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La famiglia Anguita: la storia continua...

Ho sempre avuto la sensazione che la famiglia Anguita Honorato fosse stata una famiglia allegra, felice, spensierata. I racconti che ho sentito, le fotografie che ho osservato, tutto ha contribuito nel tempo a darmi questa idea. Invece, sembra che non fosse sempre così, per lo meno, non per tutti i suoi componenti.

Infatti, sembra che Doña Rebeca, la quale non fu corteggiata per mancanza di tempo, non lo fu anche perché quando Don Leopoldo chiese la sua mano a suo padre, la fanciulla era innamorata di un vicino di casa. Così, non solo rifiutò l'idea di sposare il marito delle sue sorelle, ma si chiuse in camera sua e per una settimana non uscì neanche per mangiare. Ma, erano altri tempi, e Doña Rebeca alla fine dovette sposare Don Leopoldo.
Una volta rimasta incinta del primo figlio, e appartenendo al tipo di donne che al primo figlio soffrono molti disturbi tipo nausee, mancamenti, etc. ebbe la bella idea di cercare di rimanere incinta molto spesso. Con la complicità del medico di casa, che non si sa perché ma di fatto l'assecondava, ogni volta che Doña Rebeca rimaneva incinta, Don Leopoldo era costretto a dormire da solo, in un'altra ala della casa.

Di figli ne ebbero otto, ma in realtà, Doña Rebeca rimase incinta per lo meno undici o dodici volte. Di questi otto figli che videro la luce, due nacquero con una limitazione fisica: Gastón e Basilio erano sordomuti. Tutte e due vissero le loro lunghe esistenze in maniera completa e sempre accanto a Dona Rebeca, o potremmo dire sotto la sua ala. Tuttavia, non potevano essere più diversi l'uno dall'altro.

Gastón era bello come un Dio, possiamo dire che assomigliava a suo padre: alto, bruno, con grandi occhi verde scuro e capelli neri, sempre molto elegante. Si vergognava enormemente di mostrare il suo difetto fisico al di fuori della sua famiglia. Questo vuol dire che in famiglia lui si comportava normalmente, e anche negli ambienti dove era conosciuto, ma per il resto, aveva proibito a tutti di rivolgersi a lui con cenni delle mani - mentre tutta la famiglia acquisì come fatto assolutamente normale l'esprimersi con il linguaggio dei sordomuti, ovvero con le mani - o di interpellarlo in pubblico. Così le donne gli inviavano biglietti, lo invitavano costantemente a pranzi, cene, balli, etc. inviti che non accettò mai, e tutti credevano che, per questo, fosse solo vanitoso e/o arrogante. Di fatto, era una persona molto sensibile, che leggeva tantissimo e che si concentrò su se stessa coltivando una intensa vita interiore, unita a un forte attaccamento nei riguardi della madre. Non si sposò mai e visse e morì accanto a sua madre, morendo di un cancro allo stomaco prima dell'anziana madre.

Basilio era tutto il contrario di suo fratello. Più grande d'età, fisicamente niente male, ma era uno di quei ragazzi che si se si mette a lavorare su qualcosa, si macchia, si spettina e non se ne rende conto. Ereditò la genialità artigianale dal padre ed era uno al quale non importava un granché del suo difetto fisico o il fatto che qualcuno se ne rendesse conto. Infatti, quando a lui interessava qualcosa, o assistendo a una proiezione al cinema, non capiva qualcosa, chiedeva sempre con urgenza, gesticolando nel linguaggio dei sordomuti e se c'era bisogno anche cercando di produrre suoni gutturali per farsi capire. Si innamorò di una ragazza ebrea, sordomuta come lui - anche se lei effettivamente riusciva quasi a parlare - e furono abbastanza felici. Vissero sempre in casa di Doña Rebeca, ma non sotto la sua "ala"; Basilio lavorava, e creò una serie di suppellettili per la casa fatti in legno ed acciaio, tra cui una specie di asciuga-piatti artigianale. Con la vendita dei suoi prodotti e qualche aiuto di Betti, sua moglie, erano meno dipendenti della madre rispetto al fratello più grande, che invece, proprio per il suo modo di essere non lavorò mai. Betti e Basilio non ebbero figli, ma erano molto vicini a tutti i nipoti - ed erano tanti - della famiglia, e giocavano con loro insegnando una serie di giochi con le mani e facendoli partecipare a modo loro.

