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I processi atmosferici, d'altra parte, sono estremamente vari e complessi, in quanto comprendono fenomeni limitati e di breve durata (come temporali e trombe d'aria) e fenomeni estesi per migliaia di chilometri, stabili per alcuni giorni o mesi (gli anticicloni interessano aree vaste quanto l'Europa e permangono per settimane; i sistemi monsonici impegnano oceani e continenti per mesi). Per rappresentare l'atmosfera nel momento in cui leggete questa pagina, sono necessari 6 milioni di numeri e questo comporta i problemi connessi alle misurazioni. Gli strumenti a terra sono molto accurati, ma le sonde in quota possono rilevare la temperatura con un errore di un grado; i satelliti pagano lo scotto di sondare spazi altrimenti irraggiungibili con errori anche di 2 gradi.

L'effetto farfalla (l'espressione metaforica della Teoria del Caos), in conclusione, sottolinea come nella maggior parte dei sistemi biologici, chimici, fisici, economici e sociali, esistano degli elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, interagendo fra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effetti catastrofici. Questi elementi, e perché trascurati, e perché imprevedibili, e perché non individuabili, costituiscono il dilemma del nostro secolo giacché, come abbiamo visto, possono condurci a conclusioni errate.

Spesso, ad esempio, per spiegare il comportamento di un sistema (la crescita della popolazione, l'eutrofizzazione delle coste marine, le variazioni climatiche, ecc.), si ricorre ad un modello. Un modello è una riproduzione semplificata della realtà, ossia un'astrazione che considera solamente le principali caratteristiche di quello che è il reale oggetto di studio. Tuttavia, un modello, sebbene possa sembrare limitato, in quanto non riproduce completamente la realtà, permette di esaminare gli aspetti più importanti di un problema. E non è poco: se considerassimo tutti i dettagli di un problema, ottenendo quello che si definisce una simulazione (come quella meteorologica), ci troveremmo ad affrontare un insieme di dati difficilmente correlabili tra loro e quindi la loro analisi ci sarebbe impossibile o di utilità limitata all'analisi di brevi periodi, come appunto per le simulazioni climatiche.

Certo, come abbiamo visto, un modello non può offrire garanzie di sicurezza assoluta. Ma è comunque un indispensabile strumento per il progresso della scienza e della tecnologia. Per convincersene, basta pensare che l'uso di un modello è del tutto naturale. Ad esempio, quando uscite di casa per recarvi al lavoro o per una gita, vi formate mentalmente l'idea del percorso che seguirete, con la sosta per il giornale, per il caffè, per la benzina, ecc. Ma certo non prendete in considerazione la possibilità che un condor atterri sul tetto della vostra auto!

Tuttavia, un conto è riprodurre, con tutti gli imprevisti e le semplificazioni che esso comporta, un sistema naturale (come ad esempio è stato fatto con l'ambizioso progetto di Biosphere 2), un conto è intervenire su alcuni elementi di un sistema. Accettata l'impossibilità di superare i limiti imposti dalla nostra rappresentazione della realtà, diventa cruciale sostituire gli indugi dettati da una paranoica suggestione da effetto farfalla con l'azione. Abbiamo davanti il problema della sovrappopolazione, dell'inquinamento, dell'effetto serra, ecc. Certo, si può discutere, pianificare, aspettare; ma intanto il tempo passa. E forse, "poi" sarà troppo tardi. Così, per esempio, quando a proposito dell'effetto serra, dissertiamo se l'aumento della temperatura nella biosfera sia legato all'aumento del biossido di carbonio o piuttosto sia il contrario (v. articolo del prof. Zichichi - sezione spazio degli ospiti), facciamo un uso inappropriato dei modelli climatici: i loro risultati non contemplano il temporeggiamento!

C'è un esempio che viene spesso ricordato per visualizzare il drammatico trascorrere del tempo. Supponete di curare un laghetto dove crescono delle ninfea che ogni giorno duplicano sé stesse: se potessero svilupparsi liberamente, coprirebbero completamente il laghetto, poniamo in cinque giorni, soffocando tutte le altre forme di vita presenti nell'acqua. Si può ovviare al problema tagliando le ninfee e controllandone continuamente la crescita, ma prima del quarto giorno, perché allora rimarrà un solo giorno per salvare il laghetto!


copyright Marcello Guidotti, 2001
Questo articolo, ripreso da: M. Guidotti - "L'effetto farfalla" - Il Contemporaneo, gennaio 1994; e poi riadattato da: L'uomo, la Scienza e... i Media, può essere liberamente pubblicato su qualsiasi supporto o rivista, purché con limitati adattamenti e con citazione della fonte e l'indirizzo di questo sito.

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