HOME
Sommario
Le Vostre Domande
News
Keywords
Archivio Rivista
Il Vostro Contributo
La Redazione
Teleconferenza
Archivio Notiziario
Chat
Link
       
       
   

EBBENE SI, MI E' MORTO IL GATTO....., E NON E' UNA BARZELLETTA!!!

Ieri, ho dato il mio consenso al veterinario per far dormire dolcemente Conchita, l’ultima gatta della famiglia Esposito.

Nel lontano 1985, abbiamo effettuato un trasloco importante: abbiamo decisamente lasciato Londra dopo 8 anni intensi, belli e difficili, e siamo approdati a Roma. Avevamo scelto Roma con molta cura, nel senso che avevamo - mi correggo - mio marito, Vittorio, aveva delle offerte economiche molto più interessanti per andare a lavorare a Monza per conto di una grossa multinazionale o a Portogruaro con un’azienda di media dimensione, dove c’era alla guida una famiglia al completo. Monza, per i nostri gusti era un po’ fuori da quelle città che ci attiravano per una serie di ragioni tipo il clima, la gente, lo stile di vita, e in più nel momento della trattativa importante, il giorno nel quale Vittorio si è recato all’azienda in questione, ha avuto a che fare con un centralinista che faceva anche le veci di receptionist non vedenti, il che gli ha fatto molta impressione perché si è subito immaginato che con il passare del tempo costui lo avrebbe individuato per il rumore dei suoi passi, o il modo di chiudere la porta, etc. etc. Portogruaro fu scartata perché i problemi di gestione familiare dell’azienda in quel momento erano grandi, ma niente poteva evitare che una volta fatto un grande lavoro per mettere l’azienda in sesto, la famiglia si “compattasse” nuovamente, lasciando gli estranei fuori giuoco.

Così, la scelta è caduta finalmente su Roma e questo trasloco importante del quale si parlava prima fu fatto con una serie di valigie e valigette che abbiamo trasportato personalmente in aereo, più una serie di casse di legno che si usano per trasportare il thé tra l’India e l’Inghilterra. Le 17 casse erano non poco ingombranti, ed erano piene di libri, documenti, e tutto quello che per noi tre componenti della famiglia (mio marito Vittorio, mio figlio Manuel ed io) erano le nostre proprietà più preziose. Forse fu per questo che una volta svuotate, le casse sono rimaste accatastate in un angolo del grande terrazzo che aveva la nostra casa romana.

Le avevamo sistemate contro un muro, protette dal vento ma all’area aperta, una sull’altra, convertendole nel posto ideale per la gatta del nostro vicino, per partorire e far crescere senza problemi i suoi piccoli mici.

Una volta infatti che mi ero accorta di loro, non ho avuto il coraggio di mandarli via, e così dopo aver dato loro del latte e le loro prime pappe, tutti i gattini furono sistemato eccetto una che è rimasta con noi a casa per pochissimo tempo. Canita, questo il nome della gattina, fu sfortunata poichè quando non aveva ancora compiuto 6 mesi fu presa da un cane mezzo selvatico che era solito passare di tanto in tanto con un vagabondo del quartiere.

Ma a quel punto, noi tre avevamo già capito cosa significava avere un gattino in casa e la volta successiva, quando la gatta del vicino ebbe di nuovo dei gattini, ne prendemmo uno bianco e nero, con la mascherina in mezzo alla faccia, dolcissimo, che chiamammo Ciccio Esposito. Ciccio era il gatto più dolce, simpatico, e buono possibile. Non era passato molto tempo che lui si era comodamente installato in casa, quando una gattina bianca con una piccola striscia nera sopra un occhio, una delle sue sorelle, veniva ogni giorno ad affacciarsi alla nostra porta-finestra e guardava dentro. Non passò dunque tanto tempo prima che Margherita entrasse a far parte della famiglia.

Data la mia inesperienza sui gatti ( fino ad allora avevamo qualche volta avuto dei cani e non per lunghi periodi visto il trasferimento frequente da un paese all’altro), entro poco tempo Margherita ha partorito i suoi primi gattini. Per l’esattezza tre, che naturalmente sono nati in estate, tempo nel quale è assolutamente impossibile piazzare alcuno da qualsiasi parte. Uno dei piccoli è morto e ne sono rimasti 2, uno identico al padre, maschio e l’altro identico alla madre, femmina. Così, Ciccillo e Rità-Rita ingrandirono la famiglia. Tra una passeggiata in mezzo alle piante del nostro bel terrazzo, e uno scorrazzamento su tutti i giardini della via interna alla nostra, saltando dal terrazzo in poi, i nostri gatti provvisti di collarino con campanellino, vivevano felici e contenti. Ogni qual volta non si presentavano a casa per cena, uscivo sul terrazzo con il mazzo di chiavi di casa, lo scuotevo e al sentire il rumore delle chiavi si precipitavano tutti a casa. Vittorio diceva che sicuramente ero conosciuta nel vicinato come la pazza dei gatti. Nel frattempo Manuel cresceva, si faceva sempre più grande prendendo iniziative personali, coltivando le sue idee per la prima volta diverse dalle nostre; noi ci impegnavamo sempre di più in quello che pensavamo fosse lecito e giusto tipo la politica, l’arte, la cultura.

Rita-Rita si era fatta grande, e mentre per quanto riguarda Margherita avevamo la certezza che era la più “disinibita”, con la prima non è mai stato molto chiaro con chi se l’intendeva. In ogni caso, ebbe dei gattini deliziosi, uno esattamente uguale al nonno, ma femmina, uno completamente siamese, bellissimo, ed uno anche molto bello certosino. Il siamese venne preso molto piccolo dalla figlia di Vittorio ed è andato a vivere a Torino, e Dalì è a tutti gli effetti l’ultimo rappresentante della famiglia Esposito in vita, secondo quanto sappiamo noi.

Il certosino venne dato ad una professoressa della scuola di Manuel, e l’altro fu dato ad un nostro amico, padre di due bambine. Il giorno seguente a quello della partenza della piccola gattina nella scatola di scarpe con i buchi, questo nostro “conoscente” mi chiamò per dirmi che la moglie aveva minacciato: “ o io o il gatto”. Così, dopo qualche ora, la gattina tornò a casa e non si mosse mai più. Venne chiamata Conchita, e nei momenti più importanti della sua vita, venne anche chiamata Conchita Maria Alonso.

Avanti>>