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LA QUALITA' DELLE OPERAZIONI DI RESTAURO
1. PREMESSA
Negli ultimi decenni un'attenzione sempre maggiore
è stata rivolta alle problematiche inerenti
alla conservazione e alla tutela dei beni culturali.
Già nel 1967 la stessa definizione di "bene
culturale" quale: "testimonianza materiale
avente valore di civiltà e strumento di
umana elevazione", data dalla Commissione
di indagine per la tutela e la valorizzazione
del patrimonio storico, artistico, archeologico
e del paesaggio (nota come "Commissione Franceschini",
dal nome del suo Presidente), spostava l'attenzione
sulla matericità dell'opera d'arte.
Nel 1963, infatti, Cesare Brandi nella sua "Teoria
del restauro", definiva quest'ultimo come:
"il momento metodologico del riconoscimento
dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica
e nella sua duplice polarità estetica e
storica, in vista della sua trasmis-sione al futuro",
aggiungendo: "... pertanto, se dal punto
di vista del riconoscimento dell'opera d'arte
come tale, ha preminenza assoluta il lato artistico,
all'atto che il riconoscimento mira a conservare
al futuro la possibilità di quella rivelazione,
la consisten-za fisica acquista un'importanza
primaria".
Nella "Carta della conservazione e del restauro
degli oggetti d'arte e di cultura" del 1987,
che aggiorna le istruzioni date dalla precedente
Carta del 1972 (di ispirazione "brandiana"),
si ritrovano le seguenti definizioni: - restauro:
intervento che mira a restituire all'oggetto la
relativa leggibilità e l'uso;
- conservazione: assicura una durata illimitata
alla configurazione materiale dell'oggetto considerato;
- manutenzione: atti ricorrenti rivolti a mantenere
le cose di interesse culturale in condizioni
ottimali di integrità e funzionalità
specie dopo interventi particolari di conservazione
o restauro;
- prevenzione: insieme degli atti di conservazione
sull'oggetto considerato e sulle condizioni
del suo contesto ambientale;
- salvaguardia sull'oggetto: provvedimento
preventivo che non implica interventi diretti.
Nella Carta del 1987 si specifica, inoltre,
che i provvedimenti di conservazione si riferiscono
sia alla salvaguardia dell'oggetto sia alle condizioni
del contesto ambientale.
Tanto che Antonio Paolucci, pressappoco negli
stessi anni, definisce la tutela dei beni culturali
come: "la difesa degli insiemi storico-culturali.
Tutelare un insieme vuol dire conservarlo non
solo nell'integrità fisica degli elementi
che lo costituiscono, ma anche nel sistema di
relazioni che lega i singoli elementi tra loro,
e conservarlo nel valore simbolico che storicamente
lo ha caratterizzato" [1-3].
2. CONTROLLO DI QUALITA' NEL CAMPO DEL
RESTAURO
Oggi di fronte al crescente degrado del patrimonio
culturale, risulta evidente l'importanza di un
approccio scientifico alla conservazione.
Poiché un qualsiasi intervento, che viene
effettuato sul manufatto e/o sull'ambiente, va
ad influire sull'equilibrio dinamico che si è
instaurato all'interno del "Sistema: Manufatto-Ambiente",
risulta necessario definire un codice di comportamento
diretto al miglioramento della qualità
dell'ambiente in cui si opera e, contemporaneamente,
effettuare il controllo di qualità nell'intero
settore dei beni culturali, evidenziando così
lo stretto collegamento fra manufatto
e ambiente [4-7].
Da quanto detto, si evince che oggetto del controllo
di qualità nel settore dei beni culturali
devono essere (fig. 1):
- le materie prime impiegate per gli interventi
tecnici di restauro, manutenzione e conservazione
(materiali originari e/o impiegati nei precedenti
interventi) (1);
- i prodotti finiti utilizzati per gli stessi
interventi (2);
- l'ambiente in cui opera il tecnico (laboratorio
o cantiere);
- l'ambiente di conservazione (in cui si trova
ad essere anche il fruitore);
- il manufatto su cui si interviene;
- gli stessi interventi tecnici.
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