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RICICLAGGIO & USURA
"..tra Formazione e Informazione.."

"Il rischio è inversamente proporzionale alla conoscenza" (Irving Fischer). Con questa formula introduco il mio ragionamento per dire che, in una società civile, pur nella sua complessità, ognuno è chiamato a dare il proprio contributo per sconfiggere o comunque contenere certi fenomeni di malcostume o di grave danno all'economia nazionale, spesso a pregiudizio delle fasce sociali più deboli.

La normativa Antiriciclaggio (Legge nr.197/91 e successive modificazioni) esistente ed applicata da oltre un decennio nel nostro Paese, con la puntuale collaborazione del sistema creditizio, è stata definita da più parti, a giusto titolo, una delle discipline più efficaci per il contrasto alla Criminalità Organizzata ed al Riciclaggio di denaro sporco, avendo recepito nel miglior modo possibile le rinnovate "Raccomandazioni" del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (G.A.F.I.) del 1989.

Ciò detto, dobbiamo chiederci quale meccanismo non abbia funzionato perché siano potuti accadere i noti disastri finanziari (Cirio e Parmalat), ove si è appreso che Bilanci consolidati di Gruppo sono stati redatti con gli scanner dei computers, gonfiando i ricavi ed occultando le perdite, determinatesi queste ultime, peraltro, da variegate e ripetute fraudolente appropriazioni.

Ci sono stati dei segnali perché il fenomeno fosse scoperto in tempi ragionevoli ovvero prima della esplosione del disastro? Personalmente, penso di si… forse è mancata la necessaria "conoscenza" circa la concreta applicazione della normativa Antiriciclaggio da parte degli operatori bancari.

Con la Legge nr.108/1996 "Disposizioni contro l'usura", si è provveduto ad introdurre il c.d. "tasso soglia" oltre il quale si sconfina nel reato, per rispondere alla esigenza da più parti rappresentata (Associazioni di consumatori e commercianti, Forze dell'Ordine e dalla stessa Magistratura), assumendo di dover andare oltre alla famosa prova regina dell'aver approfittato di un reale stato di bisogno della vittima.

All'epoca si diceva che la legge italiana (Art.644 e 644 bis del Codice Penale), era rimasta l'ultima, in Europa, a collegare l'usura allo stato di bisogno, senza fornire una definizione chiara del tasso usurario. In Svizzera era perseguibile chi praticava un interesse superiore al 17%, in Francia chi praticava interessi di un terzo superiore a quello praticato dal mondo Finanziario etc..


Ciò detto, anche in questo caso, a distanza di circa 10 anni dall'applicazione della innovata disciplina legislativa, dobbiamo chiederci perché il fenomeno dell'usura in Italia non è rientrato entro limiti fisiologici.

La risposta più semplice e, a mio avviso, forse la più logica, potrebbe essere: se prima è mancata la Formazione per gli operatori bancari, forse nel caso dell'Usura, è mancata l'Informazione per i cittadini.

Mi spiego meglio. Con riferimento all'Antiriciclaggio ed alla concreta applicazione della normativa oggi esistente, un significativo ed insostituibile contributo è stato fornito dalle "Istruzioni" contenute nel Decalogo - Edizione 2001 - della Banca d'Italia, avuto riguardo, in particolare, ad una puntuale e dettagliata casistica afferente agli Indici di Anomalia delle Operazioni Sospette.

Ove tali Istruzioni fossero state adeguatamente diffuse, illustrate ed argomentate, fra tutti gli Operatori bancari, ho la presunzione di credere che non avremmo mai vissuto i disastri finanziari citati con danni irreparabili dei risparmiatori, ovvero della credibilità del sistema nel suo complesso. Pensiamo alla casalinga, priva di redditi, moglie di un importante Dirigente della Holding parmense che gestisce un conto plurimiliardario (punto 1.1.3 Decalogo); Immaginiamo operazioni con controparti insediate in aree geografiche note come centri off-shore, non adeguatamente giustificate (Punto 1.8 Decalogo).

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