Il Genio di Palermo
Un venerando vecchio, cinto il capo di corona
reale, con un serpe che tiene in mano e che
gli succhia il latte da una mammella.
Siede sopra una colonna di porfido, con i piedi
dentro una conca con l'antico motto: Suas devorat,
alienos nutrit.
Ha di sotto un piedistallo marmoreo con una
donna che allatta due bambini.
E più sotto uno scudo di color purpureo
con la parola "Fidelitas".
Così lo storico palermitano Vincenzo
Auria (1625 - 1710), cancelliere del Regno di
Sicilia, descrive il Vecchio Palermo nel 1697,
nella sua "Historia cronologica delli signori
Vicerè di Sicilia".
Questa statua, da tempo abbandonata e dimenticata
in uno scantinato del Palazzo municipale, è
stata ritrovata nel 1596 e sistemata a cura
del Pretore Francesco del Bosco, Conte di Vicari,
in una grande nicchia riccamente adornata con
marmi policromi, a sinistra del primo ripiano
dello scalone d'onore del Palazzo Pretorio.
Il visitatore che sale al Municipio si ferma
attratto dalla maestosità del monumento
e ne scruta le forme ricercando i motivi per
cui questo regale vecchio viene ritenuto la
raffigurazione allegorica della città
di Palermo e della Conca d'oro.
In una conca con la scritta Panormus egli infatti,
sta con i piedi immersi nelle acque che rendono
rigogliosa la Conca d'oro e la Città.
Egli dal suo trono domina, protegge, controlla,
ammonisce e consiglia i suoi suddditi: gli abitanti
della città.
Il vecchio Palermo tiene ben stretto in pugno
il serpente che succhia il latte dal suo seno,
il che sembra simboleggiare la moltitudine dei
forestieri che da ogni parte arrivano in città
attratti dall'opulenza e dalla generosità
dei suoi abitanti. Questo monumento è
stato sempre molto caro al popolo; nel 1400
i giurati ottennero l'autorizzazione ad usarlo
come loro stemma.
Tante storie, tante leggende nei vari secoli
hanno cercato di dare una spiegazione della
provenienza di questo simulacro marmoreo e qualche
fonte ha ritenuto valida la 'vox populi"
secondo cui esso è un dono di Scipione
l'africano alla città di Palermo per
accreditarne la romanità.
La verità è che questo monumento
che per secoli ha rappresentato il Nume tutelare
è ancor oggi riconosciuto dal popolo
quale simbolo della città e supremo protettore,
al punto che è stato spesso accostato
a Santa Rosalia patrona e protettrice di Palermo.
Il Genio della Fieravecchia
E un vecchio enigmatico con gli occhi rivolti
in cielo, è misterioso questo Genio della
Fieravecchia chiamato anche "Genio del
Molo" perché nel 1500 era collocato
in una fontana nei pressi dell'Arsenale, di
fronte al Convento dei Frati Mercedari al Molo.
Nel 1687 fu trasferito al piano della Fieravecchia,
luogo medievale del mercato, collocato al centro
della piazza su di un piedistallo marmoreo con
alla base sei gradini.
Alla fine del 1800 lo si volle sistemare in
una grande fontana, sempre al centro della piazza,
in posizione dominante, assiso sulla cima di
un simbolico monte con i piedi in una conca
di marmo dove affluisce l'acqua che scorre sulla
pietra e scende in una grande vasca.
E’ del tutto simile al più antico
Genio di Palermo, quello che si trova a Palazzo
delle Aquile, e ne ripete la simbologia.
Egli protegge questa parte della città
abitata da gente operosa, che è stata
negli armi 1820 e 1848 centro delle sonimosse
popolari.
Nel 1852 dopo la restaurazione, il governo borbonico,
memore del passato, ordinò la rimozione
della fontana, perché attorno ad essa
si riunivano gruppi di cittadini considerati
facinorosi... o meglio rivoluzionari.
Il vecchio Palermo venne smontato, sceso dalla
sommità del monte e, con gli altri pezzi
della fontana, venne portato nei magazzini dello
Spasimo nella speranza che cadesse nel dimenticatoio.
Con l'ingresso a Palermo di Garibaldi il monumento
venne riportato a furor di popolo alla Fieravecchia
e ricollocato nel posto dove oggi si trova.
La piazza fu chiamata Piazza della Rivoluzione.
Questo vecchio Palermo, genio incontrastato,
divenne così il simbolo del riscatto
cittadino dalla tirannia e dal malgoverno tutore
della libertà del popolo di Palermo e
guida illuminata del nuovo corso della storia.