Numero 33 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Definire tempi lunghissimi – eoni.

di Roberto Vacca

 

Un uccello mitico ed enorme, forse chiamato Rok, vola sopra la cima del monte più alto del mondo. Tiene nel becco un velo. Perde quota e fa strusciare il velo sulla vetta in modo che ne asporta alcune particelle, granelli – o molecole. Ripete questa operazione soltanto una volta ogni mille anni. Il tempo che ci vuole per radere al suolo quella immane massa rocciosa è il tempo più lungo che riuscì a immaginare la persona che ideò questo esperimento fantastico. Non ricordo l’origine di questo modo di definire un tempo lunghissimo. Suppongo che questa involuta figurazione mentale sia stata concepita da un indiano. Se fosse venuta in mente a un greco, avrebbe aggiunto qualche ipotesi semplificativa per valutare quantitativamente quel tempo lunghissimo – milioni o miliardi di anni?

I greci, invece, si limitarono a usare la parola αιών (aiòn) – “periodo di esistenza” – per indicare tempi tanto lunghi da essere composti da ere. Si impossessarono di questo termine gli gnostici, noti per i loro discorsi vaghi, gratuiti, aventi scarsissimo rapporto con la realtà. Pare che chiamassero “eoni” certi ipotetici esseri eterni, che avrebbero dovuto fare da intermediari fra l’uomo e la divinità.

Quando sento le parole “gnostico” o “esoterico” sarei tentato di afferrare il mio revolver (se ne portassi uno e se non trovassi odiosa la frase originale attribuita al nazista Goebbels (Wenn ich das Wort “Kultur” höre, dann greif ich mein Revolver an). Era, invece, intrigante e divertente una storia di eoni raccontata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini nel loro romanzo “A che punto è la notte?”: nella Torino contemporanea si svolgevano intrighi e delitti in cui erano implicati strani personaggi gnosticheggianti e persone normali. Ricordo che si parlava di un’entità minacciosa chiama L’Eone Nero, di cui qualcuno (forse un autista) discorreva credendo che si trattasse di un leone nero.

Taluni scienziati suddividono la storia della terra in tre eoni.
Il primo comprende le due ere adeana (da “Ade” l’inferno dei greci) in cui le rocce non si erano ancora formate (da 4,5 a 3,5 miliardi di anni fa) e archeana (da 3,5 a 2,5 miliardi di anni fa).

Il secondo è il Proterozoico, suddiviso nelle ere: Paleoproterozoico (2,5 a 1,6 miliardi di anni fa), Mesoproterozoico (1,6 a un miliardo di anni fa), Neoproterozoico (da un miliardo a 550 milioni di anni fa).

Il terzo è il Fanerozoico suddiviso nelle ere: Paleozoico(da 550 a 250 milioni di anni fa), Mesozoico (da 250 a 80 milioni di anni fa) e Cenozoico (da 80 milioni di anni fa all’epoca attuale).

Queste datazioni sembrano ormai sicure. E’ curioso pensare che soltanto tre secoli fa un intelletto straordinario come Isaac Newton accettasse ancora l’idea che il mondo fosse stato creato poche migliaia di anni fa e cercasse di calcolare con maggiore precisione le cronologie bibliche. Dunque intravediamo appena quali altre visioni potranno essere concepite e documentate nei prossimi decenni.

L’idea che l’universo abbia 15 miliardi di anni sembra comunemente accettata. Dunque non potremmo pensare di vedere mai oggetti più lontani da noi di 15 miliardi di anni luce. Perché prima del Big Bang non c’era niente da vedere. Certo questi 15 miliardi di anni sono stati calcolati utilizzando le teorie fisiche meglio fondate. Una persona normale non è in grado di formarsi un’idea di come si configurino questi calcoli. Però non mi sembra avventato, né biasimevole uno scetticismo basato sul buon senso e sul fatto che migliorando gli strumenti di indagine ed elaborando teorie sempre migliori, le nostre visioni del mondo potranno cambiare radicalmente.

Provarono a cambiarle scrivendo complessi e documentati articoli scientifici più di mezzo secolo fa tre astronomi: Thomas Gold, Fred Hoyle e Hermann Bondi. Erano già noti per aver proposto teorie originali e apparentemente paradossali. Fra queste: l’origine non biologica dei combustibili fossili e la presenza di vita in moltissime parti del cosmo da cui sarebbe provenuta la vita sulla Terra. I tre scienziati sostenevano che non ci fu un Big Bang ma che, mentre l’universo si espande, in ogni parte di esso si continua a produrre una creazione continua della materia. In base all’equivalenza fra materia ed energia possiamo ben immaginare che certi flussi elettromagnetici producano protoni. Notoriamente anche le particelle elementari possono essere considerate come fasci di onde.

Malgrado le loro credenziali scientifiche di alto livello, credo che la teoria di Gold, Hoyle e Bondi venga ormai accettata da pochi scienziati. Hoyle, insieme all’americano W.A. Fowler, fu l’originatore della teoria che spiega come nelle stelle si producano i vari elementi chimici. Curiosamente Fowler fu insignito del premio Nobel per la fisica, dal quale fu escluso Hoyle. Secondo alcuni non gli giovò la sua notorietà come autore di romanzi di fantascienza.

Un’altra teoria di Hoyle, presto abbandonata, attribuiva la causa delle ere glacialì all'impatto di meteoriti di pietra tanto grossi da sollevare un polverone tale da oscurare il sole per una decina di anni. La diminuzione della temperatura avrebbe causato il congelamento dell'umidità dell'aria a formare piccolissimi aghetti di ghiaccio (detti "polvere di diamante") che avrebbero poi riflettuto la radiazione solare tenendo bassa la temperatura per millenni. La fine del freddo sarebbe stata causata dall'impatto di un grosso meteorite metallico cui conseguiva la presenza di particelle metalliche che assorbendo la radiazione solare e avendo un basso calore specifico, facevano sciogliere la polvere di diamante. Si innalzava la temperatura dell'aria e cominciava un'era interglaciale.

Ricordo vagamente di aver letto che dai calcoli di Hoyle, Gold e Bondi risultava che venisse creato un protone (all’anno?)  per ogni kilometro cubo dello spazio galattico. Sembra poco. La creazione sarebbe anche più lenta dell’erosione del monte per effetto del velo strofinato dall’uccello Rok.

Però di spazio galattico e di tempo ce n’è tanto.