Numero 25

La corsa all’oro

Il Coaching e la gestione del cambiamento nelle persone

 

Simone Piperno

 

Nella formazione personale ed aziendale esiste una forte tendenza all’esterofilia e all’utilizzo di termini che sono di derivazione prevalentemente anglosassone, alcune volte però possono fuorviare.

Coaching è uno di questi e per spiegarne il significato si ricorre al termine middle english (l’antica lingua degli inglesi parlata tra il 1000 e il 14000) "coche", corrispondente all'inglese moderno "wagon" (carro) o "carriage" (carrozza, vettura).
Un carro trasporta le persone da un posto ad un altro e subito vengono in mente le scene dei film western e i pericolosi trasferimenti dei pionieri verso nuove terre; i viaggiatori portavano con loro i beni che possedevano, le risorse che avevano a disposizione e che potevano essere utili per la nuova avventura.
Il pioniere conosceva solo il nome della destinazione e al massimo aveva ascoltato qualche racconto relativo alla sua meta: era diretto verso un sogno che lo avrebbe reso ricco e lo avrebbe aiutato a riscattare un passato difficile, dal quale aveva scelto di sfuggire.

Se il cliente può essere definito come un moderno “pioniere”, il coaching, rappresentando il processo, costituisce il mezzo di trasporto: il carro.
Il coach, allora, è il cocchiere?

Potrebbe sembrare così, ma un cocchiere può trasportare i pionieri per strade che già conosce, sfuggendo ai pericoli che immagina ed utilizzando la propria esperienza per individuare il percorso migliore; ma può sapere dove il pioniere vuole veramente andare?

Il cocchiere inevitabilmente può portare il viaggiatore fino ad una delle fermate del proprio tragitto, ed anche se volesse sinceramente aiutarlo, avvicinandosi il più possibile alla meta del pioniere, non potrebbe comunque accompagnarlo fino in fondo.

Un coach nel mondo della formazione sostiene le persone a raggiungere degli obiettivi, a gestire i propri cambiamenti e quelli che avvengono nell’ambiente circostante; inoltre, fornisce al cliente i mezzi per trasferirsi dallo stato attuale, da modificare, ad uno desiderato e lo fa evitando di ricorrere a consigli o imponendo un punto di vista soltanto perché fa parte di una o di un’altra corrente di pensiero nella formazione.

Il coach propone una serie di attività e di tecniche ed attraverso questi percorsi, con l’utilizzo costante di domande aperte, aiuta semplicemente i clienti a sviluppare le proprie risorse personali, relazionali e materiali, ad estendere i propri limiti ed i punti di vista sulla realtà.

La capacità di gestire i cambiamenti, in una società dai ritmi frenetici come quella in cui viviamo, è un’abilità fondamentale per migliorare la propria qualità di vita e ridurre i motivi di stress; per farlo veramente, però, è importante liberarsi prima possibile del coach…

Quando siamo molti motivati a realizzare un obiettivo, tendiamo ad affrontare il compito con un approccio emotivo, con tutta la passione che abbiamo in corpo; alcune volte è sufficiente e raggiungiamo lo scopo, altre volte la motivazione non basta.

Anche nel caso in cui raggiungiamo il nostro desiderio, sapremmo ripeterlo? Saremmo in grado di replicare il comportamento, le azioni, i pensieri che ci hanno spinto a cogliere un successo?

Il coach può trasferire delle tecniche e degli strumenti, facilitarne l’utilizzo da parte del cliente e stimolare alla riflessione; in sostanza, trasmette un metodo, un sistema per apprendere ad apprendere…scusate il gioco di parole, ma dopo un primo shock linguistico, il significato è chiaro.

Cambiare vuol dire, in sostanza, apprendere e sperimentare un nuovo modo di svolgere un’attività, che sia un processo mentale o un lavoro materiale; la rapida trasformazione della nostra società negli ultimi anni ha creato un disagio sociale e psicologico (oltre che economico) a vari livelli.

Viviamo spesso una condizione di confusione di fronte a tali cambiamenti, che ci influenzano costantemente: per questo è utile essere capaci di gestirli consapevolmente e con un metodo.

Solo il pioniere conosce davvero la propria meta e prima di essere salito su quel carro ha già compiuto un lungo viaggio, visto molte cose e realizzato varie esperienze; qualcuno, comunque, può aiutarlo a compiere un tratto del suo percorso, quando è necessario utilizzare dei mezzi di trasporto.

A proposito di cocchieri e cavalli, ricordo il Palio di Siena del 2004, vinto dalla contrada della Giraffa, dopo una corsa condotta a lungo dal Bruco.

Il fantino era Alberto Ricceri, detto Salasso, su Donosu Tou, un maschio baio di cinque anni; al terzo giro il fantino della Giraffa tenta il sorpasso sul Bruco alla curva di san Martino, entrambi i fantini cadono e i due cavalli continuano da soli, in un confronto serrato ed emozionate. Vince la Giraffa, Donosu Tou è portato in trionfo dai contradaioli trionfanti, ma forse, in questo caso a vincere sono stati proprio i cavalli… entrambi…