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È questa la Sardegna, non la meta per le vacanze estive, ma un patrimonio d'arte e storia e natura che affonda le sue radici in un tempo lontano e al contempo ancora presente in ogni pietra, in ogni gesto, una terra da amare, da scoprire e riscoprire, sempre …
Non per tutti però …

Circa sei o forse sette anni fa, insieme ad alcuni amici, ho scoperto una terra nella mia terra che non conoscevo, che non pensavo esistesse: con la macchina, ci addentrammo nelle strade strette e tutte curve incastrate fra alcuni massicci ricchi di vegetazione mediterranea del sud dell'isola. All'inizio il paesaggio era quello tipico a noi familiare, ma man mano che si procedeva, ci sembrava di entrare in una nuova terra e, in silenzio e con una cautela quasi riverenziale, osservavamo il nostro intorno incantati da tanta immensità.
All'improvviso, le montagne si dischiusero ed iniziammo la nostra discesa: la strada, da asfaltata, divenne impervia, sabbiosa e, il nostro passare lasciava una scia di polvere nebbiosa che sembrava chiudere il mondo alle nostre spalle. Dopo qualche chilometro intravedemmo i resti di quello che in passato doveva essere un villaggio di minatori con le baracche in rovina e le case degli ingegneri ancora alte e severe fra le querce e gli olivastri. Passammo sotto un arco, a cavallo del quale vi era una costruzione, l'antico palazzo della direzione, con le finestre dalla forma delle guglie delle chiese. Poco più avanti, intravedemmo la torre del primo pozzo di discesa; ci avvicinammo. Arrugginita, ma ancora imponente, dentro un capannone semidistrutto, vi era la struttura portante dell'ascensore che i minatori utilizzavano per immergersi nell'abisso della terra; lì vicino, i resti dell'antica ferrovia che portava il piombo e lo zinco fino al mare, e poi altri pozzi, gli sfiatatoi a livello stradale, i carrelli rovesciati, l'antica centrale elettrica ed il lavatoio con le baracche del dopo lavoro.
Per un attimo chiusi gli occhi e mi trasferii con la mente in quel luogo più di cento anni fa. Sentii la campana del cambio di turno e vidi risalire dalle viscere del tempo i corpi neri e silicotici di giovinetti accecati dall'improvviso bagliore del sole.
Il belare di una capra selvatica spaventata dalla nostra intrusione in quello che era divenuto, ora, il suo regno, mi distolse da quel pensiero.
La strada era costeggiata per tutta la sua lunghezza da un rigagnolo d'acqua, il cui fondo terreno era bianco, tale da far sembrare l'acqua color del latte, facendo apparire ancor più irreale il nostro intorno.
Sulla sinistra, all'improvviso, un vecchio cancello di ferro delimitava l'ingresso ad una colonia penale dove ancora qualche carcerato allevava poche bestie e coltivava i frutti che riescono a crescere in questa impervietà.
Ai lati del nostro cammino, ben presto, apparirono le dune di sabbia, immense, di un senape chiaro, confuse con i cespugli di mirto profumato. Esse preannunciavano l'arrivo al mare che ci apparve in tutto il suo splendore, regale e minaccioso, quasi a dire di non violare la purezza delle sue sponde. Sulla riva vi erano i resti dell'antico molo della ferrovia, un'enorme àncora semi insabbiata e poi la spiaggia sconfinata sbattuta dalle onde immense del maestrale.

Sono tornata a Piscinas la scorsa estate: il rigagnolo latteo era quasi scomparso sotto la vegetazione ed il suo fondo era diventato rugginoso; la strada che ci portava al mare era sempre sterrata, ma assomigliava al raccordo anulare nelle ore di punta. In prossimità della spiaggia c'era un parcheggio a pagamento, poi un chiosco di bibite e panini, i soliti venditori ambulanti ed una "bellissima" passerella in legno che portava fino alla riva. Ah, dimenticavo, vi erano tre file d'ombrelloni.
Sensazioni … rabbia, sconforto, nostalgia …

Eppure è ancora Sardegna, austera, disarmante per la sua bellezza e ingenuità, un paradiso che va salvaguardato e rispettato, "… un luogo dove vivere, una terra per sognare. Un piccolo errore di Dio, che si è pentito d'averla schiacciata lasciandole la caratteristica forma di sandalo e che l'ha poi riscattata col suo bacio. Grazie al quale le ha trasmesso l'anima".

M. Caterina Ledda

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