Formato il mondo occidentale alla dialettica
democratica, cadute talune frontiere sulla base
di unioni doganali regionali, talune imprese
hanno dato pratica al concetto di massimizzazione
del fatturato su base mondiale in funzione della
capacità di spesa del consumatore finale,
visto quasi non come un soggetto attivo capace
di scegliere, ma come un soggetto passivo incapace
di realizzare il soddisfacimento ed i bisogni
propri e non di bisogni percepiti come propri.
Tali imprese hanno così realizzato il
principio dell'ofelimità cioè
produrre l'unità marginale al minimo
costo e vendere l'unità marginale così
prodotta a quel prezzo necessario a consentirne
l'acquisto al maggior numero possibile di clienti
nel rispetto della relativa capacità
di spesa.
Tali imprese indiscutibilmente avanzate sul
piano vuoi conoscitivo che qualitativo, naturalmente
potendo disporre di un ottimale rapporto nei
termini di qualità/prezzo, tendono ad
escludere dal mercato tutti gli altri protagonisti
anche locali che non dispongono dei mezzi per
integrare la qualità nel minimo dei costi
necessari.
Ciò ha comportato la fuoriuscita dal
mercato di tutti quei soggetti che prima potevano
mantenere le loro famiglie in una dimensione
di mercato locale.
Gran parte degli esclusi in tale ragionamento
come afferma la Commissione Economica per l'Europa
delle Nazioni Unite riguarda i paesi nuovi vicini
dell'Unione Europea e in particolare quelli
della sponda meridionale del Mediterraneo, che
per effetto del Processo di Barcellona entreranno
a far parte dello spazio doganale comune nell'area
dell'Unione Europea.
L'effetto di tale spazio doganale comune nell'ambito
di un'area di libero scambio sarà quello
di creare un mercato unico contenente il maggior
numero di Stati esistenti al mondo.
Tale tendenza tuttavia deve affrontare ostacoli
di varia natura , taluni strutturali altri contingenti.
Quello contingente è sicuramente il portato
degli sconvolgenti avvenimenti dell'11 settembre,
che apparentemente hanno alla loro base ragioni
di carattere culturale o religioso, mentre in
effetti, hanno un contenuto strutturalmente
socio-economico.
I pure evidenti problemi che si dibattono in
gran parte dei paesi arabo islamici, sono da
attribuire soprattutto alle problematiche socio-economiche
tipiche che i paesi in via di sviluppo devono
risolvere piuttosto che a problemi di ordine
politico religioso. Lungo il cammino che porta
alla soluzione di tali problematiche questi
paesi possono conquistare la forza economica
che dia loro la possibilità di definire
una propria equilibrata identità culturale,
sicuramente differente, ma non necessariamente
in contrasto con quella occidentale, partendo
da un processo di crescita dalla base, figlio
della solidarietà, così come ben
previsto, dalla deliberazione dell'assemblea
regionale delle Nazioni Unite con cui veniva
decisa la creazione del Fondo Mondiale di Solidarietà.
Purtroppo le conoscenze che l'Europa e l'Italia
ha del mondo arabo islamico sono molto frammentarie,
indirette e soprattutto non aggiornate. L'immagine
che l'Europa ha dell'Islam è uno stereotipo
cristallizzato e monolitico anche in quei campi
che per definizione dovrebbero essere legati
alla realtà contingente, come ad esempio
la giurisprudenza.
Tale sapere accademico è spesso lontano
dalla realtà e quindi inutilizzabile
a scopi pratici, un operatore economico che
su basi di pari dignità giuridica, voglia
sviluppare la sua attività nel contesto
Mediterraneo, si troverà ad avere a che
fare con una realtà sconosciuta e percepita
come piena di insidie, poco sperimentata, spesso
chiusa in se stessa ed ancora più spesso
scarsamente dotata di mentalità imprenditoriale,
per cui i costi transnazionali si presentano
alti e poco incentivanti e la tutela giurisdizionale
di difficile accesso.
La determinazione mediterranea
I prodotti tradizionali del bacino mediterraneo
offerti individualmente sul mercato, pur rimanendo
di qualità non risultano negoziabili,
occorre creare, quindi, strumenti giuridici
atti a consentire la nascita di un mercato di
nicchia capace di soddisfare i bisogni essenziali
anche in termini di qualità compatibile
della vita nel rispetto della capacità
di reddito di ciascun consumatore, ma anche
del reddito necessario a consentire l'esistenza
di ciascun produttore. Naturalmente una tale
innovazione si deve manifestare in chiave di
una svolta economico-liberale, fondata sulla
trasparenza finanziaria e su un puntuale adempimento
fiscale partente dall'economia di villaggio,
ma inquadrata in un certo numero di regole da
applicare particolarmente nel campo dell'international
business law.
Tale processo deve avvenire senza portare a
sconvolgimenti sociali, ma provvedendo a dare
adeguata certezza agli ordinamenti giuridici
evolventesi sul piano della collaborazione regionale.
Alla luce di questa emergenza in forza dell'articolo
XXIV, dell'Organizzazione Mondiale del Commercio
è necessario incoraggiare la regionalizzazione,
prima dell'integrazione, cioè la realizzazione
di un tavolo di lavoro che programmi economie
di scala e di settore, di tempo e di diritto,
fra le aree complementari del bacino Mediterraneo
e in questo senso capaci di portarsi verso una
pregnante omogeneità contestualizzata
ai paesi dell'arco latino dell'unione europea,
vuoi per una piena condivisione delle regole
dell'OMC che alla piena adesione agli strumenti
di varia natura giuridica forniti dall'Unione
Europea, in maniera tale da non creare una concorrenza
fra poveri, ma una sinergia procedimentale fra
operatori che devono competer sul mercato globale.