Numero 65 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Comunicare secondo natura
la comunicazione one to one

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di Franco Marmello

 

Come affrontare, aiutare e convincere l’interlocutore pessimista, quello che vede sempre il lato peggiore delle cose; in modo particolare di fronte alla necessità di coinvolgerlo in una scelta non procrastinabile.

 

  1.    Pessimismo e paure - Capita che il nostro interlocutore, quello che abbiamo scelto come  target perché pensiamo di avere qualcosa da dirgli, quello che vogliamo complice anziché  oppositore; capita che costui guardi sempre al brutto, al lato peggiore delle cose: un  pessimista. Gli interlocutori pessimisti sono deprimenti; non si sa mai come far loro  coraggio, come farli sperare in bene. Se hanno in agenda per l’indomani un incontro di lavoro importante, un colloquio aziendale interno, una riunione con il capo, un appuntamento con un Cliente dal quale dipende (dall’esito dell’appuntamento) un certo tipo di risultato (vale lo stesso per i nostri figli a scuola: compiti in classe, interrogazioni, esami; vale per la vita affettiva come per quella professionale); se i pessimisti hanno in agenda un obiettivo anche minino, girano tutto il giorno per casa, ripetendo la lezione e scuotendo il capo; sanno già che andrà male.  Arrivano all’appuntamento importante con il terrore che possa saltar fuori durante il dialogo un’obiezione - da parte del loro target - che possa trovarli impreparati. Spesso, proprio quella obiezione vien loro fatta (ironia della sorte o semplicemente fenomeno iunghiano di trasmissione delle informazioni attraverso l’inconscio collettivo. In amore non parliamone... Non c’entra?, Si che c’entra, l’amore c’entra sempre; in amore si ritengono sfortunati; nello sport perseguitati da una cattiva stella. Hanno sempre paura di perdere gli amici e che gli amici li tradiscano (questo accade a tutti, ma per loro è la prova provata della fondatezza del loro pessimismo). Hanno paura della righetta dispettosa sulla macchina nuova. Nell’industria diventano personalità da infortunio o da mobbing; la psicologia industriale ha scritto cose interessanti sul tema.


  1.   Potrei andare avanti per pagine e pagine - Preferisco, però, interrompere il funereo  elenco e lasciare a voi lettori, alla vostra immaginazione e alla vostra esperienza, la visione completa dello scenario nel quale si svolge la vostra eventuale vicenda con gli interlocutori pessimisti.

 

  1.    Carattere o ambiente? - Gli interlocutori pessimisti sono così di carattere o è stato l’ambiente a ridurli tali? Sull’impianto cromosomico, sulla ereditarietà dei caratteri è inutile discutere. Dovrebbe però essere compito dell’ambiente scrutare i soggetti (fin dalla nascita nel caso della famiglia) per capire come sono fatti e lavorare sulle loro  caratteristiche non troppo positive al fine di trasformarle in caratteristiche almeno utili.
    Parlando di noi, un cromosoma in più di pessimismo che eventualmente portiamo dentro può aiutarci a diventare i prudenti, i realisti della situazione; quelli che aiutano gli altri a riflettere, che impediscono agli incoscienti stupidamente coraggiosi di farsi del male. In ogni ambiente c’è sempre invece qualcuno che tenta di alimentare in negativo le nostre caratteristiche  da bonificare.

  

  1.    Il pessimismo è contagioso - E’ una brutta malattia; é successo a tutti di essere negativizzati dal pessimista di turno, custode di tutte le previsioni più disastrose. I responsabili della crescita dei propri simili (genitori, insegnanti, educatori del tempo libero, capi, comunicatori istituzionali di massa, ecc.) dovrebbero essere i primi a prendersi carico della questione, i primi a smetterla con terrorismo psicologico e catastrofismo.

 

  1.    Disperazione positiva - Se vogliamo convincere un pessimista dobbiamo puntare l’attenzione -qualunque sia il nostro ruolo - verso intelligenti tentativi maieutici, mirati ad attenuare, dentro l’animo del nostro interlocutore, l’effetto nefasto che la negatività esercita sul suo comportamento sociale; dobbiamo porci l’obiettivo di tirare fuori anche dai pessimisti il meglio. In questo caso si parla della disperazione positiva del risultato, quella che rende forte un comunicatore convinto, con un minimo di fede nel confronti del messaggio che intende veicolare; la disperazione-forza che lo rende capace di affrontare qualsiasi avversità. E’ la stessa disperazione positiva che ha consentito a molti giganti della storia, da Socrate a Mandela, di convincere - a lungo - amici e nemici sulla bontà dell’idea di cambiamento da loro suggerita.

 

 

CHE FARE?

  1. Non contestiamo gratuitamente i timori che un pessimista rende abitualmente manifesti; cerchiamo invece di apprezzare il suo punto di vista, la sua prudenza nel programmare e pensare prima di prendere una decisione.
  • Se, timidamente, l’interlocutore pessimista ci confida i suoi progetti, dimostriamoci  interessati, senza però farci sviare dai suoi continui dubbi e dalle sue continue perplessità. Il tentativo è di contagiarlo positivamente.
  • Nel fare delle proposte cerchiamo di entrare nel suo modo di ragionare; chiunque urli a un altro Insomma, sii logico! si ispira a propri parametri e non a quelli dell’altro; ma sono i parametri dell’altro (del ricevente, di colui o colei a cui vogliamo inviare il nostro messaggio), che controllano e condizionano la dinamica di ricezione e valutazione di quello che diciamo. Prima dei dettagli -che a volte impauriscono i pessimisti- spieghiamo bene ai nostri interlocutori le basi comuni fra loro e il mondo che li circonda, le motivazioni che ispirano la nostra proposta in quel contesto. Non basta predicare: cerca di comprendere, butta le tue perplessità, smettila di gufare... I nostri interlocutori fanno spesso fatica a capire cose su cui noi abbiamo ragionato a lungo e che abbiamo ormai assimilato.
  1. Rassicuriamo spesso il nostro interlocutore pessimista; chiunque ha bisogno di supporto psicologico, figuriamoci uno con quel carattere! Rassicuriamolo (in modo particolare) quando prende decisioni sofferte diverse da quelle da noi suggerite. Dobbiamo abolire tassativamente frasi come: sei sicuro? hai considerato tutto? non venire poi a piangere da me...

 

    •    Smettiamola di essere intolleranti verso gli altri - Specialmente quando sono pessimisti: nessuno é perfetto, noi per primi. E basta con la critica fine a se stessa, dobbiamo imparare a valutare positivamente i caratteri delle persone che eleggiamo a nostro target, delle persone a cui intendiamo inviare un messaggio e dalle quali desideriamo un feed-back positivo.

     

    Ognuno per essere motivato a cambiare
    ha bisogno di essere compreso

    Non mostriamoci sempre delusi nei confronti degli altri
    a causa di naturali equivoci ed errori

    Impariamo ad aiutare gli altri che ci interessano
    (almeno quelli)
    con grazia, tatto e intelligenza

    L’apertura mentale di cui ci vantiamo
    dovrebbe renderci più semplice attuare un piano d’aiuto
    verso chi intendiamo con-vincere

     

     

     

    Franco Marmello:Membro AIF Associazione Italiana Formatori, Responsabile Italia “Bottega del Cambiamento”, Giornalista, scrittore. Il progetto bottega si rivolge all'Uomo Nuovo in Azienda: una risorsa consapevole della complessità organizzativa provocata dal fenomeno del cambiamento, consapevole di dover crescere in modo meno empirico rispetto al passato, sia sul piano professionale che sul piano umano.
    www.bottegadelcambiamento.it