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L'azione non é un programma che risponde a sequenze rigide. Essa - in presenza di una determinata situazione, della quale l'attore tiene coscientemente conto nella misura in cui dispone, a suo riguardo, di informazioni e conoscenze - può evolversi per conseguire meglio uno scopo, ovvero per trasformare uno stato di cose esistente in un altro ad esso più conveniente.

La duttilità potenziale dell'azione si manifesta quindi con i processi di interazione, cioè, quando si stabiliscono quelle relazioni tra soggetti in cui ciascuno modifica reiteratamente il proprio comportamento o la propria azione in vista del comportamento o dell'azione degli altri, sia dopo che questa si è svolta, sia anticipando o immaginando - correttamente o meno - quale potrebbe essere l'azione che altri compiranno in risposta alla propria, o per altri motivi.

L'azione, oltre che rispetto a comportamenti di altri attori - produttori di proprie azioni -, si modifica anche rispetto a mutamenti del contesto dovuti a modificazioni di processi tecnici e tecnologici, a modificazioni normative, al determinarsi di fenomeni per ragioni indipendenti dalla volontà dell'attore, oppure indotti e provocati da reazioni all'azione dell'attore stesso.

A ben vedere, se l'intenzione ha indirizzato le conoscenze verso l'azione, le stesse conoscenze, e la stessa intenzione che presiede al loro uso, non possono non essere influenzate e condizionate dall'evolversi dell'azione.

Il processo di interazione descritto all'interno dell'azione coinvolge quindi conoscenza e pensiero. Pensiero e azione interagiscono tra di loro.

Pertanto nel binomio pensiero/azione intervengono dinamiche e interazioni che non incidono solamente nella configurazione e nell'evoluzione dell'azione, ma possono richiedere una revisione e un adeguamento delle conoscenze, e, ciò che è più importante, anche ad una revisione delle intenzioni.

Viene di conseguenza a manifestarsi la necessità di imporre una regola di azione che, in concreto, si identifica con i suoi effetti pratici concepibili.

L'equilibrio del binomio pensiero/azione richiede quindi una revisione delle ipotesi di partenza ed anche delle intenzioni, relativamente alle interazioni che hanno determinato una modifica dei criteri di azione, o indicato l'inadeguatezza delle risorse, che possono essere anche il livello delle conoscenze e dei saperi posseduti in partenza e che si sarebbero voluti tradurre in azione.

L'intenzione, il pensiero, la conoscenza vengono commisurati e ridefiniti rispetto a ciò che si vuole ottenere ma, sopratutto, rispetto a ciò che si può ottenere, in un contesto dato, con un'azione coerente.

L'attore intenzionato a procedere, colui che in possesso di conoscenze ha intenzione di realizzarle con un'azione, inizia così un processo di responsabilità.

Una responsabilità che non attiene solo all'economia del risultato, ma anche al rapporto tra i fini proposti e i mezzi che si possono utilizzare coerentemente per perseguirli.

Interviene nella responsabilità del sapere una prima connotazione, un principio di razionalità per cui i mezzi concepiti, costruiti o adottati per perseguire un'azione, non possono essere incongrui rispetto al fine prescelto. Ne deriva, da questo criterio di razionalità, un criterio etico.

Un secondo principio, che in prima approssimazione può definirsi economico, è che, date le intenzioni, non si può fallire l'azione: per questo motivo si deve provare anche a rivedere le intenzioni, a criticare il pensiero, a modificare, arricchendole o reimpostandole, le conoscenze.

Può essere questo un principio di modernità, che viene a coincidere con un'etica della responsabilità che, a sua volta, deriva dall'aver commisurato le proprie intenzioni alla possibilità di successo delle azioni intraprese, nel rispetto di un principio di razionalità - rapporto tra mezzi e fini - e delle condizioni riconosciute nel contesto in cui si intende operare con le proprie conoscenze.

É un processo laborioso. Non immune da resistenze che si concentrano prevalentemente sulle intenzioni dell'attore ed anche sulle conoscenze sostenute da nessi di causalità, difficilmente modificabili se non con la presa d'atto dei risultati della sperimentazione pratica.

Il governo del binomio pensiero/azione si presenta difficoltoso proprio per la sua caratteristica dinamica: l'azione segue irruentemente le proprie logiche, il sistema di conoscenze e le intenzioni che danno luogo all'azione resistono a processi di cambiamento imposti dall'evidenza dei fatti.

Le resistenze si manifestano per la difficoltà di deviare da principi morali, da sistemi di credenze condivisi, da vincoli di appartenenza.L'incertezza dei risultati e l'entità della loro convenienza costituiscono anch'essi un freno alla modificazione delle conoscenze e delle intenzioni, seppur richiesta da processi che, non potendo contraddire il principio di razionalità - la coerenza di mezzi e fini -, vengono alterati e gestiti con condotte forzose che possono dar luogo a stati di insoddisfazione e di disuguaglianza.

La capacità di rivedere l'equilibrio tra pensiero e azione, ovvero la capacità di adeguare il livello delle conoscenze anche alle esigenze dell'azione, dà luogo ad un'assunzione di responsabilità che è la responsabilità del sapere.

Per sviluppare questa capacità occorrono strumenti di previsione e di misurazione che, incidendo prevalentemente sui modi di agire, facciano apparire la necessità e la possibilità di una revisione e precisazione delle conoscenze e la possibilità di una revisione delle intenzioni.

La Gaming Simulation può essere uno di questi strumenti.

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