Tutto questo fu vissuto dalla famiglia come una cosa assolutamente normale e aiutò chi venne dopo a accettare la vita con molta naturalità e saggezza. Era un po' complesso capire chi era figlio di chi, sorella di chi, nipote di chi, in tanti avevano gli stessi nomi e cognomi, e come era consuetudine un tempo nelle famiglie bene, i figli chiamavano sempre il loro primogenito con i nomi dei genitori. Questo creò un po' di confusione, ma non per la famiglia, che accettava come dicevamo tutto con grande naturalezza, bensì per gli altri. Di Leopoldo Anguita a un certo punto della storia ce ne era più di uno, e di Elvira, Ignacia e Rebeca pure.
Degli altri figli ci sarebbe molto da dire. Chi intraprese la carriera nell'esercito, quello vero - non quello "famigliare" del quale abbiamo parlato in precedenza - facendo carriera ed arrivando agli alti gradi, chi morì molto giovane lasciando moglie e figli prematuramente, chi si sposò con una cugina, chi con un cugino, chi ebbe tanti figli come la madre, chi non ne poté avere e ne adottò, chi rimase vedovo molto giovane, e così via.
La famiglia s'ingrandì passando attraverso il secolo, le nuove invenzioni, le macchine, i treni più veloci, la moralità e i costumi che in certi casi evolvevano e in certi casi regredivano, cambiava anche la religione cattolica, nel senso che se ancora rimaneva l'abitudine di recarsi a messa tutte le domeniche e tutti insieme, non era però più necessario o obbligatorio dire il rosario tutti i giorni, o digiunare per fare la prima comunione, né chiamare il prete per qualsiasi cosa. Abbiamo già detto che la famiglia, ed in particolar modo Don Leopoldo, non amavano i preti, anzi detestava tutto quello che era "bacchettone" o assurdamente puritano.

Possiamo dire che la famiglia ebbe sempre uno spirito libero, curioso, rispettoso della legge e dei diritti delle persone, ma senza false posizioni né particolari restrizioni per i loro componenti. Doña Rebeca fu comunque fortunata perché poté vivere il suo matrimonio respirando quest'atmosfera di relativa libertà.

Tra le altre attività di Doña Rebeca, insieme alla preparazione di marmellate, la gestione della famiglia e della servitù, c'era il gioco delle carte. Le piacque sempre giocare a carte e non parliamo solo di amichevoli partitelle di canaste con le amiche, parenti e familiari, ma anche di vere e proprie partite di poker, giocate al casinò, con relative vincite e perdite di soldi.

Abbiamo già detto che Doña Rebeca era molto bella e aveva un portamento distinto (sempre molto diritta con le spalle e la testa alta), splendidi occhi azzurri/viola e già anziana qualcuno se la ricorda con i suoi cappelli blu intrattenersi al casinò o a poker, mangiando caramelle all'anice e alla menta che le piacevano molto. In casa era solita organizzare dei tavoli di gioco , cui prendevano parte parenti e amici, e dove i bambini, figli o nipoti che fossero, mangiavano caramelle in quantità e si divertivano sotto i tavoli, qualche volte tra le gambe dei giocatori.

Tutto questo però, successe dopo la morte di Don Leopoldo. Infatti, essendo Don Leopoldo un po' più anziano di lei e poiché, come è noto, le donne in genere vivono molto più a lungo degli uomini, Doña Rebeca si potrebbe dire, ebbe una maturità felice. Le piaceva tantissimo andare al cinematografo, ed era capace di vedere "Via col vento" più volte, anche per un intero pomeriggio. Si faceva accompagnare da qualche figlia, e negli ultimi anni, molto spesso chi l'accompagnava era la figlia minore Maria Rebeca, ed insieme entravano al cinema al primo spettacolo ed uscivano a sera tarda. A quell' epoca, il cinema in Santiago, si chiamava "rotativo" e come si capisce subito, la stessa pellicola veniva passata più volte di seguito, in rotazione, e pagando un biglietto una persona entrava e poteva uscire quando voleva.

Nella maggior parte dei casi però, le attività di Doña Rebeca erano delle attività che accadevano sempre all'interno della famiglia. Ancora oggi si mantiene vivo il ricordo delle celebrazioni del suo compleanno. In genere si trattava di giornate particolari, durante le quali la casa si adornava di fiori più che in ogni altra occasione, dove si festeggiava con un grande ricevimento e con la presenza di tutti i familiari, figli, nipoti, pro-nipoti, cugini, etc. e tutti erano invitati a prendere il the. C'erano dei dolci, torte, e una gran varietà di cose da mangiare sapientemente confezionate da figlie, nipoti e nuore, perché lo spirito era quello di portare ciascuna quello che sapeva fare meglio, la sua "ricetta magica". I bambini preparavano delle poesie da recitare, o delle canzoni da cantare, o dei piccoli atti teatrali, qualsiasi cosa per festeggiare nel modo migliore possibile la nonna, facendole trascorrere un altro compleanno in serenità, divertendola e divertendosi loro. Era una data importante per tutta la famiglia e rimase sempre nella memoria di tutti come un evento eccezionale: i compleanni della nonna e i suoi magnifici the..

Barbara Herreros

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