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A ciò, visto il fallimento della Conferenza di Cancun in materia di prosecuzione nell'elaborazione giuridica delle regole dell'OMC e del mancato successivo accordo in sede di Consiglio Generale dell'Organizzazione, gli Stati Uniti, a mezzo del œTrade Representative; Robert Zoellick, hanno inviato una lettera ai Ministri del Commercio Estero dei Paesi membri della WTO, nella quale si riprende il concetto che il superamento dello stallo negoziale può avvenire incentrando il lavoro negoziale sugli argomenti chiave dell'accesso al mercato, dell'agricoltura e dei relativi investimenti diretti, a fronte dell'impegno a un taglio netto ai sussidi all'export, alle barriere tariffarie e non tariffarie.

La criticità del ruolo dell'agricoltura nei negoziati è da tutti riconosciuta sin da prima dell'avvio della Conferenza di Doha: senza un accordo sull'eliminazione dei sussidi all'export entro una certa data, non si può pensare di proseguire con gli altri temi in agenda. Gli USA si dichiarano disponibili ad una eventuale eliminazione di tutti i sussidi e barriere all'accesso al mercato, ma ovviamente non per tutti i Paesi ciò è attuabile in tempi brevi. Portando ad esempio l'UE, per poter accettare un tale accordo, la Commissione, che è negoziatore per i Paesi Membri, necessiterebbe di un mandato dagli stessi di cui al momento non dispone. Inoltre, vi sarebbe un problema di compatibilità con la riforma Fishler della Politica Agricola Comune, che stabilisce una riduzione progressiva dei sussidi secondo tempi più lunghi rispetto a quelli auspicati dagli USA.

Senza dubbio i sussidi all'esportazione rappresentano il più forte elemento distorsivo del commercio internazionale di cui le economie dei paesi in via di sviluppo e quelle dei paesi in transizione subiscono gli effetti più negativi sulla loro capacità di esportazione. In particolare per quei prodotti che hanno una maggiore competitività. L'opera dello smantellamento dei sussidi all'export ebbe inizio con l'Uruguay Round ma ancora lunga è la strada per il suo completamento, nonostante rappresenti una delle poche speranze di ripresa per il Sud America e per l'Africa.

Se non ci sarà uno stallo sul tema agricoltura, i negoziati proseguiranno sugli altri temi: prodotti industriali, servizi, temi di œSingapore;. Anche per questi, occorrerà una buona dose di flessibilità delle posizioni negoziali per ottenere un accordo equo.

In risposta alla lettera di Zoellick, l'Unione Europea " per il tramite del suo negoziatore, Pascal Lamy " si è detta pronta ad assumere una posizione più flessibile, per esempio sui temi di Singapore, così come sulle denominazioni di origine e su alcuni prodotti agricoli di interesse per i Paesi in via di sviluppo, in questo ultimo caso eliminando i sussidi all'export. Ma la flessibilità offerta dall'UE da sola non è sufficiente a garantire il raggiungimento di un accordo, occorre la flessibilità di tutte le parti negoziatrici che però al momento sembra mancare. A queste condizioni, la ripresa concreta dei negoziati non appare realizzabile.

In questo senso, il ruolo del G-20, il gruppo dei PVS la cui ferma opposizione su alcuni temi ha portato al fallimento di Cancun, è essenziale per la ripresa dei negoziati: il loro contributo costruttivo su tutti i temi in agenda "insieme ad una maggiore flessibilità da parte dei paesi industrializzati " è l'unica possibilità per il successo della prossima Conferenza Ministeriale dell'OMC.

La Dichiarazione Ministeriale dell'OMC presentata a Doha e poi a Cancun sottolinea comunque il ruolo che il commercio internazionale e quindi anche gli IDE devono avere nel quadro della determinazione di uno sviluppo sostenibile e come più volte affermato dall'ILO eventualmente assicurato da un intervento privato attraverso l'assunzione di una vera Responsabilità Sociale delle imprese visto che l'impegno finanziario pubblico ha raggiunto il limite e che il privato deve sopperire per guadagnare il consenso perso presso l'opinione pubblica internazionale.

Come giustamente osservato dall'Unione talune delle precondizioni allo sviluppo dei rapporti con l'America Latina sono:
* inversione della tendenza alla fuga dei capitali privati dall'America Latina, per circa 200 miliardi di dollari l'anno, da una parte e dall'altra, secondo le stime del New York Times, la ripresa dei controlli sulle transazioni occulte (che comprendono narcodollari, profitti illeciti, etc..) calcolabili intorno ai 700 miliardi di dollari per anno. Tali flussi in uscita di capitali producono effetti devastanti, portando alla formazione di nuove povertà, accompagnate dai fenomeni della denutrizione, della mortalità infantile, al disastro ambientale e in generale al crollo degli standard su cui è fondata la qualità della vita e la certezza del diritto, per gli eventuali investitori stranieri.

Il tema degli investitori stranieri, peraltro, si sposa con i tre diversi fronti in cui si è venuta ad articolare la posizione sudamericana, nei negoziati OMC. Da una parte la speciale relazione richiesta dagli Stati Uniti, che in applicazione della mai cessata efficacia della dottrina œMonroe; da un ventennio vorrebbero estendere il contenuto commerciale del trattato Nafta, a tutto il sub-continente latino-americano, attraverso la creazione dell'ALCA Area di Libero Commercio delle Americhe. A tale progetto il Brasile dà una risposta piuttosto fredda, volendo tutelare il mercato interno dall'afflusso di capitali e di competitori, in grado di sopprimere i settori più deboli del sistema produttivo locale. Di conseguenza il trattato non sembra avere possibilità di concreta definizione in un futuro ravvicinato, tenuto conto del ruolo trainante che il Brasile ha in tutta l'area e delle speciali relazioni che è riuscito a creare all'interno del G-20 con paesi quali Cina, India, Sud Africa e Giappone.

Tali speciali relazioni, peraltro, peseranno notevolmente nel processo di riforma democratica delle Nazioni Unite (modifica del diritto di essere membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, non in funzione di un antico predominio militare, ma in funzione del numero di abitanti), nonché nella ripresa delle trattative multilaterali e multipolari in sede OMC, come affermato dal Ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim, dopo il fallimento della Conferenza di Cancun.

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