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IL RISK MANAGEMENT
IN SANITA'
"Mi
definiscono un tipo eccentrico perché in
pubblico dico che gli ospedali, se vogliono migliorare,
devono dichiarare quali sono i loro risultati
e devono analizzarli; per trovare i loro punti
forti e i loro punti deboli devono confrontare
i loro risultati con quelli degli altri ospedali;
devono dedicarsi all'assistenza di quei casi per
i quali sono riconosciuti e produrre un buon risultato,
evitando di tentare di assistere quei pazienti
che presentano patologie per le quali non sono
qualificati; devono assegnare i casi (per la chirurgia)
agli operatori per ragioni migliori che l'anzianità,
il calendario o le convenienze di tempo; devono
pubblicizzare non solo i loro successi, ma anche
i loro errori, così che il pubblico possa
aiutarli; quando è necessario devono gratificare
il personale sulla base dei loro operato e per
ciò che fa per i pazienti. Tali opinioni
non saranno così eccentriche da qui a pochi
anni" (Eugene Codman, 1914).
Negli USA, dove, da anni, il fenomeno è
sotto osservazione, si stima che circa l'1% dei
pazienti ricoverati negli ospedali siano vittime
di errori organizzativi/gestionali del Sistema
Sanitario.
Assumendo per l'Italia lo stesso parametro (non
essendovi nel nostro Paese dati statistici certi
e non avendo motivi per dubitare che l'entità
del fenomeno sia differente), il numero di pazienti,
vittime possibili di errori, è stimabile
in circa 100.000 pazienti, su circa 10 milioni
di ricoveri/anno.
Presso i Tribunali Italiani sono pendenti circa
13.000 cause, che vedono coinvolti medici e pazienti.
Le strutture sanitarie spendono per assicurarsi
dai 750.000 euro per le strutture più piccole
(con bacino d'utenza di 50.000 persone) a 2,5
milioni di euro per le strutture più grandi,
per non parlare dei costi aggiuntivi relativi
alla singola tipologia di rischio.
Per gli errori dovuti all'errata somministrazione
di farmaci, per esempio, si è stimato un
costo aggiuntivo complessivo (costi sociali compresi)
di oltre 2 mila euro/paziente.
Le compagnie di assicurazione, a fronte di una
raccolta premi annua di circa 175 milioni di euro,
riferiscono di aver speso per accantonamenti e
risarcimenti circa 415 milioni di euro.
Risultato: molte strutture sanitarie, nel nostro
paese, hanno difficoltà ad assicurarsi
per carenza di disponibilità economiche
a fronte di premi assicurativi sempre più
alti e molte compagnie d'assicurazione "preferiscono"
non farsi carico di polizze ad alto rischio.
Analizzando con attenzione i dati dei Tribunali
Ordinari, delle compagnie assicuratrici e del
Tribunale per i Diritti del Malato, si scopre
che in realtà solo in una misura variabile
tra il 14% ed il 17 % dei casi i procedimenti
Civili e/o Penali messi in atto si concludono
con una condanna dei medici o delle strutture
sanitarie.
Esaminando i motivi delle richieste di risarcimento
dei danni si scopre che riguardano tendenzialmente
gli stessi reparti, le stesse situazioni, gli
stessi interventi, indipendentemente dal luogo
e dalla tipologia del nosocomio.
Che fare per cambiare?
1. Analizzare i motivi che portano e che hanno
portato al verificarsi di questa situazione:
2. Analizzare il circuito che porta i pazienti/utenti
a chiedere risarcimenti per eventuali danni
subiti all'interno delle strutture sanitarie.
Il dato singolare e grave che emerge è
la totale assenza di un feed-back informativo.
Spesso infatti gli stessi medici che avrebbero
causato l'errore non hanno idea degli
sviluppi del procedimento di risarcimento del
danno non potendo applicare così le comuni
azioni preventive affinché non si verifichi
un ulteriore episodio di rischio.
Si consideri, ad esempio, la normale procedura
di una azienda sanitaria al momento di una richiesta
di risarcimento del danno:
Tale procedura causa un aumento
della "sinistrosità" dell'azienda
e, in ultimo, l'aumento del costo della polizza
per l'anno successivo, senza che sia stata attuata
nessuna misura di controllo e gestione dell'errore
finalizzato al riconoscimento delle cause ed alla
rimozione delle stesse.
3. Adottare una Politica di Gestione del Rischio
che possa trasformare e rompere questo circolo
vizioso.
Per far ciò sarebbe sufficiente, anche
sulla scorta dell'esperienza statunitense e
di alcune strutture ospedaliere italiane, la
messa a punto di un programma di Risk Management
basato sull'approccio per processi e che possa
permettere:
- l'individuazione delle aree critiche;
- l'individuazione di standard qualitativi
da applicare e monitorare costantemente al fine
di riconoscere e prevenire l'errore;
- la corretta gestione del contenzioso con
uno scambio continuo di informazioni fra uffici
legale delle organizzazioni sanitarie, ufficio
relazioni con il pubblico ed aree ospedaliere
nelle quali sono stati registrati gli errori;
- l'utilizzo sistemi di identificazione dei
pazienti (uso del braccialetto di riconoscimento);
- l'implementazione ed attuazione di un piano
aziendale strategico;
- lo sviluppo di un programma di informazione
e formazione (staff meeting, gruppi di discussione
sugli errori, newsletter interne, istituzione
di comitati sulle varie aree d'interesse e sviluppo,
etc.);
- l'impiego di tecnologie appropriate nei contesti
organizzativi adeguati (refertazione informatizzata,
uso del codice a barre, dispositivi di distribuzione
automatica dei farmaci, etc.);
- il potenziamento degli strumenti di feed
back elaborando una sorta di partnership con
i cittadini/utenti/pazienti per migliorare l'assistenza
sanitaria..
In tal senso emerge, anche in Italia, la necessità
di una nuova figura sanitaria, il Risk Manager,
che possa coordinare, unire ed applicare le
Procedure della Qualità e di Appropriatezza
alla buona pratica medica.
Concludendo, per far comprendere al meglio ciò
che è possibile fare, compatibilmente con
i limiti che il nostro stesso stato d'uomini ci
impone, è utile porre un confronto con
altre realtà critiche:
negli USA, una Qualità del Sistema del
99.9%, comporterebbe comunque due atterraggi a
rischio ogni giorno all'aeroporto di Chicago,
16.000 pezzi di posta persi ogni ora, o 32.000
assegni dedotti dal contro sbagliato ogni ora.
Un Sistema Sanità perfetto non esiste
e non potrà mai realizzarsi per mille motivi
non sempre dipendenti dalle capacità dell'organico
o della struttura, ma arrivare ad una Qualità
del 99,9% è alla portata di ogni ospedale.
- Alberto Bellocco, docente a
contratto di Medicina Legale c/o Scuola di Specializzazione
in Medicina Legale e delle Assicurazioni, Università
Cattolica del Sacro Cuore - Roma
- M. Caterina Ledda
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