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MOBBING E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: QUALI PROSPETTIVE
Dal punto di vista delle sue caratteristiche
peculiari, ovvero quelle degli effetti negativi
sulla salute psico-fisica dell'individuo che la
subisce, ma anche, più in generale, della
degenerazione delle relazioni umane, regolate
in genere da fattori di interesse e dal fattore
sentimento e dalla conseguente disgregazione dell'ambiente
lavorativo, l'intervento che ci si propone, rispetto
al mobbing, deve tener conto di diversi fattori
e, per risultare efficace, prevedere una sorta
di "cura preventiva" dei medesimi: esiste
una stretta relazione tra le vicende di un contesto
macrosociale e macroeconomico e la situazione
in cui si sviluppano le dinamiche del macrocosmo
nel quale il mobbing si produce. Per esempio.
- la competizione esasperata tipica di quella
che viene definita la fase del "turbocapitalismo";
- il trasferimento del sistema di relazioni
sociali dal piano dei diritti al piano dei rapporti
di forza;
- l'individuazione di un modello che concepisce
la competizione come la chiave attraverso la
quale costruire qualunque soluzione possibile
ad un problema, in base all'attuazione del principio
della forza piuttosto che quello della competenza,
che finisce con il racchiudere in sé
la nozione stessa di efficienza, per cui ciò
che è forte diviene per definizione efficiente.
E' in un contesto del genere che il mobbing
si fa strumento di allontanamento, di selezione,
di frammentazione dell'unità dei lavoratori
e delle lavoratrici, di indebolimento dell'autorevolezza
sindacale, forma moderna e degradata di sfruttamento.
Alcune possibili soluzioni:
1) in primo luogo la definizione di possibile
percorsi formativi rivolti alla gestione di
chi si occupa della gestione della prevenzione
all'interno delle imprese. Nella realtà
attuale del lavoro, infatti, spesso le potenzialità
di conflitto e discriminazione vengono aumentate
dal subentrare del "nuovo", i rappresentanti
sindacali, così come pure la parte datoriale
(quest'ultima che si aggiunge al "vecchio",
per cui è necessaria la capacità
di dialogare con l'una e l'altra realtà
e non solo con una parte di essi;
2) secondariamente l'informazione indirizzata
a coinvolgere le istituzioni, gli operatori
della prevenzione, le strutture sindacali e
gli stessi lavoratori, in quanto l'obiettivo
non è quello di promuovere una generica
assistenza o solidarietà, ma da un lato
nel riconoscere e nel fare emergere domande
e disagi legati alla vita concreta del lavoratori
e alle loro difficoltà, dall'altro nello
stimolare la disponibilità di soggetti
motivati e culturalmente preparati ad interpretare
la domanda di socialità dei lavoratori;
3) in terzo luogo, fermo restando il fatto che
il primo passo verso una strategia di difesa
è indubbiamente la presa di coscienza
dell'esistenza del fenomeno stesso e delle sue
dimensioni e gravità, da parte dei lavoratori
ma anche dei rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza , dei rappresentanti sindacali,
della parte datoriale (quest'ultima in particolare
dovrà prendere atto di come il fenomeno
influisca molto negativamente sul funzionamento
e sulla produttività dell'azienda.
L'azione preventiva , di cui si era accennato
prima, dovrà essere svolta dalla contrattazione
collettiva e dell'introduzione di codici
di buone prassi e da accordi specifici
aziendali, nei quali siano contenuti delle indicazioni
di comportamenti considerati illegittimi con l'impegno,
da parte del datore di lavoro, ad intervenire
sull'organizzazione del lavoro e per prevenire
questi comportamenti e informare tutti i dipendenti
delle misure concordate per la prevenzione dei
comportamenti identificabili come mobbing e dei
provvedimenti disciplinari previsti.
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