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Nell'impresa "sapiens" (organizzazione/sistema intelligente) è fondamentale rendere operativa la strategia. In questo senso diviene fondamentale la misurazione dell'intangibile ovvero di quelle informazioni "soft" quali l'incremento dell'apprendimento o della soddisfazione del Cliente. Tuttavia il management, spesso, da più valore a una ricerca di marketing che evidenzia la perdita di quote di mercato (segnali forti) piuttosto che ad una serie di informazioni provenienti da conversazioni con i Clienti (segali deboli). Con la differenza che queste ultime ci possono davvero aiutare a tastare il "polso" della situazione ed a rendere operativa la strategia mentre il primo dato (perdita quota di mercato) come tutte le informazioni aggregate, rischia di attivare delle strategie scollate dalle reali esigenze operative. Proprio perchè le strategie sono, per definizione, delle entità dinamiche, non possono basarsi solo sui dati aggregati che sono il frutto di dati storici e poco ci dicono sulle parti che le compongono. La mancata valorizzazione e interpretazione dei segnali deboli è uno dei motivi, studiato anche da Norton e Kaplan, che rende inattuate o teoriche gran parte delle strategie aziendali. L'organizzazione che vuole davvero "fare la svolta", deve essere convinta che il valore della conoscenza aumenta all'aumentare delle persone che la condividono. Siamo, infatti, in un'era di abbattimento del valore dell'informazione (over information age) poiché questa è disponibile in tempo reale in tutto il mondo e in quantità enorme (migliaia di miliardi di byte..decine e decine di terabyte). Il suo costo diventa effimero. Non a caso le grandi società che facevano delle informazioni commerciali il loro "core business" (come la Dun & Bradstret, SEAT ) hanno dovuto differenziare e diversificare la loro offerta per rimanere competitive. Le organizzazioni possiedono informazioni addirittura in maniera eccessiva. Si stima che ogni 5 imput informativi tre ne vadano persi. Il reale vantaggio competitivo di un'organizzazione è dato dal valore della conoscenza".


La conoscenza attinge alle informazioni ma è realmente (e solamente) generata dall'intelligenza unita alla cultura delle persone. Ecco perché l'economia della conoscenza è costituita da "attori" (le organizzazioni formate da individui) che hanno la capacità di combinare e commercializzare il know how. Ciò vuol dire che per competere le aziende devono saper sfruttare immediatamente le informazioni e trasformarle in comprensione/giudizio e azione. L'azienda si basa su know how che la distingua dai concorrenti e non su informazioni disponibili per tutti. Ma occorre sbarazzarsi di alcune incrostazioni concettuali, quali il classico concetto della concorrenza. Abbiamo sempre studiato la concorrenza come un fenomeno destinato ad erodere i profitti delle aziende di un certo mercato. Infatti la concorrenza si manifesta, secondo l'accezione classica, quando si realizza un vantaggio competitivo; la compresenza di più imprese che forniscono la medesima soluzione assorbe l'iniziale vantaggio. Ma nell'economia della conoscenza la concorrenza si manifesta in un altro modo. Il fatto è che obiettivamente difficile imitare la gestione lo sviluppo e l'armonizzazione di asset intangibili ovvero della conoscenza. Chi riesce a creare innovazione, tramite la valorizzazione della conoscenza, è in grado di "crearsi" un proprio mercato (o una nicchia del medesimo) e ad ottenere un vantaggio competitivo finchè non sopravviene un altro attore che è in grado di creare un nuovo mercato più attraente del nostro . Si pensi ai microchip che hanno sostituito i transistor. Un esempio che ci riguarda da vicino potrebbe essere l'apprendimento a distanza che sostituisce la classica formazione in aula. Ecco una caratteristica della nuova accezione di concorrenza: la concorrenza "vincente" non avviene sul proprio mercato ma attraverso un'invenzione, un'idea, un business che si sostituisce al proprio (videoconferenze che si sostituiscono ai viaggi di lavoro).

Gli asset intangibili sono beni radicati negli individui che formano l'organizzazione. Non esiste una conoscenza dell'organizzazione ma solo una capacità di guida della medesima. L'organizzazione non ha conoscenza la può solo ispirare. La conoscenza possiede la caratteristica della non sottrattività, ovvero arricchisce chi la riceve senza impoverire chi ne fa dono. E' solo una conoscenza radicata nell'organizzazione (ma non dell'organizzazione) che consente alla medesima di "essere pronta" al domani piuttosto che prevederlo (vista la fallacità delle previsioni aziendali). L'organizzazione in grado di guidare la conoscenza è capace di porre le coordinate per muoversi in uno scenario competitivo che è più un paesaggio con nebbia che una foto da satellite con cielo sereno.

Esempi dello spostamento del valore dai beni "hard" a quelli "soft" (assett intangibili):

1) Alan Greenspan (Federal Reserve) rileva che il PIL USA espresso in tonnellate di beni prodotti, si è ridotto del 5% dal 1977 ad oggi. D'altra parte il suo "valore" è cresciuto da 8,7 dollari per unità di peso a 14,7 dollari. Insomma si è passati da beni "pesanti" a beni "pensanti".
2) Dall'analisi della bilancia dei pagamenti USA l'export di più alto valore è intangibile. Si tratta di royalty, licenze e brevetti per 41 miliardi di dollari (solo 30 mld vale quello del settore aereospaziale).

Alessandro Monti

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