Eroi e retorica
La storia degli Stati Uniti è costellata da esempi di lungimirante grandezza e da prove di crudele pochezza. Il nuovo anno non fa eccezione. Già nei primi giorni di gennaio l’America si è indignata di fronte all’ennesima fotografia di Marines ripresi in un atto di vilipendio delle spoglie di avversari morti sul campo e si è commossa per le celebrazioni per l’Anniversario della nascita di un Reverendo (1). Esempi di personaggi di valore che a rischio della propria vita, si sono spesi per gli altri o per un ideale, fanno parte del patrimonio di cui tutti gli americani, di qualsiasi origine, vanno fieri. Alimentato da una retorica romantica, il culto dell’eroe si è così sviluppato tanto da trovare applicazione anche nella quotidianità. Non è raro che i telegiornali riferiscano di atti di valore di comuni cittadini che di fronte a un pericolo e a un’emergenza non hanno esitato a intervenire.
Oggi ho rinnovato il mio abbonamento mensile alla metropolitana di New York e sul distributore automatico di metro card scorreva la scritta che invitava chiunque vedesse qualcosa di sospetto a riferirlo al più vicino poliziotto o a chiamare un numero apposito. Mi ha fatto venire mente un episodio accaduto non molto tempo fa. Eravamo in treno, mia madre ed io, e abbiamo notato un bagaglio dall’apparenza abbandonato. Ne abbiamo fatto cenno al controllore che è rimasto molto sorpreso e ha chiesto agli altri viaggiatori della carrozza se vi fosse tra loro il proprietario: non avendo ricevuto risposta, e non ritenendo di propria competenza indagare oltre, e forse anche spaventato, ha chiamato la polizia ferroviaria che, fermato il treno, è salita a bordo e ha sottoposto mia madre e me a un interrogatorio di terzo grado. Attirato da tanto trambusto, il proprietario del bagaglio, che viaggiava evidentemente in una carrozza accanto, si è palesato minacciando chi lo avesse “denunciato”. La denuncia naturalmente se l’è presa lui, incauto viaggiatore, per procurato allarme. Ma anche noi siamo state redarguite per “non esserci fatte i fatti nostri”. Vero, ma nemmeno tanto. In un altro Paese, questo da cui scrivo, intervenire sarebbe stato considerato puro senso civico. Abnegazione e senso del dovere non sono memorie da libro Cuore. Qui sono realtà vere e proprie, specie dopo gli eventi dell’11 Settembre. Sono una lista di nomi sul bordo di una vasca che trangugia acqua. A stringere una Nazione in un solo sentire è soprattutto il ricordo dei soccorritori inghiottiti dalle macerie. Figuriamoci quando sono giunte sulle televisioni le voci dei viaggiatori americani reduci dal naufragio della Concordia: quasi più scossi dall’idea di un capitano che coordina da una scialuppa che dall’esperienza stessa. L’incidente è ammissibile, la codardia no. Ma non serve un naufragio o un atto di terrorismo per dare prova del proprio coraggio. Il fluire tranquillo del quotidiano non di rado è interrotto da prove difficili di un destino avverso, ovunque. Ma da queste parti il valore non sta nella passiva accettazione, ma nell’ardire dell’azione. Più intensa la difficoltà maggiore il valore. Facile retorica ma anche spina dorsale di un Paese che si sa rialzare.
Reverendo Martin Luther King Jr nato ad Atlanta il 15 gennaio del 1929
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni