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DALLA COMUNICAZIONE PIANIFICATA ALLA
COMUNICAZIONE TOTALE
Una delle immagini che vengono utilizzate più
spesso per descrivere un'organizzazione corrisponde
a quella di un organismo che si muove nel suo
ambiente, come una persona che cammina ed incontra
conoscenti ed estranei ed ha uno scambio con loro;
il modo in cui la comunicazione funziona è
molto simile e si svolge sempre a vari livelli,
perché gli interlocutori sono molti ed
ognuno con un suo modo di vedere il mondo.
Due persone che parlano, l'una davanti all'altra,
sembrano scambiarsi, a prima vista, soprattutto
parole, mentre, osservando più attentamente,
è facile rendersi conto di come i gesti
e il tono della voce giochino un ruolo centrale
nella comprensione reciproca.
È evidente a tutti che quando si comunica
e si sceglie un canale in particolare, questo
non costituisce affatto l'unico veicolo attraverso
cui passano i messaggi, come nel caso precedente.
La ricerca scientifica che viene spesso citata
per spiegare questo fenomeno, ci dice che soltanto
il 7% di quello che si comunica proviene dal significato
delle parole, mentre il 38% deriva dal tono della
voce e il 55%!!!! dal cosiddetto linguaggio del
corpo.
Quando due persone parlano, pur condividendo lo
stesso codice, la stessa lingua per intenderci,
non sempre riescono a capirsi veramente, non sempre
le esperienze e i pensieri riescono a passare
dall'uno all'altro mantenendo il loro significato
e questo avviene perché ognuno di noi ha
una sua visione della realtà che lo circonda,
ognuno di noi interpreta le informazioni che gli
arrivano attraverso il proprio schema mentale
e anche le persone che si sforzano di avere la
mente aperta alle novità, inseriscono le
nuove informazioni nella propria mente come dei
nuovi pezzi in un puzzle.
Dall'esperienza quotidiana, e non soltanto quella
di carattere professionale, capiamo che per comprendere
veramente qualcuno che ci descrive un sentimento
o qualcosa che ha fatto, non basta ricordarci
il momento in cui anche noi abbiamo vissuto qualcosa
di simile, ma è essenziale calarsi nella
mente dell'altro, per capire perché qualcosa
è importante per lui e perché qualcosa
gli piace o gli fa paura.
Spesso si pensa di comprendere qualcosa soltanto
perché si ha in mente la nostra esperienza
al riguardo, ma non basta, perché per capire
chi si ha di fronte non ci si può limitare
alla propria rappresentazione della realtà,
ma soprattutto di quella della persona che abbiamo
davanti.
Se la comunicazione più semplice, come
quella tra due persone, è in realtà
così complessa, proviamo ad immaginare
cosa avviene quando a comunicare è un'organizzazione,
all'interno di un contesto in cui si muovono altre
organizzazioni e individui.
Evidentemente può sembrare più difficile,
ma il meccanismo fondamentale per cui la comunicazione
funziona ed è efficace rimane lo stesso
e cioè non basta avere chiaro cosa si vuole
dire, come si vuole incidere sugli interlocutori
e quali messaggi trasmettere, ma è necessario
avere sufficiente flessibilità per immergersi
nell'ambiente, capire cosa è importante
per i propri interlocutori e cosa gli piace.
Qualche mese fa, un'importante impresa straniera
ha realizzato una campagna di comunicazione imponente,
spendendo milioni di dollari, "invadendo"
un gran numero di mezzi di comunicazione, dai
giornali alla televisione, per lanciare un prodotto
piuttosto rivoluzionario, all'avanguardia tecnologicamente
e apparentemente molto affascinante; tutto sembrava
costruito molto bene e da professionisti di alto
livello, ma i risultati non sono stati adeguati
alle aspettative e questo perché quello
che veniva proposto ancora non assecondava ancora
le esigenze dei potenziali clienti, nel senso
che si dimostrava troppo avanzato, e se anche
fosse servito, non offriva garanzie adeguate di
assistenza; in sostanza, la sensazione che ne
scaturivai era: "bello, magari tra qualche
mese lo compro, ma se sarà migliorato il
servizio clienti". Nel frattempo, però,
possono venire fuori altri concorrenti e il proprio
lavoro va in fumo.
Dunque grandi investimenti, grandi professionisti,
ma risultato non brillante; può capitare
quando si pensa ad un prodotto e si cerca di lanciarlo
senza prima essersi "immersi" nel mercato,
comprendendo aspettative ed esigenze, cosa incontra
i gusti dei clienti e cosa dà loro sicurezza.
Quando apriamo un manuale sulla comunicazione,
magari per migliorare il modo di dialogare con
i clienti o di presentare i prodotti dell'azienda,
troviamo numerose indicazioni su come realizzare
un piano di comunicazione e tutti i passaggi da
compiere.
Prima di tutto occorre avere ben chiara la strategia
dell'azienda e i suoi obiettivi, poi individuare
il target e cioè il pubblico a cui indirizzare
il messaggio, studiare il messaggio stesso e trovare
il canale più efficace attraverso cui veicolarlo,
quindi decidere quanto spendere, quale strumento
usare e quante volte ripeterlo.
Questo schema mentale è senz'altro utile
per aiutarci quando dobbiamo realizzare un'attività
piuttosto importante, che richiama la maggior
parte delle nostre energie, ma nel nostro mondo,
dove in ogni mercato si affronta un numero sempre
crescente di concorrenti e in cui se non si comunica
costantemente si viene dimenticati molto in fretta,
non si può avere il tempo di progettare
ogni attività nei dettagli, sarebbe utopico
e controproducente.
Nel nostro mondo, non basta essere bravi e precisi
in ciò che si fa, ma occorre avere il tempo
giusto, prendere decisioni rapide, perché
rapidamente cambia il contesto in cui ci muoviamo.
Se riflettiamo su cosa vuol dire target nella
comunicazione e lo confrontiamo con quello del
marketing, capiamo facilmete che cosa è
profondamente diverso; mentre il marketing si
rivolge pricipalmente a chi compra, la comunicazione
ha come obiettivo chi influenza l'acquisto e quindi
l'esempio più semplice ci porta ad una
comunicazione a tre livelli: comunicatore, chi
riceve il messaggio e ha potere di influenza e
acquirente.
La comunicazione, quindi, si svolge a vari livelli,
i destinatari sono numerosi e i messaggi sono
profondamente diversificati. Ma, se questo sembra
condurre il comunicatore professionista ad un
"panico da pianificazione", dove le
numerosissime attività devono essere preparate
in modo dettagliato e con uno schema preciso,
dall'altra ci insegna che la cosa più importante
nella comunicazione non è avere dei bei
piani, quanto riuscire a diffondere i propri messaggi
a vari livelli, perché è in vari
contesti che si trova chi ha potere di persuasione
nei confronti di chi acquista un prodotto.
Per questo l'attività principale di chi
si occupa di comunicazione è di diffondere
e far diffondere il proprio messaggio, attraverso
uno studio attento dell'ambiente in cui si agisce
e soprattutto del punto di vista di chi riceve
il messaggio e per far questo non basta studiare,
occorre fare molta esperienza, perché per
capire come si comportano gli esseri umani e come
reagiscono agli stimoli dell'ambiente, bisogna
prima di tutto aver imparato ad ascoltare ed osservare
e averlo fatto molte volte.
Simone Piperno
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