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La
qualità e i suoi numeri
Dall'ultimo
censimento generale dell'Industria e dei Servizi
effettuato dall'Istat, emergono dei dati, peraltro
ancora provvisori, su come è strutturata
la nostra Italia. Il censimento tiene conto di
tutte le unità locali delle imprese, ivi
comprese quelle individuali dei lavoratori autonomi
e dei liberi professionisti, delle istituzioni
pubbliche e di quelle private.
Alla data di riferimento del Censimento (22 ottobre
2001) sono state rilevate 4.138.219 unità
locali e 18.773.824 addetti (dipendenti e indipendenti).
Rispetto al 1991 si rileva un incremento delle
unità locali pari al 9,3%, se si considerano
i dati provvisori del 1991, e del 6,9% se si considerano
i dati definiti del 1991.
La composizione per macrosettori di attività
economica, che emerge dal Censimento, conferma
che l'economia italiana è fortemente caratterizzata
da attività terziarie. Nel 2001 le unità
locali dell'industria rappresentano il 23,9% del
totale, con una riduzione della quota di 2,6 punti
percentuali rispetto al 1991. Anche il settore
del commercio, che comprende nel 2001 il 32,2%
delle unità locali, rileva una perdita,
pari a 3,4 punti. Al contrario nel settore degli
altri servizi le unità locali hanno segnato
un incremento di 5,1 punti percentuali della propria
quota rispetto al 1991, raggiungendo nel 2001
il 36,9% del totale. Anche le unità locali
delle istituzioni aumentano di quota, passando
dal 6,1% al 7,0%.
Secondo i dati resi disponibili dalle Camere di
Commercio Italiane, nel periodo di osservazione
2003, risultano registrate 5.904.883 imprese,
distribuite nei vari settori, di cui risultano
attive 4.995.738.
Tenendo conto che una grossa fetta è rappresentata
da Imprese Individuali e da strutture organizzate
in altre forme, restano soltanto 1.489.668 fra
società di capitali e società di
persone.
Supponendo che sia proprio questo ultimo tipo
di strutture a richiedere più frequentemente
la "certificazione qualità" (nel
piccolo data base dei nostri clienti queste rappresentano
quasi l'86% del totale), i dati relativi alle
aziende certificate non sono proprio confortanti
(a mio modesto giudizio).
In Italia, infatti, secondo i dati Sincert al
31 dicembre 2003, il totale dei certificati risultano
essere 50.674, unicamente relativi alla norma
ISO 9001:2000 (57.113 al 30 novembre 2003 considerando
anche le ormai superate ISO 1994).
La maggior parte di queste aziende sono presenti
in Lombardia. A seguire Veneto, Emilia Romagna,
Lazio e Piemonte.
I certificati vengono rilasciati in funzione del
settore al quale l'azienda appartiene, cosiddetti
settori di accreditamento. Dalle statistiche riportate,
il settore dal quale arriva il maggior numero
di richieste riguarda le "Imprese di costruzione,
installatori di impianti e servizi" dove
la partecipazione ad appalti pubblici rende quasi
imprescindibile il possesso di tale requisito.
Al secondo posto "Metalli e loro leghe, fabbricazione
di prodotti in metallo" e a seguire "Commercio
all'ingrosso, al dettaglio e intermediari del
commercio". Al quarto posto i "Servizi
professionali d'impresa" nel quale rientrano
moltissime aziende di servizi che svolgono attività
consulenziale di vario tipo.
Se analizziamo l'evoluzione delle organizzazioni
italiane certificate sotto accreditamento SINCERT
a partire dal 1991, notiamo come negli ultimi
anni l'incremento, rispetto all'anno precedente,
sia stato decisamente basso. Eppure di aziende
ce ne sono tante…
Ora la domanda è: se nei
50.674 certificati al 31 dicembre 2003 consideriamo
una crescita in base a nuove emissioni anche solo
del 10%, restano circa 45.606 certificati. E gli
11.500 altri certificati (57.113 - 45.606), dove
sono finiti? Ma vuoi vedere che chi era certificato
con la vecchia norma non ha adeguato il proprio
sistema e non ha rinnovato il suo certificato?
Allora è proprio vero ciò che è
riportato in riviste autorevoli in questi ultimi
giorni…."L'Italia non investe….".
Perché in Italia non si vuole capire quale
è l'importanza della qualità (ma
a quanto pare di tante altre cose…)! Sicuramente
i Sistemi di Gestione per la Qualità che
sono stati adottati non sempre rispecchiavano
la realtà aziendale, erano pesanti, con
tanta carta ed inutile modulistica, con procedure
lunghissime e difficilmente applicabili. Ma forse
costavano anche poco, si cercava solo il "bollino"
dimenticando che utilizzare degli strumenti di
controllo per definire la propria strategia è
indispensabile per sopravvivere in un mercato
in continuo movimento.
D'ora in poi, valutiamo anche la "qualità"
del servizio che ci viene offerto insieme al tanto
ricercato "bollino"!
Loredana Pungitore
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