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Inoltre l'OIL ha fissato gli standard sul salario4, sull'orario di lavoro e sul riposo settimanale5, sulle vacanze e le licenze pagate6, sul lavoro notturno7 e sul lavoro part-time8.

Il problema principale legato al diritto internazionale del lavoro è l'assenza di sanzioni nel caso del mancato rispetto da parte di Stati che si erano dichiarati pronti al suo recepimento. Nonostante, infatti, l'OIL si sia dotato di meccanismi di controllo anche complessi ed efficienti, rimane tuttora irrisolto il problema della mancata applicazione delle convenzioni da parte di quei Paesi che le hanno ratificate. Ancora una volta, dunque, si pone la questione di affidare il diritto del lavoro ad un organismo che sia in grado di farlo rispettare. La prospettiva più realistica è quella di includere gradualmente i diritti dei lavoratori sui tavoli negoziali del WTO, nella speranza che essi possano essere da questo recepiti e diventare prerogativa per gli scambi internazionali. Non solo, ma una volta inseriti nelle norme dell'Organizzazione Mondiale del Commercio i diritti dei lavoratori avrebbero la possibilità di essere difesi attraverso il deterrente delle sanzioni economiche, anche se il rischio è quello di penalizzare ulteriormente i lavoratori senza andare a colpire i reali responsabili. In questa sede si vuole solamente sottolineare come anche il WTO dovrebbe approntare strumenti sanzionatori che mirino a punire chi non rispetta gli accordi presi, anziché le popolazioni che subiscono le slealtà dei propri governanti.

L'idea di ancorare il rispetto dei diritti umani in generale, e in particolare quelli dei lavoratori, alle transizioni commerciali è stata più volte messa in pratica dal governo degli Stati Uniti. Infatti in alcuni trattati commerciali9 tra gli Stati Uniti e PVS o NIC ricorre un articolo in cui le parti si dichiarano impegnate nel rispetto dei diritti umani e della dignità dei lavoratori. Tuttavia, va ricordato che non sempre gli Stati Uniti considerano gli articoli concernenti i diritti umani come parte fondante dei trattati stessi, e sovente ignorano le trasgressioni compiute da parte dei partner commerciali, come dimostra il NAFTA 10.

Anche l'Europa ha cercato di proteggersi dal dumping sociale attraverso accordi bi e multilaterali che includessero standard a difesa dei lavoratori. Va ricordato comunque l'interesse che le Comunità Europee hanno dimostrato fin da loro sorgere verso la definizione di garanzie a difesa dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori: già la parte III del Trattato di Roma, che istituiva la CEE, era dedicata interamente alle Politiche Sociali e riconosceva la necessità di promuovere il continuo miglioramento della qualità della vita e delle condizioni di lavoro (art. 117). Inoltre, la Commissione ha il compito di promuovere una stretta collaborazione tra i Paesi membri per quanto riguarda l'impiego, il diritto del lavoro e le condizioni dei lavoratori, sicurezza sociale, malattie e incidenti legati al lavoro, igiene sul luogo di lavoro e soprattutto in materia di libertà d'associazione e di contrattazione collettiva.

In definitiva, a quasi cinquanta anni dalla sua fondazione, si può sostenere che l'Unione Europa abbia compito progressi concreti nella difesa dei lavoratori. Tuttavia vanno considerate le sempre nuove sfide che sorgono da un mondo del lavoro sempre più globalizzato e complesso: la guardia non deve essere mai abbassata. Soprattutto adesso che l'Unione si allargherà ai nuovi membri, la definizione degli standard minimi comuni a tutti i Paesi membri si rivelerà in tutta la sua importanza, e sarà essenziale per la sopravvivenza della stessa Unione dimostrare di possedere meccanismi adeguati per l'attuazione di tali standard.

Oltre alla questione morale esistono motivazioni economiche che sono favorevoli alla diffusione ed al rispetto degli standard del lavoro a livello mondiale. In particolare Raynauld e Vidal11 ne evidenziano tre:

  1. il rispetto degli standard del lavoro è giustificato quando i lavoratori sono obbligati ad acquistare un numero minimo di beni di consumo per sopravvivere: come Keynes insegna, se questi lavoratori percepissero uno stipendio maggiore spenderebbero o risparmierebbero di più, giovando comunque all'economia nel suo insieme;
  2. tali standard sono giustificati quando contribuiscono all'acquisto o al finanziamento di beni pubblici, che sono in qualche modo legati agli imprenditori per via del luogo in cui sono consumati o per il modo in cui sono finanziati (come, ad esempio, attrezzature di sicurezza);
  3. gli standard del lavoro possono essere necessari per affrontare le esternalità negative (primi fra tutti i costi sociali).

Inoltre studi empirici hanno dimostrato che esiste una correlazione positiva tra il rispetto dei diritti dei lavoratori e la produttività.
Se poi i costi dell'introduzione di standard lavorativi vengono calcolati con la perdita di posti di lavoro, va evidenziato anche come stia all'abilità del governo interessato selezionare in modo accurato tali standard, in relazione al reddito nazionale, in modo tale da limitare o annullare tale perdita

Sabina Nicolella

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4. Convenzione sulla Fissazione del Salario Minimo, n. 131 del 1970: il salario minimo deve essere fissato ad un livello che permetta al lavoratore di soddisfare tutti i bisogni primari propri e della propria famigli, in relazione all'andamento economico del paese interessato;
Convenzione sulla Protezione del Salari, n. 95 del 1949: i salari devono essere pagati prontamente, regolarmente e direttamente ai lavoratori. Sono vietate deduzione dalla paga;
Convenzione sull'Insolvenza dei Datori di Lavoro, n. 173 del 1992: in caso di insolvenza, il datore di lavoro deve pagare gli stipendi dovuti ai propri impiegati e, solo dopo aver assolto a questo dovere, deve procedere al pagamento degli altri creditori

5.
Convenzione sull'Orario di Lavoro (Industriale), n. 1 del 1919: le ore di lavoro giornaliere, a parte alcuni casi straordinari, non devono essere più di otto e l'orario settimanale non deve eccedere le quarantotto ore lavorative;
Convenzione sul Riposo Settimanale (nell'Industria), n. 14 del 1921: ogni lavoratore ha diritto a 24 ore consecutive di riposo alla settimana.
6. Convenzione sulle Vacanze Pagate, n. 132 del 1974: ogni lavoratore ha diritto ad almeno tre settimane di vacanze pagate all'anno.
7. Convenzione sul lavoro Notturno, n.171 del 1990: devono essere approntate tutte le misure necessarie per il benessere del lavoratore notturno e della sua famiglia. Egli inoltre deve percepire un adeguato compenso.
8. Convenzione sul Part-Time, n. 175 del 1994: i lavoratori part-time hanno diritto alla stessa protezione dei lavoratori a tempo pieno riguardo a libertà di associazione, salute e sicurezza, discriminazione all'impiego, maternità, vacanze e malattia.
9.
Si veda ad esempio l'art. 45 del Tin Agreement (1981), l'art.64 del Cocoa Agreement (1986), l'art. 28 del Sugar Agreement (1987) o ancora l'art. 53 del Natural Rubber Agreement (1987).
10. Raynauld A., Vidal J.P., "Labour Standards and International Competitiveness", Edward Elgar Publisher, Glos (R.U.) 1998 , p. 12
11. Ibidem, p. 22 e seguenti

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