ARGOMENTI PER UN IMPEGNO A FAVORE DEI
SISTEMI DEI PAESI NUOVI VICINI DELL'UNIONE EUROPEA
Improvvisamente
un sistema economico nasce a nuova dimensione,
inventa un suo nuovo stato d’essere. L’effetto
immediato è il contestuale venire meno
di tutte le relative certezze giuridiche, preesistenti,
figlie di quel precedente specifico. La comunità
internazionale, non politica ma tecnica, allibisce.
Vengono meno i dati statistici di riferimento,
dati quali l’ammontare delle riserve in
valuta, la loro composizione in oro e in altri
mezzi di pagamento internazionali, gli impegni
a breve, medio e lungo termine. La capacità
di essere attivamente presenti sul mercato dei
cambi, il contenimento delle posizioni in valuta
entro una adeguata fascia di oscillazione.
La conoscenza delle consistenze in termini di
raccolta bancaria e correlativamente di impieghi.
Il tipo di vincoli operativi e di garanzia verso
i depositanti e verso i terzi. L’ordinamento
delle società di persone e delle società
di capitali. Il regime dei contratti e delle
obbligazioni. Il profilo giuridico degli istituti
di garanzia reale e il regime dei diritti reali
sono tutti insieme requisiti necessari per impostare
qualsiasi programma di inserimento dell’economia
dei nuovi vicini nell’U.E..
L’instaurazione del segreto bancario e
professionale, nel limite esclusivo della normativa
antiriciclaggio internazionalmente accettata.
Lo stimolo alla nascita, anche sul modello Triestino
di istituzioni finanziarie, assicurative e di
intermediazione in cambi, nonché la nascita
di società fiduciarie, possibilmente
controllate dal sistema bancario, attraverso
cui consentire l’afflusso di capitali
in maniera capace di non danneggiare l’immagine
dell’investitore, avendo altresì
chiaro il disegno economico dello stesso, in
forza del potere di controllo esercitato da
organismi pubblici centrali sul mandato conferito
dal fiduciante, di tipo statico o dinamico alla
società fiduciaria.
L’annoso problema della scelta fra motore
pubblico e privato nell’economia, potrebbe
proprio essere superato dall’attività
che gli istituti giuridici romano-germanici
del tipo “trust”, o, negotium
fiduciae cum amico, o, familien stiftung
possono assolvere. Tali Enti consentendo al
privato di assolvere al suo ruolo di risparmiatore-investitore,
con piena trasparenza fiscale, lo portano di
volta in volta ad intervenire nell’ambito
di quei servizi in cui la sua assenza arrecherebbe
un grave pregiudizio al sistema economico-imprenditoriale.
Come noto, l’alternativa fondata sulla
creazione di strutture del tipo IRI o di agenzie
di sviluppo, risulterebbe, nel lungo termine,
eccessivamente penalizzante, in quanto finirebbero
(le strutture) per avvolgersi in se stesse,
riproducendo la elefantiasi burocratica e la
complessità del quadro decisionale che
è proprio di tutte le strutture destinate
ad operare senza criteri di economicità.
Questo, se vogliamo, è il modello di
sviluppo proprio del sistema economico-imprenditoriale
giapponese. Strutture centralizzate, ma flessibili,
indirizzate al finanziamento a lungo termine
con carattere di partecipazione al capitale
di imprese aventi a loro base innanzitutto un
mercato, ma soprattutto un prodotto.
Infatti, sia chiaro che il presupposto perché
nasca un’economia di mercato, oltre il
quadro di riferimento giuridico, è da
ricercare nella disponibilità di un prodotto
di cui i consumatori abbiano effettivo o potenziale
bisogno. Pensiamo per un momento, ai chiodi
di garofano e alle aringhe che fecero la fortuna
degli olandesi a cavallo fra il XV e il XVI
secolo, pensiamo agli acciai tedeschi e cecoslovacchi
all’inizio del XIX e XX secolo pensiamo
alla domanda di oli alimentari e soprattutto
di essenze di agrumi e di sale (tutti principi
della vita) che hanno fatto la fortuna dei paesi
mediterranei; pensiamo alle economie asiatiche
che combinando insieme, ricerca scientifica
e tecnologia e sistema distributivo, sono riuscite
a conquistare completamente i mercati della
trasmissione e della conservazione su base multimediale,
escludendo progressivamente la concorrenza internazionale,
forse anche Philips compresa.
Il tutto all’insegna di una distribuzione
per holdings verticalizzate nei vari rami produttivi,
che partendo dalle singole fondazioni finanziarie
divengono prima banche e assicurazioni, poi
compagnie di trasporti e infine di produzione.
In una società, ormai planetaria, nella
quale tutti producono tutto, non è pensabile
che un paese economicamente “nuovo”,
si affacci sul mercato mondiale dei beni e servizi,
oltre che su quello interno, scegliendo come
settore trainante un comparto tradizionale.
Il tradizionale, può essere utile nella
fase di transizione, ma poi deve cedere il passo
al prodotto specifico e nuovo
capace di infuturare un sistema produttivo.
Per quanto concerne la funzione di traino da
esercitare nell’immediato è chiaro
che il settore, torna immediatamente a essere
quello edile; capace innanzitutto di mobilitare
il mix di risorse umane, finanziare e naturali,
presenti nell’area, appieno. Tale ipotesi
combinandosi con i lavori civili in genere è
in grado di assicurare l’occupazione di
tutti i vecchi fattori della produzione e di
far insorgere il “desiderio” della
proprietà privata fin qui sopito.
Ad esempio, il rifacimento della ferrovia Praga/Vienna,
da una parte mobilita le dette risorse (leggi
acciai e traversine) dall’altra dà
maniera per impostare una qualche soluzione
diretta ad evitare in questi territori l’obbligo
del trasporto su strada, che tanti problemi
sta ponendo alle relazioni austro/italiane.
In Europa manca un concetto industriale del
trasporto multimodale, diversamente che in Giappone.