematica trattata sia di estrema delicatezza nonché interesse per tutti gli Enti o imprese che ricadono nell'ambito di applicazione del decreto.

Come può dunque un Ente tutelarsi ed evitare di incorrere nelle sanzioni previste dal decreto in caso di illeciti amministrativi dipendenti da reato?
È lo stesso decreto legislativo a, per così dire, venire incontro alle imprese e a prevedere una forma di esonero dell'Ente dalla responsabilità amministrativa.
Per far ciò l'Ente deve essere in grado di dimostrare, tra l'altro, che prima della commissione del reato l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Ma cosa sono e qual è il fine ultimo di tali modelli?

La definizione è contenuta all'interno dello stesso decreto che stabilisce quali devono essere i criteri a cui i modelli devono necessariamente rispondere:

a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

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