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CONCORRENZA, LIBERO MERCATO E GLOBALIZZAZIONE DEI PROBLEMI E DELLE SOLUZIONI

Gli universi ideologici contrapposti che hanno improntato di sé i penultimi sessant’anni, ormai sono venuti allo scoperto con il vuoto assoluto che li caratterizzava e sono stati sostituiti con i fondamentalismi di varie parti.

Come non esiste una società di eguali così non esiste una società di distinti, esiste l’uomo, macchina perfettibile composta di bene e di male, che vive in condizioni precarie la sua giornata piena di bisogni ora necessari per la mera sopravvivenza ora utili alla crescita in termini di qualità della vita, ora puramente edonistico voluttuari.

Ora il problema è considerare un momento sociale aperto capace di offrire a ciascuno la possibilità di esprimere la propria personalità incanalandola possibilmente in chiave non violenta, ecosistemica, e, di coesistenza con i vari popoli della terra.

In una parola, si tratta di enucleare dalla entropia che attraversano le attuali relazioni internazionali sia politiche che economiche, quale caratteristiche di proprietà e di omogeneità che consentano agli individui-persone di diventare collettività nella pluralità delle soggettività, nel sistema e non contro il sistema.

Certamente è un compito immane, al quale tuttavia un soggetto europeo può tranquillamente aspirare, in forza della sua specificità morale, non trascurando peraltro l’esperienza storica vissuta.

Occorre cioè ripercorrere l’intera storia dell’umanità nelle sue caratteristiche relazioni economiche, traendone gli elementi comuni.

In questo senso occorre ricordare come il fatto economico nasca dalla differenza fra costi e benefici, non immediatamente consumati (risparmio), accumulabile quale capitale disponibile per eventuali nuovi futuri investimenti.

Tale questione, costituente la base del pensiero economico, è quanto deve preoccupare coloro, come nel nostro caso, che desiderano riattivare un flusso originale di produzione capace di riportare i paesi nuovi vicini dell’UE nella loro sistemica individualità, nel contesto internazionale che loro compete di diritto e nel ricordo del tempo della ricchezza passata e delle successive esperienze che, comunque, ne hanno mantenuto, se non sviluppato le specificità produttive e le prerogative sociali, religiose e culturali.

In tale contesto, non vi è dubbio che sia necessario, preliminarmente, riattribuire al risparmiatore la funzione di motore dell’accumulazione capitalistica.

In mancanza di altri elementi fattuali tale riattribuzione può avvenire attraverso la totale redistribuzione della piena e libera proprietà di tutti i fattori della produzione, attraverso un processo distributivo che attribuisca a ciascuno comunque il necessario per vivere (ovverosia, un’abitazione, il cibo di base, l’abbigliamento di base, nonché i mezzi per locomuoversi, etc..) e poi in forza della legge della domanda e dell’offerta vendere sia sul mercato interno che su quello internazionale, le ulteriori risorse disponibili. Ciò, con l’avvertenza di dare contestuale vita ad un sistema finanziario-fiscale rigido, ma contemporaneamente non eccessivamente oneroso, fondato cioè sul principio di effettuare il prelievo erariale sul luogo e nel momento in cui si produce il reddito e non in quello successivo in cui diviene remunerazione del fattore capitale in capo all’originario o successivo investitore.

E’ un criterio quello enunciato, che consentirà in futuro di far definitiva giustizia dei paradisi fiscali attualmente esistenti per il mondo che godono di una rendita derivante da una tale avveduta politica fiscale.

In tal senso, infatti, non deve temersi una fuga di capitali, in quanto l’operatore economico in generale è disponibile comunque a subire un prelievo fiscale a fronte dei servizi di ordine sociale che riceve, purché lo stesso sia certo della misura di imponibilità e della piena disponibilità ai suoi interessi del rimanente.

Peraltro, sia che tale personale sopravvenienza sia destinata alla tesaurizzazione, sia che divenga immediato consumo, sia che si tramuti in nuovi investimenti, è sempre un processo che dà luogo a immediati trasferimenti in termini anche di nuova fiscalità, a impieghi sul sistema bancario, a incremento del flusso di importazione, sempre utile al fine di mantenere in equilibrio le singole poste della bilancia dei pagamenti, che è fuori di dubbio uno dei fini primari di qualsiasi politica economica.

Tale flusso importativo, infatti, consente di presentare ragioni utili di discussione con quei paesi verso i quali si andrebbe annunciando uno strutturale passivo o attivo di bilancia da negoziare in forza del flusso in entrata o in uscita che potrebbe cambiare fonte di approvvigionamento. Un esempio classico è quello dell’URSS, la cui bilancia per lungo tempo è stata attiva nei confronti di quella italiana e le cui attività sono poi in parte state utilizzate al fine di mantenere credibile la politica di sostegno avviata dall’Italia, attraverso l’accollo dei crediti dei singoli fornitori in capo al sistema di finanziamento all’export (Mediocredito Centrale, allora).

Il presupposto di una tale azione comunque risiede nella conoscenza esatta e puntuale delle risorse umane, naturali e finanziarie disponibili. Un tale “inventario indice” consentirebbe, infatti, di attribuire un ruolo ai vari fattori della produzione, integrandoli, qualora necessario, con quei supporti esterni, che se adeguatamente canalizzati dalle esistenti certezze giuridiche e fiscali sono in grado di intervenire anche strutturalmente.

Vincenzo Porcasi

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