Società per “Omissioni”
di Laura del Vecchio
Difficilmente ci domandiamo quanto potremmo fare e invece non facciamo. Molte sono le volte in cui potremmo esprimere, secondo il caso, la nostra solidarietà o la nostra indignazione. Ma ci tratteniamo dal farlo. Non ci esponiamo perché temiamo ripercussioni o semplicemente perché la cosa costa fatica. Restiamo a guardare, immobili.
Silenziosi ci ritiriamo nel nostro piccolo privato. Ma la voglia di dire e di prendere posizione c’è: basti pensare al fiorire dei blog sulla rete. Mi sono chiesta la ragione per cui non si veda tanta partecipazione altrove. La risposta me l’ha fornita la notizia dell’eventuale introduzione dell’obbligo di autorizzazione preventiva per poter aprire un bolg o un sito che preveda immagini. A spaventarmi non è tanto che questa manovra passi – sono convinta che si troverebbe subito la via per aggirarla – ma mi preoccupa piuttosto la minaccia che contiene, una minaccia che evidentemente è già attiva nel vivere quotidiano e che ora si vuole estendere a Internet: “Attento a quel che dici, attento a quello che fai!”.
Tale ingiunzione è pure più grave perché va a promuovere un sistema di valori in cui l’omertà è giustificata in nome di una pretesa pace sociale.
Che si tratti dello Stato e di un privato, il meccanismo è lo stesso: mi occupo del mio orticello, non do fastidio a nessuno. Reagisco solo se qualcuno valica il mio cancello e se il mio interesse personale è minacciato.
Finiamo in questo modo con il vivere in una società disgregata in cui ognuno è potenzialmente ostile e in cui manca completamente il concetto di mutuo soccorso.
Peggio: non solo astenersi viene considerato opportuno ma intervenire in difesa di un altro può costare caro. Nell’attuale sistema è già tanto difficile difendere i propri diritti che “complicarsi la vita” a farsi carico dei diritti altrui diventa una vera follia.
E io invece vorrei riconoscermi in una società che agisce e si interpella. Che non teme le risposte e si migliora. Vorrei poter dire senza timore e agire senza la paura di essere esclusa.
Da sempre, fin dagli albori della storia della civiltà, l’esclusione dal gruppo, la messa al bando, l’esilio in tutte le sue forme è il modo per punire chi contravviene alle regole della convivenza. Spontaneo quindi domandarsi quali siano le regole su cui fondiamo il nostro vivere insieme: se il non esporsi, l’omologarsi e il non prendere posizione porta al successo allora opporsi, esprimersi e mettersi in gioco diventa una sorta di suicidio sociale.
Io vorrei invece contribuire, partecipare, proporre e intervenire. Da una vita mi viene insegnato da genitori “diligenti”, prima, e da capi ufficio “politicamente corretti”, poi, a tenere per me quello che penso, a non avanzare richieste, a non importunare con proposte: a non “stra-fare”. Dimentichiamo che si pecca non solo “in pensieri, parole e opere” ma anche in “omissioni”. Che avere “capacità di agire” è la condizione per essere soggetti di diritto e cittadini.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni