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L'articolo che segue è tratto da "Governareper".

Ricerca e innovazione

Il rafforzamento della capacità dei paesi dell'Unione di produrre ricerca e innovazione è stato posto come un elemento centrale dal Consiglio europeo di Lisbona. Dopo quattro anni, tuttavia, la strada appare ancora molto impervia, soprattutto per alcuni paesi, tra i quali, purtroppo, l'Italia.
Cominciamo dall'Europa nel suo insieme. In termini aggregati dopo l'allargamento spendiamo in R&S un terzo in meno degli Usa, impieghiamo circa 200.000 ricercatori in meno e occupiamo nell'ambito della ricerca pubblica, quasi completamente identificabile con i diversi sistemi universitari, il 50% dei ricercatori contro il 20% degli Stati Uniti. La quota mondiale di export nei settori ad alta tecnologia, esclusa ogni esportazione tra i 25 paesi, è pari al 20%, contro il 24% degli Stati Uniti. Se si includono anche le transazioni interne il gap rimane pressoché costante, con una quota europea pari al 37,5% contro il 40,8 degli Usa.
Questi dati possono essere arricchiti entrando nella scatola nera europea, caratterizzata da grande varietà di sforzi e risultati. A questo proposito è utile analizzare quanto riportato nella Figura 1, rispetto alle tendenze in atto nei 25 paesi. Il grafico riporta l'indice aggregato di performance innovativa dei diversi paesi, calcolato dall'European Innovation Scoreboard (Eis) a partire dal 2001 come modalità strutturata di comparazione degli stati membri per guidare l'attuazione della strategia di Lisbona.
Le linee tratteggiate rappresentano la media dell'Europa a 25 e dall'incrocio tra una valutazione della posizione nel 2004 riportata sull'asse verticale e del cambiamento relativo rispetto alle precedenti rilevazioni, riportata nell'asse orizzontale, è possibile individuare situazioni molto differenziate. Emergono un gruppo ristretto di paesi che risulta particolarmente competitivo sul fronte dell'innovazione e che continua a credere in questo impegno, tra i quali Germania, Danimarca, Belgio e in misura minore Svezia, Finlandia e UK. Vi è poi un gruppo consistente di paesi fortemente caratterizzato dai dieci nuovi entranti che parte da posizioni più svantaggiate, ma mostra un impegno a migliorare la situazione esistente. Più preoccupante appare, invece, la situazione di altri paesi che, come minimo, mostrano un arretramento rispetto al passato, pur rimanendo al di sopra della media europea rispetto al 2004, o peggio ancora per un ulteriore gruppo di paesi, tra cui si colloca l'Italia, che non riescono a raggiungere nemmeno questo risultato.


Figura 1: Posizionamento e tendenza della capacita innovative secondo l'European Innovation Scoreboard
Nella giungla delle classifiche e degli indicatori, tuttavia, l'obiezione che viene spesso mossa a questo livello di aggregazioni è che se non si considerano nel dettaglio i singoli parametri utilizzati non si riesce a capire bene cosa stia succedendo.
Proviamo quindi a fare questo esercizio considerando nel dettaglio la posizione dell'Italia nell'indagine dell'Eis rispetto ai diversi indicatori utilizzati attraverso la Figura 2. Purtroppo, l'unico dato positivo che è possibile rilevare riguarda l'andamento degli addetti nei settori a media o elevata tecnologia, anche se concentrandosi solo sui settori ad alta tecnologia i risultati sarebbero differenti. Migliora la posizione relativa rispetto agli addetti impiegati in servizi a base tecnologica, pur rimanendo ancora sotto della media europea, mentre il paese rimane a grande distanza dai propri partner su molti altri aspetti fondamentali. La spesa nell'istruzione avanzata è pari al 50% della media europea ed appare in crescita, mentre gli investimenti nella formazione degli occupati mostrano trend decrescenti.

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