HOME
Sommario
Le Vostre Domande
News
Keywords
Archivio Rivista
Il Vostro Contributo
La Redazione
Teleconferenza
Archivio Notiziario
Chat
Link
 
 
 
       
       
   

La nuova politica dei Fondi Strutturali è tesa a nuovi obiettivi, i vincoli di spesa ed i ridotti tempi di attivazione della spesa programmata sono gli indicatori che il bilancio comunitario, alimentato dai bilanci nazionali, non può permettersi immobilizzazioni finanziarie dovute alle incapacità gestionali delle singole amministrazioni regionali e locali.

La situazione di politica economica che si è prodotta appare, quindi, in contrasto con se stessa, in una sorta di schizofrenia che allontana il Paese reale dalle scelte politiche, tuttavia ancorate a modelli economici sociali giudicati troppo onerosi in un contesto commerciale globale dove i margini di guadagno, soprattutto sui beni di prima necessità e di normale uso quotidiano, tra questi possiamo collocare anche l’automobile, tendono a restringersi sempre più in basso fino a coprire solo normali costi di capitale e senza lasciare ulteriori spazi per gli investimenti in innovazione e sviluppo.

Pertanto, la logica dei banchieri centrali è quella di impedire l’aumentare delle spese “improduttive”, legate essenzialmente alla spesa sociale, a favore di spese mirate alla competitività generale del Sistema Paese cui appartengono, in una logica politica monetaria. Tale logica per sua stessa natura, è di tipo macroeconomico e lascia che gli effetti microeconomici rimangano legati alle scelte del consumatore rispetto alla graduatoria di importanza che esso attribuisce ai propri bisogni personali.

In questa fase avviene, di fatto, lo scollamento tra paese reale e politica.

I banchieri centrali ragionano in un modello di economia liberista governata dalla politica monetaria come strumento per liberare risorse, il mondo della politica ragiona sui bisogni contingenti del cittadino che sono molto più legati ai bisogni di garanzia della pensione, del posto di lavoro, della sanità, ecc., tutti fattori costosi, anche in presenza di modelli gestionali efficaci ed efficienti, che gli attuali livelli di PIL non riescono a sostenere ed a sopportare in nessuno dei 25 Stati europei e meno ancora in quelli più industrializzati e più popolati.

Il problema dell’Europa è sostanzialmente questo: a livello macroeconomico si dice: “aumentiamo le esportazioni e riduciamo le importazioni, rendiamoci più competitivi”, ma a livello microeconomico i costi delle importazioni di materie prime agiscono sempre più prepotentemente sul prezzo finale al consumatore; per cui il paniere di spesa delle famiglie deve essere compensato: se aumenta la spesa per la benzina devo diminuire le spese per le camicie, o quelle per l’istruzione, quindi agisco sui livelli di consumo dei beni prodotti all’interno del mercato europeo.

La contraddizione è proprio questa, voglio essere più competitivo, quindi limito i miei interscambi con il resto del mercato globale in termini di import-export e ne ottengo un effetto di ritorno negativo, in termini di maggiori costi per materie prime strategiche, che continuano a comportare una riduzione della mia competitività complessiva.

Se è vero, come la storia passata ha evidenziato, che la potenza commerciale si fonda sul libero commercio e sulla libertà dei rapporti interpersonali, significa che occorre modificare i comportamenti e le regole di controllo nell’ambito del commercio.

Nel 1050 la Casa Frescobaldi aveva un ufficio di rappresentanza a Pechino e commerciava otri di Chianti contro sete, Venezia si garantiva, con i Polo, il transito nelle aree islamiche; Genova, Pisa, la Spagna, l’Olanda, la Francia, l’Inghilterra, hanno tenuto, nei secoli, rappresentanze commerciali, spesso con funzioni diplomatiche parallele, in grado di garantire il flusso dei beni. Ancora oggi il mondo occidentale impone l’embargo al alcuni paesi, ma il Canada (Stato aderente al NAFTA) non applica le sanzioni economiche e mantiene i rapporti commerciali per conto degli altri partner.

Allora, i comportamenti operativi cambiano in funzione delle tecnologie. Marco Polo è giovane e può permettersi di commerciare con la Cina, il capitale per pagare le merci si trasforma da monete in pietre preziose, più facilmente trasportabili ed occultabili; i pedaggi pagati ai briganti lungo il percorso sono commisurati al guadagno atteso. Oggi gli scambi si trattano per fax o e-mail, i pagamenti avvengono tramite carta commerciale appoggiata sulle banche, i dazi hanno una funzione di controllo della competitività scorretta, quindi commisurati al guadagno stesso.

La differenza è nei comportamenti politici che l’Unione Europea può attuare sulla scorta della propria storia economica, sociale e militare.

 

<<Indietro


Vincenzo Porcasi

Scarica il PDF

Per contattare l'autore o la redazione, commentare l'articolo o richiedere ulteriori informazioni, ci scriva: